Arturo Reghini tra Fascismo e Tradizione (prima parte)

di Roberto Sestito

reghini1. Mi propongo con questo scritto di prendere in considerazione le opere di Arturo Reghini (1878-1946) che riguardano il campo meta-politico.

L’esame di alcuni testi di carattere politico mi permetterà di esaminare gli aspetti del pensiero di Reghini sulla tradizione in generale e di evidenziarne i punti di contatto e di divergenza col pensiero di Julius Evola (1898-1974) e di René Guénon (1886-1951) che sono considerati insieme a Guido De Giorgio (1890-1957) gli autori maggiormente versati negli studi tradizionalisti.

Nella maggior parte dei casi ho preferito un’esposizione testuale e lasciare la parola allo stesso Reghini. Si tratta in realtà di testi difficili da riassumere e i brani riportati permetteranno al lettore di rendersi conto della lucidità e della profondità del pensiero reghiniano.

Preso atto del fallimento politico e dello sconfortante epilogo che il pensiero evoliano e in parte anche quello guenoniano hanno avuto tra i militanti di destra, con questo saggio mi propongo di fornire specialmente ai più giovani, senza alcuna distinzione tra destra e sinistra, anzi nello spirito di un superamento di queste fittizie contrapposizioni ideologiche, uno strumento di meditazione e di azione metapolitica col quale ricominciare la ricostruzione morale e politica dell’Italia, umiliata dalla sconfitta militare dell’ultima guerra e governata da regimi politici succubi dello straniero occupante.

2. Ecco i pilastri sui quali poggia il pensiero politico reghiniano:

  1. il paganesimo, gioioso e tollerante, eclettico e pragmatico e più particolarmente il pitagorismo e la tradizione dei Misteri;
  2. l’imperialismo, con un’ estensione storica e politica che include il ghibellinismo, il pensiero di Dante e il concetto di “gerarchia”;
  3. il nazionalismo che non contraddice l’idea imperialista e la cui fonte storica va ricercata nella tradizione di Roma e nell’unità geografica e politica dell’Italia.

Il tutto sotto la guida spirituale di una Scuola o tradizione italica che non è altro che la continuazione, a volte palese, a volte occulta, della Scuola Pitagorica.

Ai suddetti tre punti di segno positivo Reghini oppone:

  1. il cristianesimo, triste e intollerante, dogmatico e sentimentale, asiatico;
  2. il guelfismo e il clericalismo che rappresentano l’invadenza della religione negli affari dello Stato, la democrazia e l’umanitarismo, questi due ultimi creature deformi della rivoluzione francese;
  3. l’internazionalismo, spesso identificato con quello della Chiesa e dei gesuiti, in risposta ai nazionalisti guelfi che identificavano l’internazionalismo soltanto con quello della massoneria.

Cercherò adesso di riassumere la sua visione metastorica. La tradizione per eccellenza è la “tradizione occidentale”, intesa come una forma appartenente ai popoli europei ed opposta pertanto alle tradizioni orientali asiatiche, levantine, semitiche con tutte le varie sfumature che le caratterizzano.

La “tradizione occidentale” risale alla tradizione primordiale, iperborea, che discende attraverso i canali del pitagorismo, del mondo greco, egiziano poi ellenistico, fino a Roma, l’ultima manifestazione, la più alta.

Vinta, ma non annientata dal cristianesimo, la tradizione occidentale pagana ha continuato a vivere come una potente corrente sotterranea, facendo da supporto a movimenti politico-spirituali come il ghibellinismo nel Medio Evo, una sorgente inesauribile a cui attinsero diverse organizzazioni iniziatiche: ermetisti, templari, Fedeli d’Amore, Rosa-Croce, massoni ecc. i cui diversi esponenti furono sistematicamente perseguitati dalla Chiesa.

Tradizione, sia ben chiaro, presente in tutte le nazioni d’Europa anche se l’Italia, ci tiene a precisare Reghini facendo suo il mito di Saturno, ha conservato e nel quale si è occultato il centro propulsore.

Roma, infatti, è stata la capitale di un Impero ed il cristianesimo, nemico di quell’Impero e dei culti che in esso si praticavano, si oppose sempre, con l’aiuto di potenze non italiane come Francia, Germania, Spagna ecc., alla riunificazione politica dell’Italia, ed alla proclamazione di Roma capitale d’Italia.

E poiché Pitagora, benché di lingua e di cultura greca, si riteneva fosse di origini toscane ed in Italia aveva fondato la sua Scuola, la “tradizione occidentale” è una “tradizione italica” e Napoleone, di famiglia italiana, è esaltato come una delle ultime espressioni della tradizione imperiale e pagana.

Tra questi due casi estremi dal punto di vista cronologico Reghini fa i nomi di numerosi uomini celebri e dichiara nell’infuocato clima politico di allora che un vero nazionalista “deve volere al disopra di tutto il bene della nazione”.

atanor“Se l’Austria resta sempre la vecchia Austria clericale, in ottimi rapporti con la Compagnia [di Gesù], la Francia, dopo aver corso di cadere nelle mani dei clerico-militaristi a causa dello sfortunato caso Dreyfus, è anch’essa nemica dell’Italia, anche se ora manovra per il tramite della massoneria e della democrazia” (“Imperialismo Pagano” Atanor, 1924).

