Sulla rituale e stereotipata “condanna” dell’Isis

di Enrico Galoppini

A sinistra, uno che "condanna" l'Isis, a destra, uno che lo combatte per davvero

A sinistra, uno che “condanna” l’Isis, a destra, uno che lo combatte per davvero

Si fa presto a “condannare l’Isis”. Ci si fa una figura bellissima.

Se non sei musulmano, ci passi come quello che si preoccupa per il “progresso” della “civiltà moderna” contro la “barbarie medievale”. Puoi essere uno che distingue tra Islam “buono”, perché “tollerante” e “aperto”, e Islam “cattivo”, che è quello dei “terroristi” e dei “fondamentalisti”. E ci sono anche quelli che “condannano l’Isis” perché comunque l’Islam gli sta sulle balle e per loro i musulmani son tutti uguali. Per questi ultimi la “condanna” dell’Isis consiste nella lapidazione morale di tutta una religione ed i suoi seguaci.

Quale che sia il pensiero a monte, tutti quelli che hanno una qualche carica istituzionale o hanno una posizione nel “mondo della cultura” è di ferma condanna del “terrorismo islamico”. Ma diciamocelo chiaramente che “condannare” l’Isis, per tutti costoro, è davvero a buon mercato: intanto d’Islam ci capiscono un fico secco (anche perché hanno le idee già piuttosto confuse sulla loro religione), e poi, quanti sono quelli che hanno condannato – dizionario della Lingua Italiana alla mano – il “terrorismo” (anche quand’è di Stato) sempre e comunque?

Se sei musulmano, ci fai una figura ancora più eccelsa se “condanni” l’Isis. Entri automaticamente nel club dei “musulbuoni”. Alcuni musulmani col bollino di “moderato” e “dialogante” passano praticamente tutto il giorno a “condannare” l’Isis. Ma sovente è tutta scena. Non perché essi condividano in tutto e per tutto teoria e prassi dell’Isis. Il problema è, infatti, di mera “gradazione”, in quanto mentre ci si “dissocia” vanno avanti come se nulla fosse con la loro doppiezza e le loro indicazioni dottrinali “contigue” a ciò che oggi chiamiamo “Isis”, le quali hanno contribuito a diffondere un’immagine “ambigua” dell’Islam e dei musulmani, oltre che a sviare dei neofiti allo sbaraglio.

Guerra all'"idolatria": evviva, abbiamo distrutto una moschea!

Guerra all'”idolatria”: evviva, abbiamo distrutto una moschea!

L’altro giorno hanno demolito una moschea del XVI secolo in Yemen, perché conteneva le spoglie di un musulmano pio e in odor di “santità”. Un “sufi”. La stessa scena infame avvenuta chissà quante volte in Libia, in Siria e ovunque certi “ribelli” si sono potuti scatenare. Che cosa dice “l’Islam italiano”? Quello “moderatissimo” delle domeniche a messa? Si attendono dichiarazioni di “condanna”…

Dovrebbero spiegare ai “fratelli” cattolici che è come se dei cristiani un tantino invasati e sviati avessero demolito il santuario di S. Francesco, di S. Antonio o di S. Giovanni Bosco… “Volemose bene” lo stesso? Cari “fratelli” cattolici, ve lo voglio dire molto chiaramente: di certi commercianti del “dialogo” non ci si può fidare, perché chi fa finta di nulla davanti alla distruzione di una moschea “eretica” sarà la stessa persona che un giorno, quando si sentirà abbastanza forte per poterlo fare, vi distruggerà anche la vostra chiesa, piena zeppa di oggetti ed immagini “superstiziose”. Ammesso che ancora v’interessino le vostre chiese.

Ma la faccia di bronzo di questi personaggi “al limite” li salverà anche stavolta. E potranno ancora andare in giro a raccontare la favola del “dialogo” e dell’Islam che “significa bace” (con la B), mentre sotto i baffi se la ridono perché “l’idolatria” è stata sconfitta con la distruzione della moschea “sufi”.

21 marzo 2001: il "mondo" insorge in nome della "cultura". A quando analoga "condanna" per la distruzione di antiche moschee?

21 marzo 2001: il “mondo” insorge in nome della “cultura”. A quando analoga “condanna” per la distruzione di antiche moschee?

D’altra parte questi falsari possono continuare a farla franca e a smerciare la loro paccottiglia pseudo-islamica perché dall’altra parte c’è un ambiente “ufficiale” che gli dà corda, e che come dicevamo “condanna” l’Isis aggratis e si straccia le vesti solo se Palmira o i Buddha di Bamyan vengono demoliti. Il solito Occidente autoreferenziale dell’Unesco, per il quale è “cultura” solo ciò che risponde a determinati canoni, come quello dello sviluppo turistico.

Le condizioni basilari di ogni “dialogo” sono due: la sincerità e la conoscenza. La prima è il contrario della reticenza e delle manfrine per risultare a tutti i costi “moderati” e dunque graditi. La seconda significa che ogni forma di “dialogo” vero (e non una pantomima) implica l’incontro tra “rappresentanti” capaci davvero di “intendersi” e di capire su quale piano il “dialogo” va impostato.

Ma a quanto ci è dato di vedere si fa finta che tutto va bene, e che “l’amore” trionferà perché l’importante è “condannare” l’Isis!

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POSTILLA: sul medesimo argomento si leggano, su questo sito, i quattro articoli dedicati alla Falsità ed ipocrisie occidentali dell’orrore verso l’Isis.

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