Costanti nella storia. Corsi e ricorsi, tra speranze e illusioni

di Loris B. Emanuel

tempoC’è una costante nella storia degli esseri umani negli ultimi secoli, sottaciuta, non evidenziata con la dovuta acribia, forse perché un poco macabra e scomodissima perché disincantante, ovverossia che i giusti soccombono sempre, spesse volte, anzi quasi tutte, nell’effusione inopinata, violenta di sangue. Non è questa la rettorica buonista della non-violenza pannellian-gandhiana (vade retro), bensì un elementare senso della suddetta storia e quello minimo della giustizia, non meno che del buon senso che, qui, non è senso comune. E per soprammercato soggiungo che molti giusti non appena, Deo volente, riescano a risalire la china del potere e a installarsi nella cosiddetta stanza dei bottoni non tarderanno a tramutarsi e ad assumere le sembianze di chi hanno sconfitto, dei precedenti nemici. Gli esempi sfilabili da un qualsiasi manualetto di storia – non c’è soverchia necessità di ricorrere al revisionismo – non sono pochi, né sordi, in entrambi i casi.

Alla prima categoria appartengono, per esempio, Martin Luther King e Malcom X. Stecchiti appena ci si rese conto che l’intenzione che li animava non aveva niente a che fare col compromesso più infimo, con la vigliaccheria, con la malvagità e la spregiudicatezza della politica. Certo non parliamo di santi, quanto piuttosto d’anime mosse da sentimenti e idee nobili, forse ingenui, ingenuissimi, e forse, per un paradosso neppur troppo stridente, in certi casi svegli al punto da catalizzare l’attenzione sufficiente a ottenere pericolosissimo consenso. Ma l’intelligenza accompagnata dall’onestà sconta sempre l’oblio del camposanto o della riprovazione pubblica.

guevaraL’icona della sinistra, comunista e non, Ernesto “Che” Guevara è un caso, che sta a mezzo. Fu liquidato pessimamente per la colpa d’aver creduto in una rivoluzione che svellesse le violenze tutte sudamericane delle dittature. Egli scontò una qual certa buonafede che cozzava irrimediabilmente con la Realpolitik, si oppose per esempio all’esito castrista della rivoluzione e niente meno che all’Urss e alla Cina: tre mosse che a un qualsiasi politico strictu sensu non sarebbero mai passate per la mente nemmeno in stato di ubriachezza. Ma l’ubriacatura forse peggiore è quella ideologica, che porta, da una parte, a non vedere la realtà e, dall’altra, a eccedere in un qual certo zelo. E infatti se diamo un’occhiata un poco più da vicino a talune decisioni dell’eroe duro e puro Ernesto Guevara, scopriamo che istituì campi di concentramento per dissidenti e per omosessuali, come ha spiegato bene Massimo Caprara, segretario per vent’anni di Togliatti. L’humanista beniamino dei dirittumanisti de noantri che scortica oppositori defezionisti e gay.

codreanuStoria emblematica di purezza che invece paga con la vita è quella del vituperatissimo Corneliu Zelea Codreanu. Lo spazio d’un articolo non mi consente d’entrare nel dettaglio. Dirò soltanto che Codreanu scontò la sua perfetta ingenuità e la convinzione che con quell’accolita di corrotti e farabutti che componevano la classe dirigente della Romania, dal re Carol II in giù, c’era poco da parlamentare, da trattare. Egli però pensò che pur senza la violenza e con la sola forza delle parole e della verità, palesate persino a quella trappola di processo farsa che gli apparecchiarono contro, potesse sconfiggere la democrazia corrotta e la corruzione morale che allignavano a Bucarest. Si fidò persino delle elezioni, figurarsi che candore. Il risultato fu che la Romania fu privata dell’unica formazione che potesse spazzar via la sozzura con cui i poteri occidentali e il potere romeno asservito a esso avevano imbrattato il Paese.

Un caso invece assai più roboante, a legger meglio, è quello di Lev Trockij. Gli antistalinisti e i trockisti e in generale le anime belle che si scandalizzano per l’orrenda fine d’un dei padri della beneamata rivoluzione bolscevica, dimenticano o fingono di non ricordare che Trockij ricoprì ruoli d’ordine primario in quella nascente Urss e, come gli ricordò in faccia Simone Weil, egli fu responsabile, pratico e morale, di non poche atrocità, salvo poi proclamare dal Messico, con una faccia tosta impareggiabile (il discorso si trova in rete), che Stalin adoperava mezzi degni della Gestapo, come se invece in Urss i nemici politici fossero persuasi dei loro “errori” politici attraverso volantinaggi arcobaleno.

