Propaganda anti-iraniana e affari a ramengo

di Enrico Galoppini

sakineh_iran_nuovaVi siete mai chiesti perché sull’Iran, a cadenza regolare e con un’insistenza a dir poco sospetta, vengono fatte circolare sempre notizie allarmanti?

Queste “notizie“, che sarà bene virgolettare onde far capire che trattasi di invenzioni (del tutto, in parte o anche semplicemente distorcendo alcuni particolari e omettendone altri), hanno un unico obiettivo: gettare discredito sulla Repubblica Islamica dell’Iran e la sua dirigenza, ma anche sul modo di vita del popolo iraniano e la sua visione del mondo; e, in seconda battuta, creare difficoltà a non finire nei rapporti tra l’Italia (e gli altri Paesi occidentali) ed il grande Paese mediorientale. Si tenga bene a mente quest’ultimo punto perché ci torneremo in seguito.

Le “notizie” cosiddette vengono sempre ben studiate a tavolino da appositi “fabbricanti” e poi diramate a tutte le agenzie compiacenti. Le donne (come categoria di “vittime”) e la pena di morte la fanno da padrona, col risultato che l’orrore e la disapprovazione del pubblico occidentale sono assicurati in partenza.

Eppure è lo stesso pubblico che non trova affatto disdicevole e orribile – tanto per dirne una – i bombardamenti dei civili, dalla Palestina all’Iraq, all’Afghanistan. Le informazioni al riguardo sono alla portata di tutti, nell’era di internet, ma tutto ciò non scalfisce minimamente l’intima convinzione dell’occidentale medio che quella “gentaglia” si meriti un simile trattamento. Tutt’al più si è disposti a criticare blandamente, a riconoscere certi “eccessi”, ma sempre anteponendo le “ragioni” dei vari “esportatori di civiltà”.

Ma con l’Iran non riescono a fare quello che desiderano ardentemente dal 1979, perciò tengono in caldo il pubblico con queste “notizie” che occupano la scena per qualche giorno, per poi lasciare il campo subito ad un’altra storia strappalacrime per la quale s’accalorano “attivisti” e paladini dei “diritti umani” a senso unico.

La pena di morte, poi, non è un’esclusiva dell’Iran (chi sa che in Giappone è applicata con notevole frequenza?), ed anche solo restando nell’ambito dei Paesi a maggioranza islamica vi è da rilevare l’assoluto silenzio mediatico occidentale concernente le esecuzioni capitali nei Paesi dei Golfo. Pecunia non olet.

Il fatto più clamoroso relativo a questo continuo stillicidio di “notizie” negative sull’Iran è però un altro. Picchia oggi e picchia domani, questo “bombardamento etico” induce anche gli operatori economici e commerciali a cambiare idea sulla possibilità di concludere affari con partner della Repubblica Islamica, come se non bastassero le assurde e piratesche “sanzioni” che creano difficoltà a non finire e che naturalmente avvantaggiano le economie dei nostri “alleati”.

Il risultato di questa campagna diffamatoria che utilizza alcuni temi “caldi” in grado di stuzzicare reazioni pavloviane anche in chi dovrebbe esserne avulso (gli affari sono affari, no?), è che fior di contratti che potrebbero essere stipulati da ditte italiane vanno in fumo per il solo fatto che su di essi aleggiano queste “notizie”, con tutta la loro capacità di condizionare menti predisposte a recepirle nel mondo sperato da chi le ha messe in circolazione.

In altre parole, la possibilità di concludere vantaggiosi affari per noi e per loro va in fumo solo perché nel pieno di una di queste campagne diffamatorie capita più sovente di quanto si creda che la controparte italiana si ritiri dall’affare, in preda allo spavento e ai sensi di colpa. È successo e continua a succedere.

Ma simultaneamente, mentre l’Italiano, che per natura è portato ad un eccesso di “sentimentalismo”, si ritira dall’affare pensando pure di aver contribuito a migliorare il mondo, ecco che arriva la compagnia francese o inglese, che alla faccia della “donna oppressa” di turno firma un ottimo contratto a beneficio del suo Paese.

Sarebbe molto interessante avere il tempo e la voglia per seguire la distribuzione spaziale e temporale di queste “notizie”, mappandole in base alla loro frequenza, insistenza e, soprattutto, distribuzione geografica, Paese per Paese.

Siamo quasi sicuri che scopriremmo che il battage su questa o quell’altra “ingiustizia” non è il medesimo in tutti i Paesi occidentali, col che avremmo anche la misura di quanto i “nostri” (altro virgolettato!) media siano effettivamente dalla parte dell’interesse degli italiani.

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