Ma come abbiamo conciato l’Italia?

MA COME ABBIAMO CONCIATO L’ITALIA?
E, soprattutto, cosa siamo diventati?
Leggete queste tre brevi storie e meditate… (ringrazio gli amici su Facebook che le hanno pubblicate).

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Enrico Toti
(1882-1916)
Patriota ed eroe italiano.

Arruolatosi ad appena quindici anni in Marina, parteciperà a numerose battaglie contro i pirati nel Mar Rosso. Si congederà con onore. Tornato a Roma, città natale, perderà una gamba in seguito ad un incidente tra treni nella stazione in cui lavorava. Allo scoppio della Prima guerra mondiale, chiederà innumerevoli volte di essere arruolato come volontario, domande tutte respinte a causa della sua condizione fisica. Avendo raggiunto in bicicletta (con una sola gamba!) il fronte, parteciperà alla battaglia dell’Isonzo. Il 6 agosto 1916, quando venne dato l’ordine di avanzare, fu il primo a lanciarsi all’attacco. Percorsi 50 metri venne raggiunto da una pallottola. Un commilitone gli si avvicinò per tentare di portarlo al sicuro. Non volle saperne di ripararsi. Rimase al suo posto e continuò a gettare bombe su bombe. Si prese un’altra pallottola in pieno petto. Lo stesso commilitone, pensando che fosse morto, gli si avvicinò per tirarlo da una gamba, ma Toti scalciò. Era ancora vivo. Si rialzò, lanciò la sua stampella verso il nemico e gridò “Io non muoro!”. Verrà colpito da una terza e fatale pallottola in piena fronte. Verrà insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare. Quando un incidente ti porta via la gamba, ma le palle rimangono entrambe ben ferme al loro posto.

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ARALDO DI CROLLALANZA, UN GRANDE ITALIANO

Da: Mario Consoli, “Appuntamento con la Nazione”, in “L’Uomo Libero”, n. 83, marzo 2018, pp. 41-42.

“Il 23 luglio 1930 la terra tremo’ in Basilicata, Campania e Puglia. Epicentro tra Bisaccia e Lacedonia, nei pressi del Monte Vulture. Magnitudo 6.7. Causò la morte di 1404 persone e devasto’ 50 comuni.
Da Roma parti’ immediatamente un treno speciale adibito ai primi soccorsi: con operatori e strumentazioni sanitarie e tecniche, sempre a disposizione su un binario morto dello Scalo San Lorenzo.
Fu subito impiegato l’esercito che, assieme al personale civile, provvide alla rimozione delle macerie, alla cura dei feriti e alla installazione di migliaia di tende. L’acqua potabile fu assicurata da un servizio di autobotti provenienti da Foggia e Avellino, in costante movimento. I 1115 bambini rimasti orfani furono immediatamente inviati in Istituti, Colonie e, in gran parte, presso famiglie affidatarie del territorio limitrofo, per non far perdere ai malcapitati il senso di radicamento con la terra d’origine. Il 7 agosto la fase di emergenza era conclusa e si passò a quella della ricostruzione.
Il governo inviò, per dirigere personalmente i lavori, il ministro Araldo Di Crollalanza* che, fino al raggiungimento degli obiettivi prefissati, alloggio’ su un vagone ferroviario in un treno che si spostava tra le stazioni delle zone terremotate.
Il 28 ottobre, solo tre mesi dopo il tragico evento, furono consegnate alla popolazione 3746 unità abitative asismiche e, contemporaneamente, furono ultimati i lavori di riparazione di 5190 case.
Mussolini accolse il ministro Di Crollalanza, al suo ritorno a Roma, con queste parole:

<Lo Stato italiano la ringrazia non per aver ricostruito in pochi mesi, perché era suo preciso dovere, ma la ringrazia per aver fatto risparmiare all’erario cinquecentomila lire>.
I lavori, a consuntivo, erano costati meno di quanto preventivato.

Cinquant’anni dopo, un altro terremoto, quello dell’Irpinia, colpì la stessa zona e passò alla storia per i mancati soccorsi prestati alla popolazione, clamorosamente evidenziati dallo stesso Presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Ebbene, in occasione di quel sisma nessuna delle case fatte costruire dal ministro Di Crollalanza nel 1930 crollò o subì danni strutturali.
Nei territori interessati ai movimenti tellurici dell’agosto-ottobre 2016 – nella zona dei Monti Sibillini, con magnitudo 6,5 – dopo un anno il 90% delle macerie era ancora accumulato per le strade ed erano state consegnate alla popolazione “senza tetto” meno di 100 “casette” a fronte delle 3620 previste.
Questo è lo spettacolo che si offre quando lo Stato ha perso il collegamento con il popolo e la stella polare della Nazione”.

