Grecia: Lorsignori sono molto preoccupati
di Enrico Galoppini
In attesa del referendum del 5 luglio sul quale i greci dovranno pronunciarsi per il “sì” o il “no” circa l’accordo (ma quale?) tra il loro governo e la cosiddetta “troika”, quello che in queste ore appare più evidente è che nessuno sa di preciso cosa succederà in caso di vittoria del “no”.
Il “no” non significa automaticamente l’uscita della Grecia dall’euro, però ha il potenziale di innescare un percorso al termine del quale vi è la fuoriuscita dall’area della “moneta unica”.
C’è addirittura (P. Barnard) chi ha ipotizzato che al centro di questo tira e molla vi sia la guerra dei cambi tra dollaro e euro, dato che in questa economia “globale” malata quello che pare contare di più sono le esportazioni, favorite da una moneta “debole”. Ma il calvario della Grecia non è questione di quest’ultimo anno, quando l’euro e il dollaro sono quasi giunti alla parità. Quindi esistono motivi ben più profondi che hanno a che fare con la natura dell’euro e la sua proprietà (già, di chi è?), oltre che con la guerra dei paesi dell’Europa non mediterranea (e dell’America) a quelli dell’Europa mediterranea, sui quali viene scaricato il costo della loro crisi sistemica mentre emerge il mondo dei Brics.
La Grecia è poi un caso particolare nello scacchiere mediterraneo. Essa è – circondata da correligionari – in netta maggioranza cristiana ortodossa (97%), il che, unito alla posizione geografica, ne fa un’ideale testa di ponte dell’influenza russa in Europa e nel Mediterraneo. Dal canto loro, gli occidentali armeggiano con gli albanesi in Macedonia e il mai sopito nazionalismo turco (anche se c’è un partito “islamico”), onde evitare che Grecia e Turchia si rappacifichino su Cipro ed altro.
Di fronte alle mene dell’UE, della BCE e del FMI, il nuovo governo greco, al contrario dei vari ‘Monti ellenici’ (Papademos & C.), ha tenuto un comportamento più che ottimo.
Sono tutti bravi, dietro la tastiera di un pc, a sputare fiele contro Tsipras e Varoufakis, ma c’è un fatto: che per la prima volta nella storia un paese non del “terzo mondo” non ha pagato una rata agli usurai del FMI. Vi sembra poco?
Gli altri hanno sempre pagato e zitti, da bravi servi conniventi della truffa ai danni del loro popolo, ventilando chissà quali sciagure in caso di non ottemperanza degli “obblighi” e degli “impegni”. Chissà perché, gli unici “impegni” che contano per certa genìa traditrice sono sempre quelli con il mondo bancario.
La decisione del governo greco ha avuto l’immenso pregio di far venire a galla l’enorme preoccupazione degli usurai. Tutti gli “esperti” e cosiddetti “grandi” dell’Europa fanno la voce grossa, si lanciano in grandi proclami, minacciano più o meno velatamente, fanno intendere che si apre “la catastrofe” per la Grecia eccetera. Moody’s “declassa” il rating, ma sono gli ultimi fuochi e fiamme di un mostro che presto avrà la testa mozzata.
D’altronde l’usuraio non sa fare altro nella vita, quindi fino all’ultimo avanza “generose offerte” nella speranza che il debitore rinsaldi al collo il cappio della propria schiavitù. Ma stavolta il giochetto s’è inceppato. E se tanto mi dà tanto, quelli che più hanno da perdere da un atteggiamento fermo della Grecia sono proprio gli usurai. Infatti hanno tentato fino all’ultimo di avanzare delle “offerte”, e credo che se la Grecia le ha rifiutate è perché sta lavorando anche sul tavolo russo. Guarda caso in questi giorni sta scoppiando una “maydan” armena…
Aspettiamo il 5 luglio e vediamo che succede. Può succedere di tutto, ed un assaggio lo si è avuto con la serata del 30 giugno quando il “caso” ha voluto che Atene fosse interessata da un black out… Fossi in Varoufakis (già “attenzionato” dalla stampa per il suo appartamento con vista sul Partenone) non posteggerei più la moto in mezzo a nugoli di giornalisti e di curiosi…
Come ha giustamente affermato Tsipras, l’importante è non farsi prendere dal panico. Il futuro, per la maggioranza dei greci, non può essere peggiore del presente passato. Basta spengere la televisione (anche in Grecia è infestata di agenti del nemico) e ricordarsi che la mattina del 6 luglio, comunque vada, la vita andrà avanti. Le mamme allatteranno i loro figli, il panettiere continuerà a sfornare il pane e il sole sorgerà ancora ad Oriente. Il mare della Grecia sarà ancora magnifico e pescoso. In mezzo a tutta questa sana normalità, ci può anche stare l’idea di riprendersi la sovranità monetaria.
Adesso speriamo che la campagna per il “sì” non prenda il sopravvento. Pare (se non è una diceria messa in giro ad arte dai soliti scribacchini) che tra le “condizioni” che la c.d. “troika” vorrebbe porre alla Grecia vi sarebbe l’impegno del governo greco a sostenere il “sì”. Una cosa davvero grottesca che squalificherebbe immediatamente un gesto (il referendum) che all’apparenza sembrerebbe coraggioso (ma anche qui vi è chi, sempre per screditare il governo, ha sentenziato che dovevano farlo prima).
Una cosa è sicura: sono molto preoccupati. Anche il Papa (e te pareva) ha detto la sua, anche se quelli sono ortodossi. E naturalmente anche l’altro ‘papa’, quello nero delle “nozze gay”, non perde occasione per intromettersi. Gli altri valletti ostentano sicurezza e riscuotono applausi “in Europa” per le “coraggiose riforme”, ma non sono da prendere sul serio anche se continuano ad elargire sorrisi smaglianti.
I due miliardi messi sul piatto dalla Russia per gli accordi energetici con la Grecia possono far tornare il sorriso ai greci, perché al di là delle pacche sulle spalle e le espressioni ridanciane dei fautori dell’euro dimostrerebbero che, finalmente, “un’altra Europa è possibile” o che addirittura è possibile vivere anche fuori dall’Europa.