Enrica Perucchietti, Le origini occulte della musica. Vol II: dai Queen a Marilyn Manson, Uno, Orbassano 2015
di Enrico Galoppini
Il secondo volume della trilogia di Enrica Perucchietti incentrata su Le origini occulte della musica. Dai Queen a Marilyn Manson, avrebbe potuto recare come sottotitolo: “Dalla tragedia alla farsa”.
In attesa di leggere il terzo volume (Il canto delle sirene. Da Madonna a Lady Gaga), si può tranquillamente affermare che, dopo quanto abbiamo scritto in sede di recensione del primo volume, tutto era virtualmente già inscritto nelle produzioni dei primi “musicisti” (Da Mozart agli anni Settanta), i quali avevano posto le basi per quel ruolo nefasto della musica di massa moderna che poi avrebbe dilagato dagli anni Ottanta in poi. Anche grazie ai cosiddetti “videoclip”, che han finito per rendere “guardata” la musica, più che ascoltata, e nei quali l’impeto distruttivo degli strateghi di questo show business ha avuto modo di esplicarsi senza più alcun freno inibitorio.
La corruzione sulla terra ha così continuato a spargersi, poiché le menti indifese delle masse si sono affidate a false guide, che in realtà, leggendo le loro biografie, avevano tanto bisogno, a loro volta, di essere guidate. Stiamo parlando infatti di “artisti” sovente tristi, soli, con gravi problemi irrisolti, i quali sul palcoscenico e nel “personaggio” che si sono costruiti hanno creduto, a livello personale, di operare la classica fuga in avanti, mentre ad un livello pubblico hanno avuto l’opportunità di diventare, anche solo per gioco, dei semidei osannati dal loro pubblico.
Personalità fragili, talvolta ben oltre i limiti della follia, ma con quel “carisma” utile per essere adocchiate da qualche “mago” come i necessari medium per far passare, tra masse ignare dei reali termini dell’operazione, influenze le più nefaste e dissolventi per la tenuta dei fondamenti della personalità umana. Gli agenti della cosiddetta “contro-iniziazione”, difatti, per poter centrare il loro obiettivo, e cioè la diffusione di determinati stati d’animo, sono costantemente alla ricerca di “artisti” (cantanti, pittori, cineasti ecc.) da utilizzare come il classico pifferaio magico della fiaba che l’Autrice ama ricordare spesso come paradigma del ruolo svolto da questi “occultisti” prestati alla musica o, ribaltando l’ordine dei fattori il che è lo stesso, musicisti impelagati nelle paludi dell’occulto.
Per la verità, alcune “star” della musica contemporanea passate qui in rassegna non sembrano – secondo la Perucchietti – essere ascrivibili al 100% a quel Maligno che, viceversa, trasuda dalle gesta di svariate band e cantanti passati in rassegna nei tre volumi della trilogia. È il caso, per esempio, di Freddie Mercury (cap. 1), e ancor di più di Michael Jackson (cap. 4), i quali per motivi diversi erano per così dire prigionieri del loro personaggio ma fondamentalmente erano delle persone buone.
La vita privata di molte di queste rockstar (o popstar) è decisamente triste, spesso per motivi che risalgono alla loro infanzia, così non sorprende che furboni e profittatori d’ogni risma, compresi degli pseudo-iniziati, sfruttino il loro successo per veicolare nelle masse adoranti concetti e pratiche del peggior occultismo. Il quale, va detto esplicitamente, conduce alla pura e semplice distruzione dell’essere umano perché i demoni non aspettano altro che impossessarsene per farne il proprio burattino.
E poi, in mezzo a questo marasma di forze scatenate, ci sono pure quelli che più che altro si atteggiano. In alcuni casi – come accennavamo proponendo il sottotitolo “Dalla tragedia (e cioè da ambienti e personaggi effettivamente coinvolti in prima persona nell’occulto e, a loro modo, con un loro “spessore” seppur perverso) alla farsa” – gli anni Ottanta ci hanno proposto anche dei fenomeni puramente esteriori e “spettacolari”, come quello di Ozzy Osbourne, il quale, come i Black Sabbath (cap. 6), ha espressamente dichiarato, più volte, di non credere assolutamente a tutto quel repertorio “satanico” al centro delle sue liriche. Pure un fenomeno evidentemente allarmante come Marilyn Manson sembra più che altro bluffare, o perlomeno non essere così addentro a certe pratiche occulte esplicite come altri “artisti” quali i Coven e i Black Widow (cap. 5).
