Le “scuse” di Blair sono credibili come le banconote del Monopoli

di Enrico Galoppini

blair_iraqTony Blair s’è scusato: “I’m sorry”.

Di che cosa? Di aver contribuito, invadendo l’Iraq, all’ascesa del cosiddetto “Stato Islamico”.

Anch’io devo scusarmi: avevo scritto che gli americani sono i maestri mondiali della recitazione. No, gli inarrivabili teatranti a livello planetario sono gli inglesi, che quasi di sicuro hanno infuso negli americani, col sangue, questa specifica “arte”, assai utile in politica.

Una politica all’insegna della frode e del raggiro, mirata allo sfruttamento altrui più spietato, come ha documentato, basandosi ampiamente su uno studio di John Newsinger (tradotto in italiano da 21 Editore), il mensile “Storia in rete” (n. 119, settembre 2015, pp. 12-39).

Ma è tutta la carriera di questo tipico esponente della “nuova sinistra” europea ad essere improntata alle smargiassate e alle promesse da marinaio: posti di lavoro, “ripresa”, “terze vie” e chi più ne ha più ne metta, in un’orgia di sparate una più grossa dell’altra al cui termine ci sono queste patetiche ed inverosimili “scuse”, probabilmente dettate dall’esigenza di camuffare i crimini di Sua Maestà mentre la Russia sta letteralmente sbancando, anche a livello d’immagine, col suo intervento militare in Siria.

blair_selfiePovero Blair, aveva ricevuto informazioni sbagliate dai servizi d’intelligence del suo paese. Delle due l’una: o questi “servizi” sono completamente inefficaci, o sono essi stessi parte integrante di questo teatrino infame nel quale il personaggio s’è sempre trovato a suo agio.

Le “scuse”, infatti, s’inscrivono nella medesima inveterata abitudine a mentire. Non sono sincere, non sono sentite per davvero.

Se così fosse, l’ex primo ministro britannico si recherebbe in Iraq, per “scusarsi” davanti ai familiari delle centinaia di migliaia di vittime causate dalla sua ostinazione nel voler, prima, sottoporre il paese tra i due fiumi ad un embargo genocida, poi, eliminare – ci assicura, ancora inorgoglito – il tiranno Saddam Hussein.

Che sarà stato anche tale, ma non si capisce perché l’Inghilterra, come l’America, è così preoccupata di rimuovere i “tiranni”. Ma solo certi e non altri. La risposta è ovvia: perché quelli da non rimuovere sono i loro tiranni. Quelli che han messo loro a taglieggiare il relativo popolo per garantire lo sfruttamento senza pietà delle risorse del paese tiranneggiato a tutto vantaggio delle Corporations e dei Signori del denaro.

suharto_nixonC’è anche da dire che vi sono tiranni e tiranni. Guarda un po’, tutti i “tiranni” insediati dalla premiata ditta delle frottole anglo-americana non sono amati dal loro popolo, perché gozzovigliano nei privilegi mentre quello grufola nella spazzatura. I tiranni da rimuovere ad ogni costo, invece, sono quelli che, in mezzo al pugno di ferro, distribuiscono anche un discreto benessere materiale, per non parlare della convivenza tra diverse fedi, che svanisce all’istante appena l’Angloamerica mette piede nel paese di turno “liberato”. L’Iraq è un esempio assai istruttivo, ed anche la Siria, non appena è stata destabilizzata, s’è trasformata in un macello interconfessionale alimentato dai servizi d’intelligence anglo-americani (quelli delle informazioni “sbagliate”).

I medesimi servizi che avrebbero dovuto sapere delle ispezioni dell’Onu attuate per tutti gli anni Novanta, le quali avevano sancito lo smantellamento dell’arsenale chimico e batteriologico dell’Iraq. Cosa peraltro documentata da Padre Jean-Marie Benjamin nel filmato Iraq: il dossier nascosto (2002), nel quale vengono intervistati alcuni funzionari dell’Onu incaricati di vigilare sul “programma umanitario in Iraq” e tutti dimessisi per aver ravvisato irregolarità e maneggi vari occidentali volti a trovare il casus belli per la definitiva invasione poi avvenuta nel marzo 2003.

obiettivo-iraq_548Padre Benjamin avrebbe messo per iscritto nel libro Obiettivo Iraq. Nel mirino di Washington (Ed. Riuniti 2002) tutto il castello di fandonie dei vari Bush e Blair, ma ovviamente la stampa cosiddetta “autorevole” all’epoca dava ragione a questi bugiardi patentati, alimentando addirittura gravi calunnie ai danni del religioso, mediatore dell’incontro tra il vice-presidente Tariq ‘Aziz e l’allora pontefice Giovanni Paolo II.

La stessa stampa che adesso si presta a queste penose operazioni di “ravvedimento” che hanno la stessa credibilità delle banconote del Monopoli.

Chissà perché, poi, a costoro viene sempre concesso il beneficio del dubbio, tanto che si parla di “errori”. Davvero curioso: la volontà premeditata di combinare un disastro, addossandogli per intero le responsabilità della guerra, viene attribuita solo ai dittatori, mentre tutto il personale politico democratico tutt’al più “sbaglia”.

Eppure, calcolatrice alla mano, il computo dei morti e delle distruzioni causato da queste sedicenti “democrazie” al cui “modello” (anche di menzogna) dovremmo conformarci per diventare “moderni” supera di gran lunga quello dei soliti Fascismo e Nazismo messi insieme. Dunque, o tutto questo “scandalo” per i “crimini” dei secondi è strumentale, e dunque falso come le “scuse” di Blair, oppure siamo di fronte ad un’epocale svolta in campo aritmetico, che associata ad un tergiversare sulle “intenzioni” (“buone” quelle delle “grandi democrazie”, “cattive” quelle di tutti gli altri), dà come esito quest’indecente ed ammuffita “vulgata” storica che, dal sussidiario alle facoltà universitarie specializzate, reitera, né più né meno come la stampa compiacente, le favole sul “senso della storia”, il “progresso” ed altre amenità finalizzate a puntellare il dominio, in primo luogo sulle menti e le coscienze, dell’Angloamerica e del suo apparato di sfruttamento planetario.

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