“Siti e poltrone”: l’attualità dei libri-inchiesta di Antonino Trizzino

di Giovanni Di Martino

L’Esercito Italiano annovera ad oggi 102.995 unità. Il dato è disponibile sul sito ufficiale www.esercito.difesa.it, assieme alle percentuali dei soldati maschi e delle soldatesse femmine, ed alla ripartizione per ruolo e per grado della forza. Ed ad un sacco di altre informazioni sugli armamenti, la localizzazione e l’organizzazione.

Che non si viva in un’epoca uguale a tutte le altre è noto, soprattutto ai lettori de “Il Discrimine”, dove questo assunto campeggia in bella vista come sottotitolo della testata.

esercitoitalianoQuesta cosa però ha dell’assurdo. È vero che le nostre forze armate subiscono le limitazioni dovute ad un trattato di pace del 1947 che in realtà fu una resa senza condizioni. È vero che l’Italia fa parte di un’alleanza militare planetaria ed alle sue esigenze deve rispondere (del tipo: abbiamo un sacco di alleati, se ci attaccano mica siamo soli…). È vero che l’Italia “ripudia la guerra”, anche se solo sulla Costituzione. Ed è vero che in tempi di liberismo speculativo assoluto tutto è un costo, e i costi vanno tagliati, poco importa se si tratti di spese utili o no. Quindi è vero – e spiace scriverlo  – che  l’esercito, in questi tempi, ci serve a poco. Tuttavia resta assurdo che siano di dominio pubblico, ed accessibili in pochi secondi a tutti, alcuni dati che in un contesto normale dovrebbero essere segreti. Se per ipotesi qualcuno (dalla Svizzera all’Isis, dall’Islanda alla Magna Romagna di Pierino Brunelli) volesse attaccarci, avrebbe a disposizione numeri e cifre che in tempi normali sarebbero stati ottenuti solo dopo lunghe e difficili operazioni di spionaggio militare. Eppure è nella logica delle cose, che, per esempio, un giocatore di scopone, una volta ricevute le carte, non comunichi agli altri giocatori il numero dei denari e dei sette che gli sono capitati…

Ma il nostro esercito, che dunque risparmia e fa risparmiare soldi anche al nemico, non ha solo questo problema. Nel corso del 2015, infatti, le riviste di settore hanno pubblicato alcuni bilanci di questo primo decennio di esercito professionale: a poco più di dieci anni dall’abolizione del servizio militare obbligatorio, i critici militari hanno evidenziato quali sono i limiti logistici dell’esercito di professionisti. I costi sono ancora troppo elevati, e quindi occorrono nuovi ridimensionamenti. L’esternalizzazione di tutti i servizi accessori, dalle cucine alle pulizie (il tutto è ormai svolto da anni da ditte private esterne con il sistema degli appalti) non è bastata, e vanno ora tagliati anche i militari professionisti. E vanno soprattutto svecchiati, perché è successo quello che dieci anni fa era prevedibile, ossia che, abolendo la naja, l’esercito si sarebbe riempito di marescialli attempati e in sovrappeso (11.000 per l’esattezza). La soluzione proposta è in linea con quanto succede nella vita comune: aumentare i così detti VFP, ossia i soldati in ferma precari (anche se la “P” dell’acronimo non sta proprio ad indicare quello).

I problemi di efficienza dell’esercito, e più in generale delle forze armate, rendono attuali le prime riuscitissime opere di critica militare pubblicate nell’ultimo dopoguerra. I libri dell’ex aviatore Antonino Trizzino sono oggi semisconosciuti, ma negli anni Cinquanta suscitano molto clamore, perché pieni di verità scomode pazientemente ricercate dall’autore.

Trizzino è uno degli inventori dell’aerosiluro, un mezzo molto semplice ed efficace che gli alti comandi rifiutano di prendere in considerazione, pagando a caro prezzo tale scelta (gli inglesi li utilizzano a nostre spese decimando la flotta italiana inspiegabilmente ancorata nel porto di Taranto nell’autunno del 1940). Uscito dall’aereonautica militare, inizia a fare il giornalista e al termine della guerra abbraccia la causa del separatismo siciliano. Sale alla ribalta per avere scritto uno di quelli che oggi si chiamano libri-inchiesta, e che purtroppo intasano gli scaffali delle librerie assieme alle autobiografie dei calciatori ventenni, che scrivono libri senza averne mai letti.

trizzino_navi_poltroneNavi e poltrone (questo è il titolo dell’opera più famosa di Trizzino) è una vera e propria bomba nello svelare come gli inspiegabili colpi subiti dalla flotta italiana dipendessero in tutto o in parte da sabotaggi messi in atto proprio dagli alti comandi. Trizzino parte dalla considerazione logica ed elementare che la flotta serva solo per scortare i convogli con i rifornimenti per l’Africa Settentrionale, dove si gioca la nostra partita decisiva, ma ciò avviene solo nei primi mesi di guerra e poi non più, provocando l’effetto, anch’esso logico ed elementare, che i convogli vengano colati a picco dagli inglesi, e le truppe dell’Asse in Africa restino costantemente a corto di uomini e mezzi. Ed arriva a dimostrare come i marinai fatti prigionieri dal nemico si sentano dire dagli ufficiali inglesi che li interrogano i nomi delle navi o dei sommergibili a bordo dei quali sono imbarcati e di chi li comanda (tutto ciò settant’anni prima della comparsa in rete del sito della Marina militare italiana). Tant’è che il famoso affondamento delle corazzate inglesi Valiant e Queen Elizabeth riesce proprio perché pare che Borghese abbia fiutato i sabotaggi e cambia ogni volta le rotte assegnategli da Supermarina (non a caso il sommergibile Scirè, affonda subito dopo il passaggio di Borghese ad altro incarico, e quindi una volta terminata la consuetudine di cambiare rotta). Gli ammiragli infangati ottengono in primo grado la condanna per diffamazione di Trizzino, che fa appello e vince la causa. L’editore Longanesi pubblica anche la sentenza in appendice ad una nuova edizione del libro, che vende quasi un milione di copie, malgrado un serrato boicottaggio nella distribuzione.