Ma poiché il Maligno ama travestirsi anche in maniera “rassicurante”, il lettore meno accorto nello scegliere le sue “guide spirituali” troverà un certo giovamento nel leggere il cap. 9, dedicato all’influenza dello scrittore Paulo Coelho sul musicista Raul Seixas e non solo. Qui si ha a che fare con “entità” come minimo “spurie” che comunicano con individui “sensitivi” come lo stesso Coelho o il famoso Carlo Santana (cap. 10), il quale ha sempre sostenuto di essere in contatto con entità “angeliche”.
Al lettore il non troppo difficile compito di stabilire – anche se l’esposizione “professionale” dell’Autrice non propende per giudizi di valore – se tali “contatti” siano di segno luminoso o oscuro. La vita, le parole e l’influenza di questo o quel “divo” della musica contemporanea costituiranno una facile bussola, sempre che si possiedano gli strumenti adeguati per discernere.
Il problema, nella nostra epoca, è proprio che la stragrande maggioranza delle persone non solo non dispone di una “cultura” tramite cui interpretare fenomeni come quello della musica contemporanea, ma, peggio ancora, non sa assolutamente come difendersi (né peraltro sembra volerlo fare) dagli attacchi portati, anche sull’onda di una melodia (per non parlare delle strofe) di una canzone apparentemente “innocua” ed invece ‘captata’ affinché sciamasse in questo mondo e svolgere il suo compito.
Alcuni studiosi della materia, trattando della cosiddetta “musica satanica”, hanno puntato il dito sui casi di suicidio (rituale o meno) indotti da determinate canzoni. Un problema minore, questo, al confronto con una ben più pervasiva e capillare influenza nella vita quotidiana di tutti quei “fan” (che fa rima con Pan, il “dio” particolarmente caro ai cantanti moderni in odor d’occulto) che anche senza arrivare al suicidio si sono drogati come i loro “idoli”, ne hanno imitato le scelleratezze e, quand’anche hanno condotto, malgrado tutto, un’esistenza “ordinaria”, si sono a tal punto rimbambiti a forza di prendersi come guida dei falliti che il danno per se stessi e la società in cui circolano può dirsi a tutti gli effetti catastrofico.
In mezzo a tanto squallore e inquietudine, l’ultimo capitolo, dedicato ai Nirvana e a Kurt Cobain (l’ultimo “mito” del rock), lascia solo con l’amaro in bocca. Il solito ragazzo americano con un’infanzia difficile, un’adolescenza sgangherata e tanta, tanta tristezza dentro, che non trova altro modo per lenirla che autodistruggersi ed urlare ai quattro angoli del mondo la propria rabbia, e che alla fine (forse) si toglie la vita quando anche la “maschera” della rockstar non basta più. Ecco, forse in questa storia non a lieto fine c’è come la metafora di quello che è effettivamente il mondo moderno senza Dio: uno spettacolo scintillante e meraviglioso, che a dispetto dell’apparenza produce vuoto e tristezza. Ed è probabilmente per questo che molti giovani – rockstar comprese – provano a riempire questo vuoto con la musica ed i suoi “modelli”, senza badare troppo a che cosa veicola ed ignorando, barattandola con pochi minuti di adrenalina, quale sia la via per un’esistenza piena e felice.