I casi di Guevara e di Trockij sono eloquenti: chi arriva al potere lo usa come meglio crede e molte volte alla faccia delle promesse e dei buoni propositi sbandierati in precedenza. In ogni caso fa ciò che qualsiasi politico è costretto a fare, al di là dei proclami rivoluzionari, elettorali o di barricata: comandare, e comandare significa allestire e accettare compromessi, accanto a soperchierie sanguinolente, a tradimenti i più vari.

gallianUn grandissimo, neglettissimo scrittore italiano, Marcello Gallian è memorabile anche in senso politico. Fascista della primissima ora, sansepolcrista e squadrista, rimase deluso quando il Duce tradì la rivoluzione fascista a favore di un’istituzionalizzazione del regime. Ammirevole, purissima intenzione, quella di Gallian, ma perfettamente perdente nel quadro delle relazioni internazionali con cui un qualsiasi governo deve far conto e delle innumeri istanze interne a un partito e a un Paese cui un capo di governo deve necessariamente prestar orecchio e con cui deve, là dove possa e voglia, mediare.

Se però ancora qualche decennio fa una qual certa dignità e onestà allignavano in talune figure, ora invece la situazione è quanto mai disperante. L’attualità infatti ci parla, per la prima metà, d’illusi e incapaci e, per la seconda, di canaglie che cavalcano lo scontento popolare. In alcuni frangenti si presentano entrambi i casi concentrati in un unico movimento, in un’unica persona.

In ordine sparso: Podemos, Movimento 5 Stelle, Tsipras. Grillo & C. li vediamo all’opera da oltre due anni: pasticcioni, inconcludenti, in buonafede ma non tutti, un po’ arrogantelli, sicuramente illusi e taluni anche in palese malafede (un esempio: in campagna elettorale qualcuno disse: metteremo sotto inchiesta i vertici del Pd dal 1995 a oggi; il giorno dopo le elezioni dissero al Pd: se ci votate Rodotà si aprono “praterie di governo”). L’indomani del primo colloquio della coppia Tsipras-Varoufakis alla corte della troika, un esponente di Syriza lanciò gli stracci e se ne andò, dicendo che non era per questo che Syriza era stato votato, e parlò di tradimento. E con la firma del ricatto, alias «accordo», pare non ci siano più dubbi, a sentire ulteriori voci greche e qualche altro disincantato.

podemosDavvero la storia, ma nemmen la cronaca, insegnano qualcosa? Davvero saremo costretti a ripetere gli stessi, identici, gravissimi errori di sempre? Che cosa accadrà quando “scopriremo” sulla nostra pelle che lo Tsipras di turno o Podemos si riveleranno essere come gli altri o in ogni caso incapaci di porre rimedio a questa catastrofe europea e addirittura mondiale? Rimanderemo la soluzione, in uno sforzo sisifeo di stupidità, alla prossima tornata elettorale? È verosimile credere che un gruppetto di giovani, magari in buonafede, magari anche persino ben preparati e armati di gran coraggio, possa non dico scardinare il cosiddetto sistema, ma anche solo graffiarlo? Insomma, Putin con la sua intelligenza, con quel suo enorme, compatto, ben armato Paese, con la sua esperienza e con la sua onestissima e virile spregiudicatezza deve compiere i salti mortali per non far precipitare una situazione oltremodo periclitante e ha dovuto dar fondo a tutte le capacità proprie e dei suoi collaboratori per rendere la Russia una nazione degna di questo nome e invece a quattro ragazzini basta avere un seggio da deputato o un posto in un consiglio comunale per pretendere di fare la rivoluzione, fosse pur democratica? Non è più tempo di barzellette, non ci possiamo più permettere di ridere, né di conferire fiducia alla prima, sgangheratissima scialuppa di (presunto) salvataggio.

A questo punto importa poco se chi ha deluso lo ha fatto intenzionalmente, per calcolo politico e personalismo, oppure perché è semplicemente un bamboccione stupido e presuntuoso, che pensa di addentrarsi in una foresta piena di lupi affamati armato solo di qualche predica. Di san Francesco che riduce a miti consigli il famelico canide ce ne è stato uno solo: chi si illude o millanta carismi diventerà anch’egli lupo oppure un suo sodale scherano o una sua vittima, trascinando con sé milioni di poveracci. Che i rivoluzionari diventino maiali come nella Fattoria degli animali per invincibile osmosi con i mefitici miasmi del potere oppure per libidinosa concupiscenza non importa più, non è più tempo di analisi, di pistolotti (magari come questo), d’ipotesi futuribili. È giunto il tempo in cui s’invera quell’assunto heideggeriano: solo un Dio ci può salvare.

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