Riflessioni su fascismo e antifascismo
di Enrico Galoppini
Lo spettacolo di gente che ha ancora tempo da perdere con fascismo/antifascismo, come se questo oggi fosse il problema principale degli italiani è davvero deprimente e sconfortante. Eppure, se facciamo lo sforzo di andare oltre la scorza di una cronaca che ci propone, ad ogni piè sospinto, episodi perlopiù esagerati se non addirittura inventati di sana pianta, e se si è intellettualmente onesti, si deve ammettere come il nemico numero uno di questo assetto di potere, variamente definito come “capitalismo”, “democrazia”, “liberismo” eccetera, sia effettivamente il fascismo, sempre che con tale parola non s’intenda la riproposizione grottesca e caricaturale di ciò che naturalmente non può essere replicato sin nei minimi particolari.
Un concetto, infatti, pare sfuggire ai più: che le idee politiche ed i regimi di cui sono (in varia misura) espressione e plastica realizzazione non “ritornano” mai esattamente allo stesso modo come gli uni e gli altri di questa anacronistica ‘barricata’ sembrano immaginare. Ad ogni buon conto, è possibile (ed è senz’altro l’esercizio più utile da fare) cogliere quali sono gli elementi non contingenti di un’idea politica e di un regime, ovverosia la “visione del mondo” suscettibile (questa sì) di essere ravvivata e riattivata, certamente tenendo conto di determinate condizioni (non si deve far finta che le vicende umane siano avulse dal contesto dell’epoca, altrimenti si finisce per illudersi di vivere nel solo “mondo delle idee”).
Ma qual è l’errore di valutazione degli uni e degli altri? Dei “fascisti” e degli “antifascisti”?
Il problema degli antifascisti è che, nella loro quasi totalità, del fascismo colgono, opponendovisi, aspetti marginali, accessori e nient’affatto specifici ed intimamente caratteristici (come han fatto invece studiosi come De Felice, Gregor, Kunnas ed altri, sia italiani che non, per non parlare dei teorici del fascismo stesso, come Giovanni Gentile o Carlo Costamagna, fino al pensiero di colui senza il quale non staremmo nemmeno a parlare di fascismo, ovvero Benito Mussolini). Se essi fossero un tantino più acuti si accorgerebbero che certi tratti odiosi ed inaccettabili per la loro sensibilità (ed anche per quella di chi scrive!) che associano al fascismo sono ampiamente attribuibili anche, e forse di più, ad altre idee e sistemi politici, i quali, quale più quale meno, si risolvono sostanzialmente nella dittatura di una fazione oligarchica (del censo, della classe, della razza ecc.), con tutti gli annessi e connessi volti a puntellare propagandisticamente tale assetto di potere partigiano e fazioso. Al quale non può non opporsi recisamente un’idea che dicasi propriamente “fascista” in quanto, com’è evidente, un “fascio” è in sostanza un’unità d’intenti e perciò d’individualità che, esprimendola, perseguono il medesimo scopo. Diverso da quello degli antifascisti militanti accecati dall’odio è invece il discorso da fare per chi tira le fila dell’antifascismo (le cosiddette “centrali dell’antifascismo” che alimentano l’idea di un “fascismo eterno” quale Male assoluto che incombe sul “migliore del mondi possibili”), perché a mio parere egli sa benissimo dove va a parare, avendo individuato perché il fascismo, nella sua essenza (per dirla con Giorgio Locchi che a questo tema dedicò un breve saggio), è il nemico irriducibile di questo come di ogni altro sistema che, per riprendere le parole di Alberto M. Mariantoni, inscena una “simulata societas” (contrattualistica ed ideologica, dunque artificiale) in opposizione insanabile con la “innata societas” (naturale e spontanea, quindi non condizionata da ideologie sovrastrutturali).
Allo stesso modo dell’antifascismo, il variegato modo del post-fascismo o neo-fascismo che dir si voglia non coglie il carattere saliente dell’antifascismo più plateale, scagliandosi (talvolta anche per mere ragioni di sopravvivenza fisica) contro quello e basta, quando potrebbe facilmente realizzare, se si sforzasse di riflettere sull’essenza del fascismo (e non sulle questioni di contorno o su questioni che non gli furono affatto pertinenti benché con gli ‘occhiali’ di oggi si potrebbe pensare il contrario), che tutto questo andazzo, di sinistra, di centro e… di destra (!) è – e non potrebbe essere diversamente – antifascista!
Il nucleo essenziale del fascismo andrebbe difatti individuato nella supremazia dello Stato etico corporativo, e se solo si riflette sul fatto che, ai nostri giorni, lo Stato è un guscio vuoto senza più alcuna autorevolezza (ma mantenuto per imporre la dittatura dei “poteri forti”), l’etica è ostaggio di tutte le astruserie possibili espresse da “comunità” avanguardie delle magnifiche sorti e progressive, ed i produttori, vampirizzati dagli speculatori, sono relegati ai margini della politica, si comprende come questo sistema non può che essere definito come l’antifascismo realizzato, elevato a prassi e a normalità, perché il potere delle oligarchie del denaro e degli “adelfi della dissoluzione” non può che vedere come il fumo negli occhi idee suscettibili, una volta messe in pratica, di mettergli i classici bastoni tra le ruote.
Non c’è da commentare molto su questa storia fritta e rifritta su olio esausto, dell’antifascismo odierno salvo è talmente radicato che – come diceva un certo De Curtis – “mi sa tanto di bruciaticcio”…..