Propaganda ai tempi dell’“accoglienza”: il ritorno di Kunta Kinte

di Enrico Galoppini

radiciApprendo da un lancio d’agenzia che è in arrivo il rifacimento dello sceneggiato “Radici”, tratto dall’omonimo romanzo di Alex Haley.

Tutti, quarant’anni fa, conobbero il personaggio di Kunta Kinte, il mandingo deportato in America, dal natio Gambia, per essere venduto ad un proprietario terriero.

Il libro andò a ruba anche in Italia, tanto che anche i servizi librari per corrispondenza (gli antesignani delle odierne librerie on line) davano grande risalto a questa storia, un po’ vera e un po’ romanzata, dalle evidenti implicazioni “sociali”.

Ma eravamo lontani anni luce dal clima politico e culturale di oggigiorno. Il “negro”, infatti, dopo la fine del colonialismo italiano, restava più che altro confinato nell’immaginario. In Italia era quasi impossibile incontrarne uno, tanto che ricordo benissimo il mio stupore nel vedere per la prima volta dal vero un individuo nerissimo, impiegato come “maschera” di un circo, messo lì evidentemente a rendere più pittoresca e ‘magica’ l’entrata nel tendone; così come nella commedia italiana degli anni Settanta-Ottanta l’attore dalla pelle nera serviva ad impersonare uno stereotipato inserviente “negretto”, come Andrew Omokaro in Grand Hotel Excelsior (1982). Nessuno si scandalizzava, ma non perché all’epoca la gente fosse più “razzista”, e cioè peggiore, ma solo perché era meno ipocrita e moralista.

Così poteva anche ‘sopportare’ una storia come quella di Kunta Kinte, nella quale sopra ogni altra cosa emergeva l’aspetto biografico e penoso di gente strappata dalla sua terra e suoi modi di vita per fungere da braccia a buon mercato in quello che tutta una propaganda che però doveva scontrarsi con quella concorrente filo-comunista presentava come un “nuovo mondo” dalle favolose opportunità. Quello dei “liberatori” di appena trent’anni addietro, che solo due lustri prima dell’uscita di “Radici” stavano ancora impelagati in un segregazionismo di Stato che noialtri, sempre pronti a sputarci in faccia, non ci sognammo manco per idea nemmeno all’epoca di “Faccetta nera”.

grillo_te_la_do_io_americaQualche critica all’America e alla sua ideologia, però, prima degli anni Novanta (quando gli Usa dettero il via al tentativo d’instaurare un “New World Order”), era evidentemente possibile. Intendo sui media ufficiali. Così Beppe Grillo metteva alla berlina vizi e paranoie dell’americano medio in “Te la do io l’America”, Fidel Castro entrava positivamente nelle case degli italiani grazie a Gianni Minà, e ancora, per condannare senz’appello una cosa folle ed esagerata, si usava il termine “americanata”.

Poca roba, si dirà, mentre da noi imperversava – come da direttive anglo-americane con annessi “attentati” – un feroce antifascismo di Stato, e ciò che veniva tollerato dei “reduci di Salò” era irretito nell’operazione Msi-Destra Nazionale. Per gli anti-americani veri, insomma, non c’era posto, ieri come oggi.

E la mannaia del politicamente corretto colpiva inesorabilmente, quando avvertiva nitidamente il pericolo proveniente da un libro o da un film.

addio_zio_tomÈ il caso di “Addio Zio Tom”, di Jacopetti e Prosperi (1971), sottoposto al fuoco concentrico della contestazione “studentesca” e della repressione giudiziaria della Repubblica antifascista. Ma chi volesse davvero capire qualcosa, attraverso un film, di ciò che è stata la “tratta dei negri” farebbe meglio a visionarne attentamente la prima versione, non censurata, nella quale è come se si facessero i nomi e i cognomi dei beneficiari della turpe operazione schiavistica. Chi cerca trova, ma bisogna avvertire che si tratta di una pellicola quasi introvabile (e semisconosciuta) perché, oltre a dire come stavano le cose al riguardo di questo “commercio”, criticava radicalmente sia la “società multirazziale” sia il mito del “buon selvaggio”.