L’opera di maggiore interesse di Trizzino è però il meno famoso Gli amici dei nemici. In esso vengono ricostruite le vicende della guerra in Africa Settentrionale, dall’inizio fino alla battaglia della Marmarica (dicembre 1941), culminata con la prima ritirata di Rommel, e troppo frettolosamente liquidata dai maggiori storici della guerra del deserto (Krieg, Fraeser…). In tale ultima opera l’autore attua un duplice ribaltamento della vulgata storiografica che vede gli italiani come soldatini all’occorrenza eroici, ma mandati allo sbaraglio dal dittatore pazzo di turno, con le scarpe sfondate e i moschetti inceppati.

trizzino_amici_nemiciAnzitutto Trizzino retrodata di un anno il giro di boa della guerra, ossia la possibilità per le truppe dell’Asse di vincere. Tale possibilità viene comunemente fatta svanire per sempre nell’inverno del 1942, con la sconfitta di El Alamein in Africa e quella di Stalingrado in Russia. Trizzino, invece, indica come momento decisivo il dicembre del 1941, dal momento che, non essendo ancora entrati in guerra gli Stati Uniti, l’assedio di Mosca da parte di Guderian avrebbe prodotto la resa dell’Unione Sovietica, e la sconfitta inglese in Marmarica non avrebbe loro consentito la formazione di successive linee di difesa, permettendo a Rommel di dilagare in Medio Oriente.

Ma l’aspetto più interessante di Gli amici dei nemici è che l’inettitudine totale degli alti comandi italiani (incapaci addirittura di far alzare un aereo in volo) non sarebbe bastata, assieme al cattivo equipaggiamento, a compromettere le sorti della guerra. C’è stato altro. In Marmarica la disfatta degli italo-tedeschi è dipesa dal mancato posizionamento della divisione Trieste e del corpo d’armata corazzato secondo le istruzioni di Rommel (anziché prepararsi per lo spostamento viene fatto distribuire il rancio!). I rispettivi comandanti  non sono in grado di rispettare un ordine così semplice da far supporre che nemmeno la suddetta inettitudine basti, ma che si tratti di sabotaggio, tanto da concludere il libro chiedendo – a guerra finita – la fucilazione per alto tradimento (negli anni Cinquanta ancora prevista dai codici militari) per entrambi i comandanti (generali Piazzoni e Gambara).

L’esempio di Trizzino, ossia quello di un tecnico molto preparato che scrive dopo avere fatto anni di ricerche, è molto lontano dai libri-inchiesta attuali, in cui tutti hanno compulsivamente qualcosa da svelare. Tuttavia dopo Navi e poltrone l’approccio della storiografia onesta a certi argomenti non è più stato lo stesso ed è fiorito (seppure in sordina) un filone di ricerche volte a far cadere una dietro l’altra le versioni ufficiali di molte vicende del nostro “glorioso passato”.

Gli articoli de Il Discrimine possono essere ripubblicati, integralmente e senza modifiche (compreso il titolo), citando la fonte originale.

There are 2 comments for this article
  1. il discrimine Author at 2:41 pm

    Un breve approfondimento per meglio comprendere alcune questioni trattate nell’articolo:

    Nei primi quattro mesi di guerra la flotta italiana era stata impiegata per scortare i convogli in Africa: quindi c’era la petroliera con la nafta, un incrociatore da una parte e uno dall’altra. Se gli inglesi ci attaccavano beccavano le navi militari che rispondevano al fuoco, mentre mezzi e carburante arrivavano tranquilli alla meta. A un certo punto Supermarina decise di non impiegare più la flotta come scorta ai convogli, che quindi venivano centrati dal mare e dal cielo e affondati in misura di 2/3. Trizzino non si spiegava, se non col sabotaggio, una decisione così idiota. E auspicava che la flotta venisse reimpiegata per far arrivare la roba in Africa (visto che lì ci giocavamo tutto), anziché impegnarsi in improbabili battaglie con la Royal Navy, che aveva un tonnellaggio doppio rispetto a noi.
    Anche Doenitz, dal canto suo, combatté e perse una battaglia simile: Doenitz aveva capito che in mare aperto sarebbe stato inutile affrontare gli inglesi e nel ’38 fece a Hitler la sua proposta: smettere di costruire ogni tipo di imbarcazione e triplicare la produzione di U boot. L’Inghilterra circondata dai sommergibili non avrebbe più visto entrare o uscire nulla e, secondo lui, avremmo vinto quasi senza combattere.

    • SEPP at 5:27 am

      Sono curioso di sapere se queste persone, che ancora oggi continuano a comandare in italia tramite la loro discendenza, appartengono a qualche specie di nemico
      naturale che attanaglia tutta la popolazione italiana, oggi come ieri fanno le stesse
      fesserie, tutelandosi con le leggi e la mancanza di coesione delle persone.

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