*”Araldo Di Crollalanza aveva guidato gli squadristi pugliesi nella Marcia su Roma. Nel 1926-28 fu podestà di Bari. Nel 1930-35 ministro dei Lavori Pubblici. Dal 1935 al 1943 fu presidente dell’Opera Nazionale Combattenti, l’Ente preposto alle attività di bonifica nell’Agro Pontino, in Sardegna e in Puglia e alla costruzione di molte nuove città tra cui Littoria (l’attuale Latina), Sabaudia, Pontinia, Aprilia e Pomezia. Tra le opere che diresse Araldo Di Crollalanza vanno ricordate anche la ristrutturazione di Bari e della sua Università, la Fiera del Levante, la trasformazione e fertilizzazione del Tavoliere delle Puglie e la costruzione della Direttissima ferroviaria Firenze-Bologna.
Aderì alla RSI, durante la quale fu Commissario straordinario per il Senato e la Camera. Arrestato nel giugno 1946, dopo un mese di carcerazione, fu processato e prosciolto. Nel 1953 i pugliesi lo elessero senatore – come indipendente nelle liste del Msi – riconfermandolo per sette legislature consecutive fino alla morte, nel 1986. Nonostante il perdurare del clima di criminalizzazione antifascista, a lui è intitolato un tratto del Lungomare di Bari, e piazze e vie di molti paesi e città, tra cui Latina, Aprilia, Altamura e Monopoli”.

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FINE DEL CENTENARIO / 20

IL PADRE SOLDATO SCRIVE AL SUO BAMBINO CHE NON VEDRA’ MAI PIU’

1Somma Lombarda 1916
Amatissimo figlio Giovanni,
benché piccolo ed innocente bambino, tuo padre, tanto lontano, che forse a rivederlo non lo riconosceresti, vuole darti un consiglio che terrai a memoria fino a che avrai conoscenza: per tutta la vita ubbidisci alla tua mamma, siili fedele e affettuoso non mancando mai ai suoi detti, rispetta i vecchi e aiuta i poveri, adempi i tuoi doveri verso il prossimo e verso la tua Patria.
Sii virtuoso nei tuoi sentimenti e vedrai che Dio ti darà la Santa Benedizione come te la offre tuo padre ora che si trova fra la vita e la morte.
Questo sarà un mio ricordo, un mio testamento se la sfortuna a me toccasse di non rivederti assieme a mamma e al tuo caro fratello, e ti raccomando di dare anche a lui i dovuti consigli quando sarai nell’essere di conoscenza. Ma se la fortuna mi assiste per poter ritornare sarà e dovrà restare conservata questa carta come una memoria eterna nell’avvenire.
Con la penna non posso dirti quanto soffre il tuo genitore per sé e per la sua Patria; tutto è dovuto all’istinto di conservazione di questa vita, tutte le sofferenze ed i disagi, la morte momentanea che legge impone, come quella che si impose al nostro Altissimo Creatore Iddio, che morì per noi sul patibolo della Santa Croce.
Amato figlio, avrei troppo da narrarti e benché tuo padre non è tanto padrone della penna e della lingua con questo poco scritto ti inculca generosità ed educazione.
Mi piange il cuore a doverti dire questo e ne avrei ancora, ma non posso perché dovrei rigare queste pagine di pianto.
Stai buono, educato ed obbediente, ama le tue nonne e mostrale sempre ed ovunque il tuo rispetto, abbi per ultimo ancora tanto rispetto per il nonno Nicolaio che il tuo padre tiene in cuore come memoria.
Basta. Baci ad Emanuele e mamma, tanti alle nonne e nonno, zie e zii tutti.
Ti bacia tanto tuo padre che tanto ti pensa.
Rum Stefano fu Giovanni.

NOTA: il figlio minore di Stefano Rum aveva allora 4 anni. Stefano morì a fine guerra per una polmonite contratta al fronte.
(lettera dal sito www.tapum.it)

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