Oggi, quando persino un Papa sale in “cattedra” per mandare metaforicamente (?) all’Inferno chi non “accoglie” e dalle “istituzioni” sale un unanime belato pro-immigrazione, solo un pazzo votato alla morte civile realizzerebbe un film così scevro da ipocrisia ed onesto intellettualmente. Meglio ripropinare “Radici”, quasi di sicuro aggiornato con appositi “messaggi” adatti ai tempi: tanto, mica servirà ad inchiodare alle sue responsabilità chi ha lucrato per secoli su quest’infame commercio (e cioè i ricchi possidenti americani ed i grandi mercanti di carne umana, sui quali vige la consegna del silenzio perché la verità farebbe troppo male). La nuova versione del film verrà così sbattuta in faccia agli europei per intimare loro, una volta di più, che devono assolutamente – tutti quanti, nessuno escluso – sentirsi in colpa e dunque… “accogliere” senza battere ciglio!

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There are 7 comments for this article
  1. BENNATO BENNATI at 1:52 pm

    Ricordo di avere letto in prima o in seconda media il ” Giornalino di Gian Burrasca ” di Vamba (Enrico Bertelli ) e ricordo che il protagonista Giannino Stoppani scambia in tante monetine un dono in denaro fattogli dai genitori , al fine di avere gli spiccioli sufficienti per fare l’elemosina ai tanti poveri che purtroppo questuavano nella Firenze di allora ( siamo ai primissimi del ‘900 ).
    Non avrei mai creduto di dovere fare anch’io la stessa cosa cento e passa anni più tardi le imprese di Giannino, ogni qual volta mi reco in una qualsivoglia città toscana, sia essa Firenze o Pisa , Arezzo , Lucca,ecc. per potere soddisfare le richieste di ( quasi ) tutti i questuanti , che, o sono slavi o sono neri , dovunque ti muova, ti stringono in assedio.
    Fra le due categorie, ancorché ne soddisfi immediatamente la richiesta ( chiedete ed otterrete è un mio personale avviso cui cerco sempre di non mancare ) , quella verso cui provo la maggiore antipatia, è la seconda, quella dei neri, per lo più ragazzotti palestrati e in ottima salute che quanto stendono la mano o ti avvicinano ( ” amigo”, “amigo “) inventandosi che ” devono mangiare ” , mi fanno vergognare per loro, perché non riesco a concepire come si possa cadere tanto in basso, come si possa abbandonare il proprio paese ( dove essi avrebbero potuto lavorare, imparare un mestiere, fare quello che prima di loro avevano fatto i loro genitori ecc. ) per venire a fare i mirerabili, a piatire ecc. a rompere le scatole, qui da noi ( e un giorno o un altro , a qualcuno, mentre gli dò l’elemosina , glielo dico , e non mi vengano a dire che a casa loro non c’è di che mangiare , non ci sono risorse, ché sono tutti grandi e grossi, e con l’orecchio incollato allo smart- phone !).

    • il discrimine Author at 5:06 pm

      Semplicemente sono stati ragggirati, da preti, “ong”, televisione… Accecati da un “mito del benessere” che solo uno su cento raggiungerà. Sono, ieri come oggi, merce di un commercio.

  2. BENNATO BENNATI at 6:13 pm

    Aggiungo che forse il conte De Gobineau non aveva tutti i torti e che un giorno o l’altro mi dovrò decidere a leggere finalmente il suo ” Saggio sulla naturale inegualianza delle razze umane “, chissà che non vi siano spunti per comprendere anche questo tanto balordo presente.

  3. Panurge at 5:10 pm

    Non ricordo in questo momento se tale sia proprio la tesi che il Conte espone nel suo Essai, ma l’indubbia superiorità della razza bianca consiste proprio nella sua rapacità, che non ha avuto rivali in tutta la storia dell’umanità. Tanto è vero che ogni altra civiltà entrata in contatto con essa è stata semplicemente annientata. Nemmeno i famigerati mongoli (famosi per la loro ferocia e per fare terra bruciata al passaggio) possono minimamente competere, se solo si pensi che dopo la terra bruciata hanno lasciato fiori di civiltà come l’Impero di Gingiz Khan, l’Impero cinese, quello Moghul in India e quello Ottomano – solo per citare i fenomeni storici più noti. Gli europei invece da circa seicento anni hanno solo distrutto gran parte dell’orbe civilizzato. Un indubbio primato ed una certificata superiorità.