“Il papato è un’istituzione essenzialmente internazionale, ufficialmente cattolica, e i clericali, nella vita politica di tutti i popoli, rappresentano l’esercito di questa istituzione; diventare dei nazionalisti, è per loro perdere la loro stessa natura”. (idem)

E ancora: “Con Dante la concezione monarchico-romana, divenuta la tradizione imperiale italica riprende visibilmente e integralmente coscienza di se stessa. Questa grande idea unisce infatti tra loro Numa, Pitagora, Cesare, Virgilio, Augusto, Dante e gli altri grandi italiani venuti dopo”.

Aggiunge: “Dante non era cattolico e il suo imperialismo era pagano e romano!”. “Dante si atteneva alla grande e immortale Tradizione della Scuola Italica, cronologicamente e essenzialmente anticristiana”. (idem, 1924).

3. Quanto a Machiavelli, è elogiato da Reghini perché il segretario fiorentino ha visto il pericolo rappresentato dalla divisione politica dell’Italia; mentre gli altri popoli si costituivano in unità politiche Machiavelli invocava per l’Italia la venuta di un principe capace di compiere l’opera di unificazione.

Altri gloriosi italiani: i neo-pitagorici Giordano Bruno, Bernardino Telesio, Tommaso Campanella, precursori e iniziatori della moderna filosofia europea, davano origine alla cultura laica occidentale che “disinfetterà lentamente dal cristianesimo la mentalità europea”.

reghini_cagliostroSiamo quindi arrivati alla Rivoluzione Francese, “risultato, si sa, dell’opera pratica delle società segrete, della massoneria e dell’illuminismo, tutte animate da uno spirito profondamente anticristiano” , ma è necessario guardare a fondo nell’opera “di un altro grandissimo italiano, Giuseppe Balsamo, più conosciuto come conte di Cagliostro, meraviglioso rappresentante dell’esoterismo italiano”. (AR, Cagliostro, Ignis, 2006).

Ed era ancora “un altro grande italiano [che] arginava e dominava la Rivoluzione francese, facendo di essa lo strumento dell’immensa energia scatenata per realizzare l’Impero”.

“L’aquila romana prendeva dunque di nuovo il volo con le legioni napoleoniche e l’Italia tornava alla libertà (…). Dopo la caduta dell’Impero, il cristianesimo, con i suoi rami cattolico, protestante e greco-ortodosso ricominciava, grazie alla Santa Alleanza, a pesare su tutta l’Europa.

Tuttavia, due giovani generali agitavano nel loro spirito l’antica idea immortale: Giuseppe Mazzini, il veggente genovese, il quale diceva che l’Italia era predestinata da Dio a dominare sui popoli, a dare al mondo, dopo Roma, la luce di una terza civiltà; e Giuseppe Garibaldi, che aveva una visione chiara dell’importanza trascendentale di Roma per il destino dell’Italia” (Imperialismo Pagano, Atanor 1924).

Reghini consacra un vero culto a Mazzini e Garibaldi, per essere non solo i “padri della patria” ma per le loro doti particolari. Nello scritto “Del Simbolismo e della Filologia” (1914) parlando dell’oro “simbolo del tesoro metafisico, della divina luce” e del suono emesso dall’oro, ricorda “certe voci, armoniose e pure, misteriosamente affascinanti – come quella che aveva Garibaldi” e che sono dette “voci d’oro”.

Quindi esclama: “Oh, possa l’esempio di questi grandi uomini non sospetti di cristianesimo essere seguito dai repubblicani che hanno abbandonato lo spiritualismo mazziniano per le teorie materialiste importate dalla Germania!”.

E se questa nazione è biasimata per il suo materialismo e l’Austria per il suo clericalismo, nemmeno la Francia ha motivo di rallegrarsi visto che Mazzini aveva “avvertito gli Italiani di non fidarsi della Francia”. La conclusione non è meno netta: Reghini rivendica “l’immutabile paganesimo dell’imperialismo italiano”, di una “tradizione, vecchia di trenta secoli, puramente italica” opposta a “una religione esotica che non ha smesso di essere, per venti secoli, la disgrazia dell’Italia”.

4. Discorso più complesso è la critica della democrazia con cui Reghini sapeva di dover affrontare problemi di enorme portata e con i quali tutte le forze politiche e sociali del suo tempo erano impegnati.

Tra Bruto che aveva assassinato Cesare e Cesare caduto vittima di una congiura, Reghini non aveva esitato a mettersi dalla parte di Cesare che si accingeva a compiere “la grande opera romanamente concepita”. Bruto pugnala Cesare in nome di presunti ideali di libertà che accendevano i cuori dei democratici e dei massoni, mentre Cesare il dittatore era visto come il simbolo della tirannide e dell’impero.

reghini_cittadellaReghini conduce la sua critica della democrazia partendo dalla matrice ideologica degli “immortali principi dell’‘89”  visti come il vessillo contro-iniziatico innalzato dagli illuministi  francesi per combattere “la monarchia, la nobiltà e il clero, in nome di fantastici diritti naturali dell’uomo”.

