Tranquilli, il ponte sullo Stretto non si farà

di Enrico Galoppini

Ci risiamo col ponte sullo Stretto, un tormentone che ogni tot di tempo viene propinato agli italiani.

È evidente che l’attuale presidente del Consiglio ha ritirato fuori dal cilindro questa storia del ponte in una situazione in cui ha un estremo bisogno di “sparate” propagandistiche finalizzate a tirargli la volata prima del referendum del 4 dicembre.

Ma a noi, che guardiamo le cose un po’ più in là rispetto alla “gloria” effimera di questo o quel guitto prestato alla politica, interessa capire, al di là dell’una o dell’altra obiezione faziosa, se questo famoso ponte sullo Stretto serve o non serve. Se è, insomma, nell’interesse nazionale, ovvero di pubblica utilità.

Ma per capire meglio la questione bisogna fare una premessa importantissima.

lucky_lucianoLa Sicilia è una regione italiana per modo di dire. L’invasione anglo-americana della nostra terra cominciò proprio da lì, anche grazie ai buoni uffici delle cosche mafiose italo-americane che da lì in poi avrebbero legato le loro sorti a quelle di una “Repubblica Italiana” nata solo ed esclusivamente a seguito di una sconfitta militare.

Ora, sorvolando sul giudizio che si vuol dare sulla nostra partecipazione alla Seconda guerra mondiale, la conduzione delle operazioni belliche ed i loro retroscena (v. alla voce “tradimento”), un fatto è chiaro a tutti: abbiamo perso.

Ed avendo perso siamo stati condannati ad una perpetua sottomissione all’Angloamerica, che ha eletto a sua base operativa per eccellenza proprio la Sicilia. Un’isola stupenda, abitata da gente perlopiù magnifica, accogliente e generosa, ma che essenzialmente per la sua posizione strategica al centro del Mediterraneo ha rappresentato, e rappresenta ancora, una postazione essenziale nel dispositivo militare della Nato, e cioè della solita Angloamerica sotto nuovi camuffamenti.

È piuttosto significativo il fatto che all’inizio dell’occupazione anglo-americana vennero incoraggiati moti separatisti ed indipendentisti nell’isola, con l’evidente intento di saggiare la possibilità, qualora ve ne fosse stato bisogno di fronte alla mal parata, di procedere alla formazione di una specie di Corea o Vietnam del Sud, salvando il salvabile in caso di problemi col governo di Roma, la cui “fedeltà atlantica” era ancora da mettere alla prova dei fatti.

ENRICO MATEI DEVE MORIRE:Layout 1 copia 30Governo di Roma che, all’epoca, sarà anche stato composto da “antifascisti”, che però non erano stupidi e venduti come quelli di oggi, per il semplice fatto che, volenti o nolenti, il clima nel quale erano cresciuti coltivava una virtù come l’amor di Patria, oggi inesistente perché sommerso da una “educazione” funzionale ai rapporti di forza vigenti. In altre parole, nelle compagni governative dell’Italia post-bellica, e soprattutto tra i quadri dei ministeri, per non parlare di personaggi impegnati nella fondamentale “guerra per il petrolio” come Enrico Mattei (il cui aereo fu sabotato in… Sicilia), si trovavano non pochi buoni patrioti, i quali cercavano, pur nelle difficoltà della sudditanza dovuta all’occupazione, di guadagnare alla Patria qualche buona politica a vantaggio dei loro connazionali.

In tale contesto, le varie “mafie”, distribuite capillarmente in tutte le regioni del sud, svolgevano nella nuova situazione post-bellica il ruolo di fiduciari dell’Angloamerica, in particolare per quanto concerne lo spaccio della droga, questo fondamentale elemento della pratica anglo-americana di svuotamento letterale delle coscienze dei loro sudditi più giovani, ma anche un ottimo meccanismo per far tornare sempre e comunque a vantaggio della loro moneta tutto lo sperperio di denari attivato dallo smercio delle varie sostanze stupefacenti.

Le varie “mafie” ringalluzzite dalla presenza dei “liberatori” erano dunque perfette per garantire lo status quo, anche perché si prestavano per vari altri compiti, come quello di killeraggio ad personam e d’infiltrazione/condizionamento della politica governativa.

mori_petaccoOltre a questo, a differenza del ventennio precedente quando comunque qualche cosa di buono era stato fatto col prefetto Mori (per non parlare di una seppur timida “lotta al latifondo” che però non ebbe sviluppi a causa dello scoppio della guerra), dal 1945 in poi le “mafie” servirono a tenere sotto scacco proprio quella numerosa brava gente del sud che, senza la loro presenza soffocante, avrebbe potuto, di concerto con un’azione governativa improntata all’interesse nazionale, contribuire allo sviluppo del Mezzogiorno, che invece, a tutt’oggi, versa in uno stato pietoso sotto più d’un aspetto.

