Nuovi ‘progressi’ per i palestinesi: dalla Cis-Giordania al Trans-gender!

di Enrico Galoppini

miss_trans_israeleA volte, una notiziola di poco conto, in grado di suscitare pensieri “automatici” di approvazione o di disapprovazione a seconda di come la si consideri a pelle, nasconde una situazione più complessa, proprio dal punto di vista del messaggio che s’intende veicolare.

Prendiamo l’elezione a “Miss Trans d’Israele” di una giovane “araba cristiana”.

Sorvolando su cosa voglia dire “araba”, in quanto gli israeliani non ebrei sono palestinesi (arabofoni), e dando per acquisito che il femminile (“araba”) indica un maschio trasformatosi in femmina, c’è invece abbastanza da dire al riguardo.

Partiamo dal fatto della vittoria di un rappresentante degli “arabi”.

Gli “arabi”, ovvero i palestinesi, in Israele, dentro e fuori i confini del 1948, contano davvero ben poco, per non dire nulla. Nei cosiddetti “territori occupati” sono trattati alla stregua di “negri” nei loro Bantustan, o di pellerossa nelle famose e tristi “riserve”. In Israele, pur essendo “cittadini israeliani”, assai raramente accedono a ruoli d’una qualche rilevanza.

Però possono diventare “Miss Trans”.

palestina-israeleLa grande preoccupazione degli israeliani, dentro i confini del 1948, è la tendenza degli “arabi” a fare più figli di loro. I demografi israeliani sfornano di continuo studi per dimostrare che la “marea araba” presto sommergerà i rappresentanti del “popolo eletto”. Ma un “trans” non dà grattacapi in tal senso, quindi già per questo rimane un tantino più simpatico – e meritevole di promozione sociale – di quelli che mettono su famiglia con tutti quei fastidiosi marmocchi “arabi”.

Israele, sebbene tutti conoscano l’epopea dei kibbutz (“socialisti” e poco influenzati dal fattore religioso), è fondamentalmente un’impresa di carattere messianico, anche se di una particolare tendenza dell’Ebraismo, tant’è che esistono ebrei religiosi che si oppongono al Sionismo, alla sua ideologia e alle sue realizzazioni in quanto tale impresa profanerebbe il “nome sacro di Israele”. Però lo Stato israeliano è anche un “avamposto dell’Occidente” (strategico ed ideologico), ed è per questo che molti occidentali sono sistematicamente dalla sua parte, qualsiasi cosa faccia. Un avamposto in tutti i sensi, comprese le tendenze più dissolutive e degeneri: il Gay Pride a Tel Aviv è un appuntamento irrinunciabile per i maniaci dell’Unisex dell’ideologia gender.

bergoglio_bnai_berithL’elezione di una “araba”, e per giunta cattolica nata a Nazareth, capace di battere ‘candidate’ sia ebree che musulmane, ha così il potere di rinsaldare, a livello ideologico, il legame con l’Occidente stesso, in quanto secondo alcuni “autorevoli” pensatori è il Giudeo-Cristianesimo, un’invenzione ideologica ad uso e consumo della guerra senza quartiere contro l’Islam, a costituire la radice del mondo moderno ed anche dell’Unione Europea.

Per un altro verso, la “Miss Trans araba” manda un messaggio coordinato con quello delle “primavere arabe” aizzate dall’Occidente (Israele compreso) tramite i suoi servizi d’intelligence: In Israele c’è la libertà mentre nei paesi arabi, dove impera “l’omofobia”, no.

Che poi i palestinesi siano probabilmente i veterani planetari della vessazione, dell’ingiustizia subita e del disconoscimento di ogni loro diritto, dev’essere un dettaglio di poco conto per chi invece ostenta una “Miss Trans araba” come avanguardia del Progresso e della Libertà.