In merito a cineasti in veste di ” pifferai magici ” ecc. vidi l’altra sera su RAI – Storia, il film ” La caduta degli dei ” del regista Luchino Visconti ( il noto nobile / comunista immortalato dal pittore Guttuso nel celebre quadro raffigurante i funerali di Togliatti ), film che, anche se il suo scopo apparente sembrerebbe quello di denuncia di un connubio ( reale o presunto, non saprei ) fra capitalismo e nazionalsocialismo , rientra, a mio parere, a pieno titolo, fra quelle composizioni che , anche in relazione alla componente psicoanalitica, qui evidentissima, odorano di zolfo, la storia della disgregazione di una famiglia appartenente alla grande industria tedesca , ivi narrata , meno, a mio parere ,dipendendo, da passioni umanissime quali la sete di ricchezza e di potere , con tutte le conseguenze alleanze, con chi , in un dato momento storico, detenga quello che, fra tutti i poteri , è il più decisivo, cioè il potere politico ( nella fattispecie il partito nazionalsocialista ), piuttosto che dallo scatenamento di pulsioni di natura tale da non potere non ricollegarsi ( per questo accennavo sopra all’aspetto psicoanalitico della vicenda narrata dal film ) ad una origine individuabile nei bassifondi dell’individualità, negli strati dell’esistenza più inferi e che sono le pulsioni che, insieme ai personaggi che ne sono portatori, si affermeranno definitivamente al termine vicenda, non trovando sul loro cammino praticamente ostacoli, di tal che non si potrebbe nemmeno dire che il film ripeto lo schema ” classico” della lotta fra forze del ” bene” e forze del ” male” ( quale che possa essere infine l’esito della lotta ) , rappresentando puramente e semplicemente, come sopra accennato, lo scatenamento di quest’ultime ( che poi questo sia registrato avvenire nella Germania di una certa epoca piuttosto che altrove o in un altro tempo, mi pare circostanza alquanto irrilevante, quello che conta , e che veramente preoccupa, essendo l’abbassamento di certe paratie difensive , dando libero sfogo a quelle orde di ” Gog e Magog “- cui aveva messo un freno Iskander dhul Kurnain, Alessandro il Macedone- cosa che, quali possano essere state le intenzioni dell’Autore, anche le più rispettabili, di fatto è quanto fa il film ) .
Fra tutti i personaggi ( l’ufficiale nazista è una sorta di Lucifero tentatore che , di gradino in gradino, inducendolo all’omicidio , spinge quello che oggi definiremmo un ” manager” dell’industria , interpretato dall’attore Dirk Bogarde, all’inizio della vicenda un normale borghese, al fondo dell’abiezione ) quello più significativo , nella linea sopra segnalata, resta comunque il rampollo della grande famiglia, nel film l’attore Helmut Berger, probabilmente bisessuale, certamente pedofilo ( ha rapporti con una bambina che poi si suicida ), costringe all’incesto la madre, che alla fine uccide insieme all’amante ( Dirk Bogarde ) .
Ancorché dallo svolgimento del film , non si possa negare il giudizio di disvalore dato dall’Autore sulla vicenda e i suoi personaggi ( anche se la vicenda stessa è tale da fare pensare che chi se l’è inventata, forse qualche… problemino ce l’aveva anche lui ) , vi è tuttavia nel film, parimenti evidente, anche una sorta di compiacimento estetico relativamente all’involucro in cui esso si svolge ( il bel castello, l’ambiente raffinato, i begli arredi, la bella gente, le belle donne, lo champagne che corre a fiumi, anche immediatamente prima e immediatamente dopo ogni omicidio …) , e non si capisce bene se ( al di là del giudizio “politico”, di condanna del nazismo, che è evidente ) sia il giudizio morale a prevalere comunque su quello “estetico”, o se sia l’inverso , e ciò a dimostrazione ( sempre a modesto parere di chi scrive ) che l’avere fatto la guardia d’onore al feretro del Gran Corifeo del partito del materialismo storico , non è una garanzia che ti metta al sicuro da certe influenze.
Se fosse solo la musica corrotta, ci si potrebbe anche stare, purtroppo, tutto e’ corrotto, l’acqua, il cibo, l’economia, la moneta, i giornalisti, i governanti, le “donne” le scuole, le universita’ la televisione, la radio, lo sport, il vestiario, la storia, il vecchio e nuovo Testamento, il cinema, il cuore dell’uomo e donna. Daltronde lo si doveva immaginare, la diga di contenimento costruita a suo tempo purtoppo e’ stata abbattuta (Deryal gourge 42 g, 44’ 45.16” N 44 g, 37’ 26.16”E) e i karzari, sono a piede libero, (convertiti giudei e convertiti cristiani) infatti hanno corrotto la terra. E’ chiaro come l’acqua cristallina l’inevitabile profezia si e’ tradotta in realta’. E’da notare che il mare di Tiberiade ( Kinneret) e’ sceso sotto il livello della linea rossa (-213.18) infatti al 4 settembre il livello e’ sceso a -213.36 e se ancora non dovesse bastare la Parola lo conferma (19:94 & 21:96-7). Bisogna pur dirlo: Gog e Magog sono i corruttori,che tradotto in termini espliciti e’ il popolo karzaro e per meglio capirci sono gli ebrei aschenaziti.