Non si deve dunque sottovalutare l’abbrutimento, la prostrazione morale e la sfiducia dilagante (che condusse a quella tragica migrazione interna che arricchì i signori della Fiat ed altri “pescecani”) dovute in ampie plaghe del Meridione alla presenza dei “mazzieri” dell’Angloamerica.

In tutto questo che cosa c’entra dunque il ponte sullo Stretto?

C’entra e parecchio. E, ripetiamolo, senza troppo curarsi della polemica del giorno sul tale o talaltro ‘prestigiatore’ che ne ripropone, per motivi di piccolo cabotaggio elettorale, la necessità e la prossima futura realizzazione in mezzo ad un sacco di altri “colpi di teatro”.

ponte_bosforoInnanzitutto, varrà la pena fare un confronto con altre opere del genere realizzate in giro per il mondo. Tanto per non dilungarsi troppo, citeremo uno spettacolare ponte sospeso realizzato recentemente in Turchia, sul Bosforo. Due particolari non da poco su quest’opera: la ditta che ha realizzato l’opera è italiana. E l’area su cui insiste questa sorta di nastro sospeso è a rischio sismico. Ergo, l’Italia dispone delle necessarie competenze per realizzare il ponte sullo Stretto, ed evidentemente – sempre che lo si voglia e non si viva in un perenne stato di “incantesimo” – è possibile prendere le misure a rischi che, in altre epoche, avrebbero consigliato di non far nulla.

Dunque queste opere eccezionali sono cose che all’estero, quando servono, si fanno, senza stare a lambiccarsi il cervello su una serie assurda di problemi quali: la maledizione di Scilla e Cariddi; i vaticini nefasti dei professionisti dell’”Antimafia”; gli immancabili “attivisti” che presidieranno lo Stretto; gli uccelli migratori, considerati stupidi come l’uomo, e cioè incapaci di spostarsi di qualche chilometro per fare quel che hanno sempre fatto. Fino all’indefinita serie di obiezioni per le quali c’è sempre una qualche altra “priorità” (buche nelle strade, scuole ed ospedali eccetera), anche quando non esiste alcun nesso logico e sensato tra la “priorità” e l’opera che “non s’ha da fare”.

imbarco_x_messinaOggigiorno, per recarsi in Sicilia, si deve penare non poco. E la situazione è per giunta peggiorata da quando sono andati a ramengo alcuni collegamenti marittimi, con vere e proprie umiliazioni alle quali sono sottoposti sia i siciliani stessi che i turisti. Sarà banale dirlo, ma è inconcepibile, che nel 2016, in uno dei Paesi più industrializzati del mondo, si debbano perdere delle ore per coprire pochi chilometri di mare. A meno che si ritenga che la soluzione stia nel potenziamento del traffico aereo, che è esattamente quel che è avvenuto soprattutto a beneficio di compagnie “low cost” che, in assenza di un adeguato traffico di terra/mare tra il continente e l’isola, hanno fatto affari d’oro in questi ultimi anni, senza che questo prolungamento naturale della penisola fosse vissuto e percepito come parte integrante di un sistema di trasporti, civile e commerciale (si pensi al comparto alimentare), in grado di potenziare tutto il sud Italia e non solo.

Ma con la mentalità imperante, c’è poco da fare. C’è sempre qualche problema “insormontabile”, di norma ammantato da un anatema a sfondo “moralistico” diretto a descrivere i fautori della “grande opera” come “servi del capitale” e conniventi con le “mafie”. Quando invece è vero l’esatto contrario, e cioè che le “mafie”, dietro le quali ci sono i nostri “liberatori”, sono ben contente dello “splendido isolamento” della Sicilia, perché ciò aiuta tutti questi soggetti a farne la loro base strategica nel Mediterraneo onde procedere indisturbati con le guerre a destra e a manca e, diciamocelo francamente, con la “tratta” di esseri umani che vede nella Sicilia, come sempre è stato per secoli, l’approdo fondamentale di chi intende incidere sulla politica italiana ed europea.

Si farà questo ponte sullo Stretto? Io dico di no, fintanto che avremo in casa nostra, a decidere cosa si deve fare (il Muos, per esempio…) e cosa no, forze che ci remano sistematicamente contro.

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There is 1 comment for this article
  1. Aldo at 10:19 am

    Poi al momento buono, come sempre … “mancheranno le risorse” ! Denaro non ce n’è, per le Olimpiadi, per il ponte, per le grandi opere, forse neanche per i terremotati di Amatrice (non perdetevi la comica sulla “flessibilità” delle spese per ricostruzione e messa in sicurezza): c’è il “debito pubblico” da onorare, ragazzi !!

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