Falsità ed ipocrisia occidentali dell’orrore verso l’ISIS. Cap. 1: la barbarie

di Enrico Galoppini

L’immagine che riportiamo qui sotto proviene dal nord dell’Iraq, precisamente da al-Huwayja, provincia di Kirkuk, in mano al cosiddetto “Califfato”, come d’altra parte è scritto a chiare lettere arabe sulla facciata della struttura dalla quale penzolano, a testa all’ingiù, dei cadaveri esposti al pubblico ludibrio (a chi è interessato fornisco la traduzione).

Tutti i “democratici”, in Occidente, di fronte ad uno spettacolo del genere s’indignano, rabbrividiscono, gridano allo scandalo e alla barbarie, ed elevano accorati appelli alla “guerra santa” contro il “nuovo fascismo” alle porte.

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Ma… un attimo… Che cosa ci ricorda questa foto?

Esatto, è la medesima scena di Piazzale Loreto, da settant’anni glorificata e considerata come giusta e sacrosanta. Guai a chi la mette in discussione. La “giustizia partigiana” avrà avuto le sue ragioni, o no?

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Per la verità, quella scena di settant’anni or sono non è stata spiattellata molto nelle case degli italiani, perché Lorsignori, su ordine dei loro Badroni ai quali non si può che rispondere “zì buàna”, sanno comunque d’aver commesso uno scempio indecente che non può che squalificare per sempre chi se n’è reso protagonista. Addirittura, mostrare troppo questa scena, e le altre dei cadaveri di Mussolini, della Petacci e di altri fascisti ridotti a brandelli da gente senza un briciolo di pietà (e che tra l’altro poco tempo prima tributava al “regime” un consenso straordinario) avrebbe potuto suscitare reazioni indesiderate in una nazione “orfana del padre”… Lo sanno bene certi strizzacervelli prestati alla politica, e per questo fino a tutti gli anni Settanta vigeva una specie di tabù su quelle immagini orrende e scioccanti e, a ben vedere, sul Duce e il Fascismo in generale. Erano poi troppi quelli che avevano vissuto direttamente quei giorni, quindi era meglio tacere ed attendere l’epoca (cioè oggi) in cui sarebbe stato possibile sostenere anche che “Cristo è morto dal sonno”.

Chiusa la parentesi.

Per tornare a dire che tutto questo scandalizzarsi e raggelare da parte di chi non trova e non ha mai trovato nulla da eccepire in quella pubblica ostentazione di cadaveri, né nella mattanza delle cosiddette “radiose giornate” (per la verità cominciata prima della fine della guerra) è assolutamente falso ed ipocrita.

Si vedano infatti questi “jihadisti” come dei “partigiani”. In fondo, non stanno combattendo “il fascista” Assad?

Quindi, la si faccia finita di mostrare orrore a comando, perché altrimenti si dovrebbe ammettere che anche tutto quello che è accaduto in Italia fa letteralmente ribrezzo e non è in alcun modo moralmente giustificabile. Cadaveri lasciati penzolare da una tettoia d’un benzinaio e poi vilipesi oltre ogni limite; gente indifesa presa a pistolettate a tradimento; donne stuprate e seviziate, e poi fatte fuori; famiglie intere trucidate con metodi da “Arancia meccanica”. E fermiamoci qui, ché altrimenti uno si convince che l’Isis è meno “barbaro” di certi “eroi” con tanto di medaglia d’oro, pensione e, in più casi, immunità parlamentare.

La verità è che tutta questa “indignazione” per i “crimini dell’ISIS” da parte dei soliti felloni scendiletto ed i loro eredi mira ad un unico obiettivo: coinvolgere emotivamente gli italiani in una guerra non loro, in una “crociata” contro “l’Islam”, che i più, lobotomizzati dalla medesima macchina propagandistica che ha fatto credere che il Fascismo fosse “il Male assoluto”, saranno portati ad identificare con il cosiddetto “Califfato” che dovrebbe sbarcare a Roma via Lampedusa.

Un “Califfato” retto sulle baionette di “brigate internazionali” di combattenti che – non si sa per quale motivo, se ancor’oggi nella Spagna del ‘36 “i buoni” erano solo dalla parte degli “internazionali” – dovrebbero suscitarci sdegno ed orrore allo stato puro.

Un “Califfato” voluto e foraggiato dagli stessi che sostenendo l’Antifascismo e le varie Radio Londra decretarono la nostra fine come Patria e Nazione. Col che il cerchio si chiude e si capisce perché la storia si ripete uguale ad allora. Anche se i più non se ne accorgono.

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