 

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There are 2 comments for this article
  1. Danilo Fabbroni at 9:07 am

    È notizia di poche settimane orsono che in una provincia lombarda si sia mossa un’onda consistente di “opinione pubblica” composta, riferisce con solerzia il giornalucolame locale, “trasversalmente” da “alti magistrati” sino “giù” alla gente “normale”: forse la “casalinga di Voghera” di arbasiniana memoria?, per impedire che certe donne di fede musulmana indossassero il niqāb  in luoghi pubblici.
    Il che potrebbe avere anche un larvato senso giuridico se tale obiezione fosse scagliata a dovere onde preservare la riconoscibilità di ognuno in ogni luogo pubblico: come dire: “non entrare in tabaccheria col casco da motociclista perché in questo modo non so se sei un cliente o un rapinatore”.
    La stessa ottemperanza alle norme giuridiche nonché morali che – ricordiamoci – prendono spunto da un livello etico – giusto o sbagliato che sia, ma fondante rispetto ai parametri sociali che “tengono” assieme, come “collante” la società intera – non vede lo “scandalo” delle frotte di ragazze e di donne che si aggirano con le labbra delle vulva ben in vista a causa dei leggins: ancora una volta due pesi e due misure?
    Ma l’efferato odio – la repulsione – che proviamo dinnanzi alla fessura orizzontale del niqāb da cui traspaiono a stento solo due occhi, noi figli – nostro malgrado! – delle orianefallaci di turno, delle emmebonino di turno (così solerte a difendere la femminilità e tanto pronta a “spengere” il frutto del grembo di ogni donna con l’aborto!) che viene giustificato dietro il paravento delle (presunta) liberazione femminile, svapora come etere al sole quando viene sbandierata ai quattro venti la fessura verticale della vagina coram populo: è forse questo il manifestarsi della vera e propria “liberazione femminile”?
    È – forse – far vedere alla propria figlia di appena sei anni i video di Miley Cirus?
    Purtroppo dobbiamo rispondere di sì, in quanto l’onda magna del mainstream ci porta lì.
    Meglio puttane, cocottes, che in odor di qualsiasi santità, di qualsiasi religione si parli.
    Difatti ci siamo dimenticati che era proprio la religione cattolica che impediva – giustamente – l’entrata in chiesa alle donne sbracciate in segno di rispetto verso il Trascendente e che oggi questa stessa religione ‘piegata’, piegatasi di sua sponte?, ai diktat da gruppo rock – il Papa che dà il benvenuto a Patti Smith, che confabula in un vaniloquio con Scalfari; il quidam di strada che sproloquia: “La Chiesa si deve aggiornare”, come se la Chiesa fosse un programma software giunto a scadenza e quindi soggetto a ‘rinnovamento’ – ammette, visto de visu personalmente, la madre di un battezzante asseduta vicino all’altare in scandalosa minigonna.

    Questo è il “valore”, la condensa precipitata dei “valori” che oggi l’Occidente vuole esportare fino a caput mundi, ovunque e dovunque, come fosse una società di export-import dove l’export è questa marmaglia di disvalori e l’import è l’oppio dei campi afghani, del Triangolo d’Oro, del petrolio saudita et alii, delle armi del Dragone Rosso, et cetera.
    Da qui il brulicare nefasto di focolai di guerra atroce, che crepitano tutti attorno al Mediterraneo del Sud e che costituiscono la cartina di tornasole dell’ennesima manifestazione del Dixia Gongzuo coevo.
    Ieri come oggi.

  2. BENNATO BENNATI at 8:09 pm

    Quanto alla Chiesa Cattolica, è di nuovo sotto attacco , col fatto che” non paga le tasse” ( era questo il tema di una trasmissione televisiva – la ” Gabbia” , mi pare – di qualche sera fa ).
    E per essa, di fronte alle forze dissolventi del secolo, andrà sempre peggio, se i suoi dirigenti , anziché farsi intimorire, rimanere sulla difensiva se non addirittura ammettere le colpe ( vere o presunte ) che le vengono rimproverate, ecc. , non si decideranno a contrattaccare.

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