La “Libia libera” è un’appendice dell’ISIS?
di Enrico Galoppini
C’è chi giura che finalmente la Libia è “libera”. Libera dalla “tirannia” e dal “dispotismo” di un solo uomo.
Ma a giudicare dal fatto che ancora moltissimi sono gli armati praticamente fuori controllo perché inquadrati in “milizie”, non si può dire che i cittadini di quella che fu la Jamahiriyya possano stare molto tranquilli e felici.
Il simulacro di Stato che ha sostituito la creazione sorta dal genio di Gheddafi assomiglia più che altro ad una specie di “guerra per bande” permanente, dove ciascuna fazione e tribù è riemersa col suo inconcludente settarismo politico e religioso.
Settarismo, tribalismo, faziosità che conducono dritti nel baratro dell’asservimento e dell’istupidimento. Si giudichi infatti la siderale differenza che intercorre tra la Libia che fu e l’attuale baraonda. Ed alzi la mano – se ne ha il coraggio – chi non vorrebbe veder applicati all’istante, in Italia, i dieci provvedimenti del “tiranno” elencati in quest’articolo.
In tutto questo ‘capolavoro’, che ha visto l’Italia perdere da un giorno all’altro la sua posizione privilegiata a vantaggio degli “alleati” (!) della Nato, la tendenza che ha preso il sopravvento nella ex “quarta sponda” è quella del cosiddetto “radicalismo islamico” o “fondamentalismo”.
Che a parole gli occidentali deprecano ed aborriscono, ma che nei fatti incoraggiano in ogni modo.
Che poi questo lo facciano anche gli italiani, è indice di una considerazione del nostro “interesse nazionale” mai sceso a questi infimi livelli come sotto i tre “governi” succedutisi da quando hanno deciso che in Italia si può anche prescindere dal voto popolare per instaurare l’era del commissariamento quirinalizio.
Gli italiani dovrebbero anche tenere nella giusta considerazione i reiterati riferimenti alla “conquista di Roma” fatti da esponenti del cosiddetto ISIS. Non perché quella è la città del Papa o delle ‘nostre’ istituzioni (in questo secondo caso credo farebbe piacere a più d’uno veder entrare addirittura un “califfo” a Montecitorio con la spada sguainata!), ma perché si tratta della “città eterna”, dell’Urbe per antonomasia, la quale racchiude in sé un segreto.
Un segreto che non può essere profanato in alcun modo da questi unilaterali e fanatici, che a dire il vero sono la massa di manovra di ben altri ambienti, ufficialmente e platealmente ad essi ostili, i quali però li manipolano dall’alto della loro astuzia (e dei loro soldi!).
Insomma, Roma fa gola a molti.
E che dalla Libia caldeggino quest’esito, lo si vede dalla selva di microfoni che circonda il portavoce dello “Stato islamico”: ben quattro su sette sono di canali del paese mediterraneo a noi dirimpettaio, dal quale ogni giorno vengono riversati, in maniera arrogante e ricattatoria, centinaia di “rifugiati economici”.
Da come si può evincere dalle denominazioni stesse dei canali libici lì presenti (basta un’infarinatura d’arabo), non manca il solito “Libia libera”, secondo uno schema visto nell’Europa “liberata”, e poi in Iraq, in Afghanistan ecc.
Quanto poi siano veramente “libere” queste stazioni televisive lo si può immaginare, ma l’importante è mettere in scena il teatrino della “libertà d’informazione” con decine, centinaia di canali in funzione ventiquattr’ore su ventiquattro.
Ecco cos’avviene una volta “liberati”: discorsi al posto dei fatti, con casa, salute, istruzione e lavoro barattate con le bugie e le illusioni di una “libera informazione”.