I “regni dimenticati” nel racconto di un ex diplomatico britannico
di Luca Bistolfi
Adelphi stampa l’opera prima dell’intelligente Gerard Russell, che spiega a tutti ciò che ignoriamo del Medio Oriente.
Vi fu un tempo in cui il mondo era costellato di regni. E vi fu una regione del mondo in cui questi regni nascevano e fiorivano e davano ornamento al mondo. Ora di essi è rimasta solo una debole traccia, una eco modulata in tonalità minore. Un simulacro composto di volti, gesti, parole, memorie e qualche artefatto. Ma nell’indifferenza d’un mondo ora al collasso e suicida e nel distaccato interesse di un’antropologia sempre più “entomologica”, questa eco è stata raccolta e in qualche modo amplificata: una dignità di voce le è stata restituita con la composizione d’un libro di cui da tempo si sentiva la necessità. In esso si descrivono quei Regni dimenticati e i loro eredi – la eco, appunto. Ciò che il sottotitolo spiega essere un Viaggio nelle religioni minacciate del Medio Oriente è l’opera prima di Gerard Russell, ex diplomatico britannico, ex ricercatore di Harvard, poliglotta (arabo e persiano) e davvero autentico scrittore. Una collana su cui sono inanellate una dietro l’altra tra le più importanti e antiche fedi di quella vasta e di fatto ignota regione del pianeta: mandei, drusi, yazidi, samaritani, copti, zoroastriani e gli ancor più incogniti kalasha, compressi, questi ultimi, in un’area impervia tra Afghanistan e Pakistan.
Il termine-chiave che schiude questo scrigno cartaceo è «minaccia», che nell’originale suona ancor più sinistro: «disappearing». Da chi o da cosa sono minacciate di scomparsa queste antiche fedi? In base alle presunte relazioni dei mezzi di comunicazione mainstream, verrebbe da dire: dall’islam integralista. Oppure l’altra parte si potrebbe rispondere: dalle aggressioni statunitensi, che stanno entropicamente aumentando il caos quasi connaturato all’area. Entrambe le risposte potrebbero essere valide, ma sarebbero approssimative e pertanto incomplete. La visione di Russell è più complessa, più perforante e sicuramente inconsueta. Anzitutto, come in una ripresa cinematografica che parte da uno
o più dettagli e a poco a poco si allarga in un’efficace panoramica, per poi riprendere un ulteriore dettaglio e di nuovo allargare, Russell parte dalla prospettiva minoritaria, che è però la punta di una montagna sacra. La osserva, la studia, la indaga con lo sguardo appassionato ma lucidissimo d’un diplomatico umanista e ne riconnette tradizione e riti all’attuale situazione che interessa la vastissima area, dall’Egitto al Pakistan. Singolare modo là dove a catalizzare l’attenzione sono di solito i più feroci – ma efficacissimo: quelle minoranze sono infatti i costituenti di una vasta parte dello scheletro e della struttura molecolare del Medio Oriente. Ne esce così un testo che, per esempio, riesce a spiegare con rara efficacia che cosa significhi essere minoranza in un’area dominata dall’islam e cosa significhi essere minoranza costretta a emigrare in Occidente dopo gli eventi bellici che hanno trafitto la zona. Regni dimenticati è infatti per certi versi anche un testo sull’islam – sulla sua storia e su come essa oggi è declinata e su come soprattutto la percezione occidentale sia in gran parte sballata – e sul destino di ogni sradicato. E il punto di vista è plurimo: quello delle stesse minoranze e quello dell’ex diplomatico equilibratissimo nel ricollocare pesi e giudizi con pertinenza.
Sulle singole fedi disappearing Russell raccoglie una miriade di notizie, a tratti dettagliatissime, che molti studiosi di religioni, e soprattutto molti religiosi, dovranno accogliere con meraviglia. Ignoto risultava essere (ma è solo un esempio tra i moltissimi) che nel IV secolo un manicheo, tal Sebastiano, era per diventare nientemeno che imperatore di Roma e che il manicheismo – la “terribile” eresia d’origine persiana – è sopravvissuto sino agli inizi del XX secolo, quando l’ultima notizia ufficiale, riportata da Marco Polo, ne intercetta integri lacerti nella prima meta del 1200 in Cina. Così com’è sorprendente il rapporto dottrinale strettissimo tra la religione drusa e la sapienza greca, in particolare di Platone e di Plotino, la quale è di casa anche a Qom, uno dei più importanti centri della cultura religiosa islamica.
Certo non ci troviamo davanti a un libro perfetto – e forse è una fortuna – ma certo a un libro intelligente nel senso proprio del termine, di cui si può render conto solo in minima parte in un articolo e che risulterà essere utile non solo ai curiosi e ai dotti, o a quanti si reputano ferrati sull’argomento, ma anche a quanti provengono da quegli studi cosiddetti tradizionali, perché qui troveranno materiale a sufficienza per svolgere opportune connessioni, e magari dismettere qualche idea artificiale. Queste connessioni compongono un caleidoscopio geoculturale a tratti impareggiabile, dove ogni dettaglio è legato a tutto il resto. In primis forse a noi.
NB: Segnalo un’incongruenza all’editore: alla fine del libro si usano verbi al futuro ed è evidente che le ultime parti del testo sarebbero dovute comparire all’inizio. Alla pagina 340 si legge infatti: «le relazioni amorose, come vedremo nel sesto capitolo…» e alla pagina 344, l’ultima: «… i capitoli che seguono…».