“Caso Regeni”: a che gioco gioca certa stampa “italiana”?

di Gabriele Pedrini

Un articolo di “Repubblica” incastrerebbe definitivamente al-Sisi per la morte di un povero ricercatore, Giulio Regeni. Il foglio in questione basa tutto su una presunta e-mail rigorosamente anonima inviata al foglio medesimo. Certo.

Secondo “Repubblica” è attendibile e proviene da chi sapeva. Certo.

Secondo il fantomatico anonimo sono coinvolti direttamente al-Sisi, il suo Ministro degli interni e i responsabili della Sicurezza nazionale e dei Servizi segreti. Certo.

Secondo l’e-mail anonima fu infine lo stesso al-Sisi, in una riunione coi summenzionati, a decidere di far ritrovare il corpo di Regeni il giorno dell’importante incontro al Cairo tra Ministro Guidi, rappresentanti del governo egiziano e imprenditori. Certo.

Questo teorema potrebbe reggersi solo su un’idea di fondo retta da tre pilastri:

1) Il presidente e il governo di un Paese di 90 milioni di abitanti, nel pieno di una lotta interna ed esterna contro islamisti e takfiristi, nel pieno di un ricollocamento dell’Egitto tra gli equilibri del Medio oriente, non avrebbe di meglio da fare che pensare a un povero ricercatore, a come torturarlo, a come farne ritrovare le spoglie.

2) Il governo egiziano sarebbe composto da mentecatti che, anziché far sparire il corpo per sempre ed evitare ogni problema, avrebbe invece deciso di far ritrovare il cadavere, con evidenti segni di tortura, proprio in occasione dell’incontro bilaterale Italia-Egitto, e spacciando il tutto per incidente stradale/rapina/movente sessuale.

3) L’insita cattiveria dell’uomo, della politica e degli Stati “orientali”.
(È interessante notare come quelli che abboccano a questo teorema preconcetto siano gli stessi che, dal 2011 in poi, bollano e bandiscono come “complottista” chi sostiene che dietro i “combattenti per la libertà” siriani ci siano ben altri interessi che la democrazia e i diritti)