In buona sostanza, un problema della società francese di rapporti tra il ceto popolare e le avidi classi feudali della nobiltà e del clero, viene elevato a dimensioni universali e col supporto della massoneria locale aspira a legittimazioni iniziatiche e spirituali.

Eppure, la massoneria inglese, chiarisce Reghini, era nata nel 1717 senza quelle pretese rivoluzionarie.

“Il suo rispetto per il governo costituito è esplicitamente e tassativamente affermato dalle Costituzioni ed è sempre stato osservato in due secoli di storia”

“Ma quando la massoneria nel 1730 circa passò dall’Inghilterra in Francia…trasportò nel campo sociale il concetto del brotherly love e della uguaglianza iniziatica…”.

Ciò non poteva che peggiorare le cose e soprattutto non poteva che aprire le porte a quelle potenti forze sovversive già pronte a irrompere in tutte le istituzioni e a dare il colpo di grazia all’assetto politico europeo minato dall’interno.

“La massoneria italiana, inoltre, come quella francese, più che determinare l’indirizzo intellettuale dell’ambiente profano, ne seguiva e ne subiva tutte le correnti. Il pregiudizio del Progresso le creava la preoccupazione di mantenersi all’altezza dei tempi, di non farsi superare (piccola collezione di frasi cretine di cui Pareto ha mostrata l’inconsistenza), e colla massima incoscienza dimentica e rinnega la sapienza iniziatica tradizionale dell’Ordine e la propria privilegiata superiore posizione filosofica spiritualista, al di fuori e al di sopra di credenze, scuole, teorie, religioni e partiti; e si lasciava trainare alla deriva dall’ateismo, dal materialismo, dal positivismo, dall’evoluzionismo, dal comunismo, dal determinismo economico, dall’umanitarismo, dal pacifismo, dalla religione del libero pensiero, e da tutti i sogni e le pazzie dell’ideologia insipiente e profana”. (“Libertà e Gerarchia”, 1923).

Trasformandosi infine in un’Associazione internazionalista dove convivono uomini che ordiscono le più aberranti scalate al potere politico ed economico.

La frattura che si verificò nel mondo massonico alla vigilia della prima guerra mondiale aveva convinto Reghini a dedicarsi alla creazione di un’istituzione prettamente italiana, come d’altronde stavano facendo gli altri paesi europei che fortificavano le proprie logge in senso accentuatamente nazionalista ed espansionista.

Mentre però in Italia l’operazione non ebbe successo per una serie di ragioni che non è qui il caso di ricordare, in Francia e soprattutto in Inghilterra il riassetto riuscì perfettamente e le istituzioni massoniche presero il carattere “moderno” e “democratico” che tuttora conservano e difendono.

5. La “riforma” che auspicava Reghini era di natura ben diversa da quella operata in Europa e in America. Per questa ragione non poteva che suscitare consensi nelle forze giovanili che si stavano risvegliando in Italia e che emergevano dalle profonde scaturigini della nostra terra.

Più che una “riforma” voleva essere un “ritorno” alla tradizione pura.

Gli inglesi furono i primi a capire che qualcosa bolliva in pentola e a percepire i primi segnali di un risveglio politico e spirituale dell’Italia. Infiltrarono subito organizzazioni come la Società Teosofica, l’Ordine Martinista, l’O.T.O con loro agenti fiduciari (valga su tutti il caso di Aleister Crowley, spia inglese, espulso da Mussolini dall’Italia), mentre l’America sfornava i primi rosacroce dell’AMORC (fondata nel 1909 da H. Spencer Lewis) e sguinzagliati anche in Europa.

arturo_reghini_numeri_sacriReghini, bene informato su questi “movimenti”, si era posto lo stesso problema e si sforzava di studiare in che modo creare uno spazio e, ove fosse possibile, fronteggiare la situazione dando vita ad un movimento italiano che si inserisse nella dinamica sociale politica e culturale di allora.

Per Reghini occorreva “risalire alle confraternite pitagoriche per trovare delle oligarchie e delle aristocrazie iniziatiche socialmente costituite. Il miglior governo è quello dei più sapienti, quindi il governo gerarchico nel senso etimologico del termine. È la concezione iniziatica pitagorica e dantesca, che fa poggiare l’ordine sociale monarchico sull’analogia con la monade dell’universo. Ed è veramente la concezione politica, iniziatica, italiana, quella che Pitagora, Platone, Cesare, Augusto, Giuliano, Dante, Campanella e altri sostennero non soltanto in teoria, ma tentarono di applicare sul piano pratico con risultati diversi”.

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There is 1 comment for this article
  1. Bennnato Bennati at 6:58 am

    Ovviamente ARTURO REGHINI era Massone, e rimase massone tutta la vita , cosa che non mi sembra sempre evidenziata come dovrebbe.

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