Grecia 1 – Figli di Troika 0

di Michele Rallo

euroburocratiNon riescono proprio a nasconderlo: i figli di troika sono incazzati. Avevano sperato a lungo in un miracolo, sforzandosi di credere a quei sondaggi falsi – diffusi dai media del mondo intero fino al giorno stesso delle consultazioni – secondo cui a prevalere nel referendum ellenico sarebbero stati alla fine i “sì”. Fidavano sulla solita campagna di terrorismo mediatico, sulla paura per il “salto nel buio”, sulle file ai bancomat, e su tutto l’ambaradan del suicidio assistito (“riforme strutturali”, “sacrifici necessari”, “rigore non disgiunto dalla crescita”, eccetera). Ma i greci non ci sono cascati.

Non che qualcuno si illudesse che la vittoria dei “no” avrebbe risolto tutto, come con un colpo di bacchetta magica. I greci sapevano e sanno benissimo che saranno puniti per avere detto “basta”. Sanno che dovranno affrontare alcuni anni di grandi difficoltà prima di poter riprendere una vita “normale”. Ma sanno anche  – vivaddio – che dopo alcuni anni, per l’appunto, potranno iniziare a ricostruire il Paese, come dopo una guerra perduta.

Viceversa, madama Merkel, gli organismi europei e quelli che sono pudicamente indicati come “i creditori” pretendevano che i greci votassero “sì”; che votassero – cioè – per continuare a farsi torturare all’infinito, lentamente, crudelmente, al solo scopo di tirare fuori un altro po’ di soldi in più, da bruciare nel pagamento degli interessi di un debito pubblico di dimensioni tali da risultare inestinguibile. Esattamente come (sia detto tra parentesi) il debito pubblico italiano. Chiusa parentesi.

troikaAdesso – vedrete – i figli di troika cambieranno registro. Passati pochi giorni necessari a salvare la faccia alla Cancellierona e agli altri falchi, la Grecia sarà oggetto di un corteggiamento stringente, asfissiante, affinché si assoggetti almeno ad un compromesso, accettando magari riforme un po’ meno cruente, o una sforbiciata al suo debito, o una dilazione dei pagamenti, o un mix di tutti questi elementi. L’importante è che Tsipras si moderi, si contenga, non continui nella direzione voluta dagli elettori. Una direzione che – se venisse coerentemente seguita – porterebbe dritto dritto ad altre tre tappe: l’uscita dalla zona euro, poi l’uscita dall’Unione Europea e, come terza tappa e logica conclusione, l’ingresso della Grecia nel club “euroasiatico” guidato dalla Russia.

Alexis Tsipras avrà questo coraggio? Non lo so, ma alcuni segnali appaiono piuttosto ambigui. Il premier ellenico ha lasciato andar via il suo Ministro delle Finanze, Varoufakis – uomo-simbolo della contrapposizione alla troika – ed ha preparato una contro-proposta da sottoporre all’Unione Europea. Una controproposta che definirei “di unità nazionale”, perché sottoscritta anche dai partiti di opposizione (tranne Alba Dorata, che è su posizioni antieuropee ancora più radicali), quasi a configurare una nuova fase di “ragionevolezza” con cui tentare di salvare capra e cavoli.

Mai come in questa occasione, però, capra e cavoli non possono essere salvati insieme: o si salva la Grecia e il suo popolo, o si salva l’€uro tedesco, la dis-Unione Europea, la finanza usuraia e la strategia militare antirussa di Barack Obama.

nuova-dracma-greciaE dirò di più: neanche il semplice ritorno alla dracma sarà sufficiente a salvare la Grecia, se la nuova dracma dovesse essere – come l’euro – proprietà di una “banca centrale” di natura privatistica. La salvezza per la Grecia – come per tutte le altre Nazioni – può venire soltanto dal riappropriarsi del diritto di creare la propria moneta attraverso una banca nazionale, non “centrale” ma “di Stato”; e, parallelamente, dal rifiuto di farsi prestare il denaro dalle banche private, dietro pagamento di salatissimi interessi. È l’unico sistema per uscire dal giro dello strozzinaggio finanziario. Altrimenti, il popolo greco sarà chiamato ancòra a fare sacrifici (sempre più duri) per pagare gli interessi su un debito pubblico in costante crescita. È un banale calcolo matematico, che faremmo bene a tenere a mente anche noi italiani.

Poi c’è l’insegnamento della cronaca nera: pagare gli interessi agli strozzini non estingue il debito; serve soltanto a rimandare il momento in cui al debitore saranno spezzate le gambe.

Speriamo che Tsipras, forte dell’eccezionale investitura popolare ricevuta domenica, tenga gli occhi bene aperti, e non si lasci abbindolare dal nuovo corso ruffiano che – vedrete – sarà messo in campo da Juncker, Draghi, Lagarde e, soprattutto, dal padrone del mondo: il Premio Nobel “per la Pace” Barack Obama, che ha un disperato bisogno di ricondurre all’ovile la pecorella greca prima di riprendere la caccia all’orso russo.

Fonte: “Social”, 10 lug. 2015 (per gentile concessione dell’Autore)

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