La favola del terzo millennio: tutto il mondo in guerra contro l’Isis
di Enrico Galoppini
Pian piano tutti si stanno posizionando nel quadrante mediorientale.
Tra le altre cose, forse l’ISIS serve a questo: a trovare una scusa per darsi convegno da quelle parti per i ‘botti finali’ di questo tempo ‘agli sgoccioli’.
Tutti percepiscono che qualcosa di grosso sta per accadere: “l’agenda” mondialista procede a tappe forzate, tra ideologia “di genere” e “sacrifici necessari” perché “i mercati (o l’Europa) ce li chiedono”; i “grandi della terra” si ritrovano per giorni e giorni a Parigi, capitale dell’angoscia mondiale, ufficialmente per discutere dei “cambiamenti climatici”; il Papa sembra indire un Giubileo straordinario proprio a causa della straordinarietà del momento.
Voci d’ogni tipo si rincorrono su questo “sistema” che è agli sgoccioli: resa dei conti per i creatori di moneta creata dal nulla, col “debito pubblico” degli Stati Uniti ormai dell’ordine di trilioni di dollari? A forza di gonfiarlo, alla fine un palloncino scoppia.
Nel 2015 i nodi stanno venendo tutti al pettine. E il 2012, anche se non è successo “nulla”, deve aver comunque impresso un segnale a quello che vediamo ora susseguirsi a ritmi vertiginosi.
Tutti si concentrano nello stesso posto, contro lo stesso “nemico”. Tra Siria e Iraq. Il che è davvero sbalorditivo. A patto che non si abbia sentore di quel che ci dicono le profezie sui “tempi ultimi”.
E così anche l’Italia mette quattrocentocinquanta “scarponi” a protezione della diga di Mosul perché se quella crollasse Baghdad farebbe la fine di Longarone dopo la frana del Vajont. Eppure Baghdad dista oltre 400km da Mosul… quindi?
Va bene, siamo là con una bella commessa per la messa in sicurezza della diga. E allora diciamolo pure che i militari verranno utilizzati per garantire lauti guadagni ad un’azienda privata. Alla faccia del “libero mercato”, dove la famosa “mano libera” dovrebbe pensare a tutto, comprese le guardie private a difesa delle aziende private.
Si dirà: ma questi sono affari troppo grossi perché lo Stato se ne possa disinteressare. È la stessa storia dei fucilieri di marina imbarcati su naviglio commerciale, ma solo due di loro hanno capito che razza di fregatura è quest’indecente commistione. Pubblico e privato, affari di Stato e affari privati che si mescolano, col pubblico che si addossa le spese e il privato che si fa i soldi. E i militari – di professione, e non poteva che essere così – si trasformano nelle guardie del supermercato, a difesa non più del limes, ma del malloppo di qualche impresario.
Il dubbio è però che questi nostri soldati vengano dislocati in un settore a così alto rischio per essere utilizzati in operazioni di guerra. Contro le milizie del Daesh? Noi, certamente, non le andremo a provocare, ci mancherebbe altro… Ma a loro non stuzzicherà l’idea di venirci a trovare mentre “difendiamo la diga”? Che succederà se e quando il primo italiano in tuta arancione finirà protagonista del solito filmato terrificante ad alta definizione “scovato” in rete da Rita Katz? Allora sarà meglio “ungere”, come nostro costume, quindi prima o poi salterà fuori lo “scandalo” di qualche giornalista d’inchiesta che casca dal pero e pensa che per tenersi buoni dei tagliatori di teste basta offrirgli qualche chincaglieria e una radiolina a transistor. Insomma, come che vada, ci stiamo andando ad impantanare in un casino per far contenti i nostri “alleati”.
Non è credibile la storiella per cui ora tutto il mondo, nessuno escluso, si è coalizzato per combattere l’Isis. Persino l’Arabia Saudita ha imbastito una specie di Armata Brancaleone “islamica” che ha stessa credibilità delle “scuse” di Tony Blair per le tragedie patite dall’Iraq a causa dei suoi “errori di valutazione”.
Nessuno sta raccontando la verità. Siamo seri: anche un’aviazione della Seconda guerra mondiale sarebbe in grado di debellare i temibili guerriglieri a bordo di pick up equipaggiati col cannoncino. E sul terreno basterebbe e avanzerebbe la stessa “coalizione islamica” (“sunnita”!) patrocinata dai petroemiri, se non si trattasse di una farsa.
Il sospetto è che nessuno, in fondo, dica la verità in questo momento. E quando diciamo “nessuno” significa che tutti, chi in un modo chi in un altro, si stanno posizionando. Per una “battaglia finale” dopo la quale si farà la conta di chi c’è e chi non c’è. L’Isis, non essendoci praticamente mai stato perlomeno nella forma in cui ce lo descrivono, non ci sarà più. E speriamo vivamente che non ci siano più anche quelli che hanno giocato a rimpiattino con la storia del “terrorismo islamico”.