Il “bullismo” nasce dall’assenza della famiglia e dello Stato
di Enrico Galoppini
Come forse molti di voi avranno saputo, è accaduto che in un Istituto superiore di Torino tre ragazze hanno filmato, deridendola, una loro compagna in preda ad una crisi epilettica.
Il commento-medio di chi legge una notizia simile è del tenore seguente: “bisognerebbe radiarle da tutte le scuole d’Italia”; “andrebbero messe in galera”; “ai lavori forzati, loro e le loro famiglie”! Il minuto d’odio, sì, ma poi?
Adesso non esageriamo. La sospensione di tre giorni con annesso “volontariato” affibbiata alle tre “bulle” è certamente una misura troppo morbida. Ma è inutile indignarsi solo ogni volta che si vengono a sapere episodi del genere, perché sono anni, anzi decenni, che la scuola in Italia va a scatafascio, perché le famiglie vanno a scatafascio, e perché c’è lo Stato che è stato fatto andare a scatafascio.
Insomma, va bene tenere sempre la guardia alta contro simili fenomeni inqualificabili, ma non prendiamocela unilateralmente con l’ultimo anello della catena, che peraltro è il più debole, in quanto, fino a prova contraria, sono i genitori a dover infondere contenuti ai figli, e dovrebbe essere lo Stato, il quale è per così dire la Nazione organizzata, a dover indicare le linee-guida a tutti.
Al punto in cui siamo arrivati, sembra che ogni provvedimento settoriale e limitato non sia più in grado di produrre alcun risultato apprezzabile. Tuttavia, in attesa di una svolta epocale, ovvero la fine di tutto quest’andazzo lassista, deresponsabilizzante ed improntato all’individualismo più sfrenato, anche un divieto assoluto di tenere il telefono in classe sarebbe già qualcosa.
Perché mai uno studente, se davvero la sua mansione è studiare, deve passare il tempo a trastullarsi coi “social” mentre il docente fa lezione? Perché nessun dirigente scolastico (l’ex preside) non ha il coraggio di sfilare dalle mani quest’autentica arma di distrazione? Di che cosa si ha paura facendosi vedere un tantino severi e determinati? Di perdere… “clienti”?
Purtroppo anche questa brutta storia non insegnerà niente a nessuno: né agli studenti, comprese le tre “rieducate” col minimo della pena, che continueranno a scambiarsi centinaia di messaggi al minuto e a filmare tutto e tutti, compresi i professori appena s’azzardano a dire “ah”; né alle famiglie degli studenti, troppo preoccupate di coccolarli nel modo sbagliato semplicemente perché anch’essi sono “sbagliati” (a partire dall’abuso del telefono); né allo Stato, che in mezzo ai fuochi delle successive ed inconcludenti “riforme”, non fa niente per arginare la frana in corso ed anzi fa di tutto per forgiare generazioni d’italiani, prima studenti e poi genitori, e così via, nei quali è completamente assente il senso dello Stato stesso, della famiglia e, nello specifico, di che cosa significhi ricevere un’istruzione.
Non c’è che dire, Marx e Engels, se la ridono sotto i baffi: la distruzione della famiglia e dello Stato ha prodotto proprio una… “buona scuola”!
I marxisti incistiatisi ,fin dall’inizio della Repubblica, nella scuola, hanno sempre mirato a dare il loro contributo , dalla loro importante ” casamatta”, alla distruzione della ” società borghese”, non accorgendosi però che stavano distruggendo la società senza aggettivi.