“To badogliate”: un film sempre in voga nella “Colonia Italia”

di Enrico Galoppini

Come oramai accade da qualche anno a questa parte, anche ieri “alte cariche delle istituzioni” hanno ricordato positivamente e, in qualche caso, celebrato la ricorrenza dell’8 settembre 1943.

A prescindere dal tipo di giudizio storico che si vuol dare su quella data, ciò che significò e ciò che avrebbe potuto significare, assistere a quest’indecoroso spettacolo, pompato ogni anno di più, di “rappresentanti della Nazione” che tessono l’elogio della calata di braghe e del tradimento dà semplicemente il voltastomaco.

Perché in questione è l’uso politico e settario che viene fatto di tutte queste sperticate manifestazioni, non un pacato e sereno giudizio su fatti e uomini di settant’anni fa. Se fosse solo questione di “fatti del passato”, tutto sarebbe stato abbondantemente assorbito e metabolizzato.
Ma qui, di mezzo, c’è una sconfitta militare le cui conseguenze sono tangibili ogni anno che passa con crescente, solare evidenza.

Pertanto, se il “tradimento” dell’8 settembre 1943 può essere materia di dibattito tra gli storici (storici liberi, s’intende, non “organici” alla riproduzione di un consenso), il tradimento di questa cosiddetta “classe dirigente” è un fenomeno di grave malcostume politico foriero delle peggiori sciagure per chi deve subirne le nefaste conseguenze (dalle quali sono naturalmente esclusi gli sciuscià al servizio del Badrone).

A tutti costoro, a tutti questi professionisti del “to badogliate” di destra, di centro e di sinistra, unendomi idealmente a chi non ci sta ad assistere alla glorificazione dell’odio di sé e della guerra civile tra italiani, mi viene da esprimere solo un viscerale ed incommensurabile disprezzo.

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