Fascismo e “fascisti”: un intervento di Stefano Fabei
Sulla scia del dibattito innescato da Franco Cardini, il quale riprendeva la questione posta da un articolo di Enrico Galoppini, pubblichiamo l’intervento dello storico Stefano Fabei, scritto appositamente per “Il Discrimine”.
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Accogliendo l’invito dell’amico Galoppini intervengo brevemente su «Fascismo e “fascisti”: finiamola con gli equivoci». Lo faccio un po’ controvoglia e con la fatica determinata dalla stanchezza di sentir parlare in termini politici, e non storici, di fascismo, di fascisti del Ventennio, di post o neo-fascisti, e di quanti, a vario titolo, con sensibilità diverse e con maggiore o minore cognizione di causa, ancora oggi si definiscono tali.
Quanto da me letto e studiato da quarant’anni a questa parte mi ha costretto costantemente a distinguere quello che il fascismo avrebbe voluto essere, stando alla sua dottrina originaria, da quello che fu nella realtà, nella testa e nel cuore di coloro che si definirono fascisti (e magari pensarono di esserne i più genuini interpreti) e dalle infinite rappresentazioni, più o meno di comodo e quasi sempre faziose, quando non storicamente insensate – si pensi alla definizione di «male assoluto», secondo un lessico non usato più nemmeno dai preti!… – che ne sono state date durante decenni che hanno visto imposta la cosiddetta «vulgata».
Sul fascismo e la sua concreta attuazione storica, su quanto di positivo e di negativo (e anche su queste categorizzazioni ci sarebbe da discutere all’infinito: tutto, infatti, è relativo…) quel movimento prima, regime poi, abbia fatto – limito la mia riflessione all’Italia – non ci sono mai stati e, credo, non ci saranno mai né un’analisi né un giudizio condiviso, né tra gli antifascisti, né, tantomeno, tra i cosiddetti «camerati»; lasciamo poi perdere, per ragioni di buon gusto se non altro, i tentativi – non voglio usare aggettivi a riguardo – di riunificare l’«area» riconducibile al fascismo, un qualcosa che ognuno interpreta a modo suo.
Morto il «sintetizzatore», ovvero Mussolini – verso la figura del quale c’è spesso stata una devozione cultuale – nella suddetta «area» sono sempre mancate, per diverse ragioni, un’analisi condivisa della realtà storica del fascismo e la possibilità di trovare i presupposti minimi per la riproposizione, pur in altre forme, di quanto finito nel 1945. Invece di cercare invano di evocare fantasmi, di sognare pagine irripetibili della storia nazionale, i sedicenti (neo o post) fascisti, avrebbero fatto meglio a studiare ciò che ignoravano, o conoscevano poco dal punto di vista dottrinario e storico, ma che a parole pur tanto veneravano e magnificavano. Ripensare il fascismo apologeticamente e soprattutto cercare di riproporlo in un certo modo si è sempre rivelato un tentativo puerile e irrealistico prima ancora che utopistico e storicamente irrealizzabile. Postfascisti, neofascisti e fascisti del presente e del futuro non sono mai riusciti e non riusciranno mai a unirsi e a costituire un qualcosa di politicamente omogeneo perché non c’è mai stato prima di tutto un fascismo storicamente inteso in modo univoco. Se erano comprensibili e rispettabili le nostalgie dei più anziani, molto meno lo sono stati i sempre illusori tentativi di alcuni di giocare ai ducetti, riproponendo slogan logori oltre che inaccettabili in un contesto di regime democratico.
Avvicinarsi, storicamente parlando, a quella che è stata l’esperienza politica tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, cercando di far emergere o, per lo meno, di accostarsi alla verità è un dovere di tutti (il Ventennio è infatti un’eredità, nel bene e nel male, dell’intero popolo italiano, come altre pagine di storia, ad esempio il Risorgimento); potrebbe forse aiutare anche a individuare nuove sintesi, per quanto al momento questo continui a essere solo un sogno…
Storicamente concluso e delimitato il fascismo, irripetibile, lo ribadisco, nei contenuti e nelle modalità in cui si espresse allora, possiamo solo studiarlo, conoscerne i presupposti, analizzare il contesto culturale in cui sorse, a mio giudizio ben prima che il «socialista eretico» Mussolini ne diventasse, per così dire, la levatrice, e si affermò. Il Duce, fondando i Fasci di combattimento a Milano il 23 marzo 1919, sintetizzò nella nuova dottrina politica posizioni, idee e suggestioni espresse in modo talvolta incoerente con i presupposti ideologici originari, spesso percepiti come costrittivi e sclerotizzanti, da sindacalisti rivoluzionari, anarchici, nazionalisti e altre forze in gran parte provenienti dall’esperienza interventista.
