Massimo Jevolella, Le radici islamiche dell’Europa, Boroli Editore, Milano 2005

di Enrico Galoppini

radici_islamicheSgombriamo subito lo spazio da un equivoco che potrebbe ingenerare involontariamente il titolo del libro. L’Autore non intende sostenere che le “radici dell’Europa” siano esclusivamente islamiche. Si tranquillizzino dunque gli islamofobi più scalmanati.

Certo, però, una volta chiarito che oggetto del libro è il riconoscimento di un “travaso di civiltà” verso l’Europa dalle terre dell’Islam mentre la prima faticava ad uscire ancora dal trauma del crollo dell’Impero romano, non siamo del tutto sicuri di aver placato i furori di tutti quelli che, come sentono parlare d’Islam, cominciano ad agitarsi e a sudar freddo.

Ma bisogna farsene una ragione: esistono anche le “radici islamiche” dell’Europa. Non solo quelle greco-romane e/o giudaico-cristiane, tanto per citare le due più gettonate (e strumentalizzate).

Di prim’acchito uno potrebbe contestare che no, non è possibile, perché tutti questi musulmani e le loro moschee non s’erano mai visti da queste parti. Eh, fosse così semplice la questione… E ci voleva qualcuno che si prendesse la briga di spiegarla, con stile divulgativo ma dall’alto di una notevole preparazione in materia.

E con tanta, tanta buona volontà.

Sì, perché di questi tempi, un Massimo Jevolella che si mette a raccontare – rimandando il lettore a fondamentali riferimenti bibliografici – che l’immagine dell’Islam e del suo Profeta è stata condizionata dalle trasformazioni politiche e culturali del “vecchio continente”; che “il sapore dell’estasi” (cap. 2) accomuna Dante Alighieri, la sua Commedia e l’Ascensione proprio di quel terribile “Maometto”…[1] ; che le origini della poesia “cortese” e del relativo concetto di “amore” sono assolutamente islamiche; che tra spiriti elevati non esistono barriere religiose o “culturali” di sorta (Federico II, San Francesco, il massimo_jevolellaSaladino, il sultano ayyubide d’Egitto); che la civiltà islamica al suo apogeo ha sempre esaltato la ricerca della “scienza” – di una scienza primariamente rivolta all’edificazione di sé – ovunque essa fosse disponibile (cap. 5), e che a sua volta l’ha messa a disposizione anche del “nemico” (si pensi alle matematiche, alle conoscenze mediche…); che il viaggio in Oriente, in special modo quello tra i musulmani, ha rappresentato, quando gli europei si sono sentiti più forti, un elemento importante nella definizione della loro identità. Insomma, uno che si prende la briga di condensare in sole 141 pagine la ricchezza e l’inestimabile dono di cultura e sapienza che ci è arrivato dalla civiltà islamica, in tempi di terror panico per ciò che concerne i “seguaci di Allah” non può che appartenere all’evangelica schiera degli uomini di buona volontà.

Quelli che, invece di seminare discordia, cercano di metter pace. Perché la prima è facile a spargersi, anche in mezzo a tanta “erudizione”; la seconda comporta un enorme sforzo di autocontrollo. Non è forse anche questa una forma di jihâd?

Le radici islamiche dell’Europa entra così a far parte di quei libri che non dovrebbero mancare dalla biblioteca di un ministro degli Esteri o di un ministro della Cultura. E, diciamocelo pure, dalle biblioteche di tutti quegli esagitati che in nome di un preteso “Islam delle origini”, assolutamente “puro” ed “incontaminato” che oggi essi sarebbero in grado di riproporre, si permettono d’infamare il nome di Dio perché, anziché “cercare la scienza, fosse pure in Cina” (detto profetico), ricercano con un “martirio” ben poco ascetico e molto “moderno” (perché intriso d’odio) la scorciatoia per il Paradiso.

corano_libropaceForse, a tutti costoro – gli uni adusi ad accodarsi alle “missioni di civiltà” occidentali, gli altri sclerotizzati al punto dal condannare come “innovazione” tutto quello che non s’inquadra nel loro sistema ideologico – farebbe bene ricordarsi che Wa lâ Ghâliba illâ Llâh (Non vi è Vincitore se non Allah).

A questa verità assoluta, scolpita a ripetizione nell’Alhambra, Jevolella dedica il capitolo 3 del suo libro, tra i cui ulteriori pregi si annovera quello di chiarire, pagina dopo pagina, che interminabili querelle come il conflitto tra “scienza e fede” sono puramente oziose perché partono da un presupposto sbagliato. La religione, purtroppo, salvo rari periodi aurei (come quello “islamico” qui indagato che va grosso modo dalle origini alla conquista mongola della Siria), è rimasta a tutte le latitudini ostaggio di persone inadeguate, che per puntellare il loro potere hanno frapposto una miriade di ostacoli ad un “progresso” in determinate scienze che comunque ha innegabilmente migliorato, dal punto di vista materiale, l’esistenza della persone. Mentre a Cordova o a Baghdad si godeva di quelli che oggi chiameremmo i “comfort” e si veniva curati persino per le malattie mentali, in Europa si moriva per un raffreddore e a chi soffriva di qualche turba psichica non si trovava di meglio che impartirgli digiuni e penitenze.

libro_dei_cerchiMa la fine della storia qual è stata? Che oggi, tutto questo “progresso” s’è per così dire inorgoglito, e se agli europei, trasformatisi in “occidentali” in opposizione agli “orientali”, esso ha dato alla testa facendo loro dimenticare che, alla fine, anche di una lavatrice o di un frigorifero dovrebbero sempre ringraziare Iddio, ai musulmani che se lo son visto arrivare tra capo e collo, senza alcuna “metabolizzazione” (nel bene e nel male), esso ha prodotto più d’uno sconquasso cui il cosiddetto “fondamentalismo” tenta di dare una risposta.

Ma forse “la religione non è cosa per tutti”, verrebbe da dire. Col che ci troviamo d’accordo con Jevolella quando qua e là, nel suo affascinante affresco, prende apertamente le parti dell’Islam dei “mistici”, e non di quei “dottori della legge” che, assieme ad una “scienza” e una “tecnica” senz’anima, hanno saputo produrre i peggiori obbrobri “islamici”.

Ma questa è storia di oggi, mentre quella che Massimo Jevolella invita il lettore a ripercorrere per sommi capi è quella che – grazie ad una trasmissione del sapere che proveniva dalla Persia, dall’India e, per l’appunto dalla Cina (non solo dalla Grecia…) – possiamo, senza temere le rimostranze di qualche islamofobo, assumere a pieno titolo tra le radici islamiche dell’Europa.

Note:

[1] Sarà utile ricordare che la Luni Editrice ha riproposto nel 2014 la ristampa della traduzione dello studio di Don Miguel Asín Palacios, Dante e l’Islam, pubblicato per la prima volta in Spagna nel 1919 (prima traduzione italiana: Pratiche Editrice, Parma 1994).

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