Rivoluzionario e reazionario, progressista e conservatore, «reagente» per sua stessa definizione, Mussolini nel Fascio raccolse e armonizzò – riuscendovi a lungo – sensibilità differenti e questo fu il risultato della sua abilità politica; come la migliore storiografia ha cercato di illustrate con obiettività, scrisse importanti capitoli nella storia della politica sociale della Nazione, politica sociale che, negli ultimi decenni soprattutto, Destra e Sinistra, sempre più uguali e sempre più rispondenti alla stessa logica, si sono impegnate a sfasciare.
Unico soggetto politico capace, come affermò Lenin, di fare la rivoluzione in Italia, grande direttore d’orchestra, l’uomo di Predappio per venti anni accordò le più diverse voci, sogni e aspirazioni; ciò fu la grande forza del fascismo e al contempo la causa della sua debolezza che la guerra fece drammaticamente emergere, ma questa è un’altra storia…
Uomo di grande cultura, Franco Cardini – per la cui opera nutro un’ammirazione pari al rispetto e alla stima per la sua onestà intellettuale e libertà di giudizio che ne fanno una delle pochissime mosche bianche nel mondo culturale italiano – dichiara di restare fascista nel senso che continua a credere in certi principi.
Osservo come in alcuni di questi anche io mi riconosca, ma come possano negli stessi riconoscersi anche persone che non accetterebbero oggi di definirsi «fascisti». Condivido in pieno il suo giudizio sul liberal-liberismo: «ideologia disumana, criminale e pestilenziale responsabile negli ultimi due secoli d’ingiustizie e di massacri dinanzi ai quali nazismo e bolscevismo impallidiscono e che solo per diffuse ignoranza, malafede e ipocrisia non viene universalmente esecrata».
Credo che il nero e il rosso siano stati il sogno e la tragedia nella storia del XX secolo e che forse le due rivoluzioni, la fascista e la comunista, avrebbero potuto in qualche modo (e in certi momenti questo avvenne) incontrarsi ed evitare lo scontro o addirittura, come sognava il poeta e scrittore, giornalista e critico cinematografico francese Robert Brasillach, diventare un’unica rivoluzione. Al contempo, però, tengo a precisare che mentre il fascismo – che già all’inizio degli anni Venti aveva tradito le proprie idee originarie e rivoluzionarie, senza peraltro diventare un totalitarismo – è finito perché travolto da una vasta coalizione nemica nel corso di un grande conflitto, cui l’Italia era impreparata, il comunismo successivamente non è riuscito a preservarsi e a mantenersi al potere, laddove se l’era conquistato, realizzando quella società più libera e giusta che aveva promesso.
In conclusione… ritengo che la cosa più onesta sia lasciare il fascismo e il comunismo all’indagine degli storici i quali farebbero meglio a studiare certi fenomeni, come i totalitarismi, nel contesto cronologico in cui sono emersi e si sono affermati, a circoscrivendone i caratteri e, soprattutto, a evitare «slittamenti semantici» come quello in cui cade per esempio il filosofo politico «neoliberal» americano Paul Berman, quando sostiene che i fondamentalismi musulmani sono fascismi. Leggendo Terrore e liberalismo. Perché la guerra al fondamentalismo è una guerra antifascista emerge chiaramente come la parola «fascismo» sia stata svuotata di qualsiasi significato storico per diventare un contenitore multiuso.
Inflazionando il termine, avendo il «panfascismo» contagiato anche ambienti e circoli accademici che avrebbero dovuto trattare il problema con maggiore impegno e obiettività, il risultato finale è che quando tutti possono essere fascisti, nessuno è fascista.
Per favore, siamo alla fine del 2015! È ora di svegliarsi e rendersi conto che il mondo è cambiato e che il passato non può tornare…