    Per quanto riguarda i negri in America c’è da dire (cosa che può apparire assai cinica…) che senza il loro apporto non avremmo avuto il jazz, il blues, il rock, cioè quasi le sole cose positive prodotte dagli USA, nonostante l’autoproclamata superiorità dei “bianchi-anglo-sassoni-protestanti”…

  4. Lorenzo Lorenti at 10:16 pm

    Stavo sognando i Campi Elisi (perdonate se è poco!) e l’articolo di Enrico Galoppini e il commento di Bennato Bennati mi hanno riportato alla realtà, purtroppo vera di questi tempi. Mi è subito venuto in mente, un interessante recensione inserita sul n.29 Ottobre-Dicembre 1968 della RST titolato Einaudi 1966 di Basil Davidson di cui riporto questi passi: Il seguito della recensione, mette in luce la mostruosità della “colonizzazione” europea laggiù dove, per esempio, le conquiste musulmane contribuirono a fare rifiorire le città e i territori occupati, apportando benessere, tolleranza, diffusione delle scienze e delle arti come non mai. La cronaca di Ibn Battuta, parla della Sicilia musulmana, dove a perdita d’occhio si ergevano frutteti carichi di meravigliosa frutta e di un terreno tenuto lindo e pulito e di animali che tranquillamente pascolavano indisturbati! Gli europei, invece, hanno solo distrutto e quello che vediamo oggi nelle nostre città è solo quello che abbiamo seminato, con l’aggravante che anche i neri hanno perso oramai ogni seppur minimo contatto con la loro origine. Sciagurata, miope politica distruttiva, di quel niente che è rimasto delle nostre origini tradizionali, e che stanno portandoci alla catastrofe…. ciechi che guidano i ciechi!

    • Lorenzo Lorenti at 5:32 pm

      Stavo sognando i Campi Elisi (perdonate se è poco!) e l’articolo di Enrico Galoppini e il commento di Bennato Bennati mi hanno riportato alla realtà, purtroppo vera di questi tempi. Mi è subito venuto in mente, un interessante recensione inserita sul n.29 ottobre-dicembre 1968 della RST su di un libro di Basil Davidson L’Africa nera e il commercio degli schiavi di cui riporto questi passi: “…il libro di BD è particolarmente avvincente anche per la ricchezza di riferimenti e documenti dell’epoca……essa inizia dai primi incontri di Europei con i regni feudali negri della costa occidentale (assai simile ai regni feudali europei),incontri pacifici e rispettosi ai quali ben presto seguirono tradimenti, coercizioni, sopraffazioni da parte dei bianchi Ci parla delle splendide città portuali della costa orientale alle quali approdarono nel quindicesimo secolo i Portoghesi. Queste città, da secoli intrattenevano pacifiche e fruttuose relazioni commerciali (e non solo…) con arabi, persiani, indiani e cinesi. Pochi anni dopo l’arrivo degli europei queste prospere città erano ridotte a rovina e, alle rovine succedette graduale ed inesorabile la degradazione umana. Vi sarebbero innumerevoli fatti raccapriccianti – prosegue la recensione – e notizie documentate che si potrebbe citare al riguardo (ad esempio a proposito del trasporto degli uomini presi schiavi: secondo il rapporto Walsh del 1829, sulle navi negriere, in locali alti da 45 centimetri a un metro essi stavano seduti l’uno tra le gambe dell’altro e così numerosi da non poter neppure cambiare posizione per oltre due settimane, mentre intorno e addosso a loro si accumulavano gli escrementi e all’arrivo parecchi erano già morti o incapaci di camminare……….per ovviare, si penso di farli periodicamente camminare sulla tolda, ma si riscontrò che quegli uomini, disperati fino alla pazzia, cercavano appena possibile di suicidarsi gettandosi nell’oceano tra urla acutissime…)
      Il seguito della recensione, mette in luce la mostruosità della “colonizzazione” europea (distruzione senza ricostruire) laggiù dove, per esempio, le conquiste musulmane contribuirono a fare rifiorire le città e i territori occupati, apportando benessere, tolleranza, diffusione delle scienze e delle arti come non mai. La cronaca di Ibn Battuta, parla della Sicilia musulmana, dove a perdita d’occhio si ergevano frutteti carichi di meravigliosa frutta e di un terreno tenuto lindo e pulito e di animali che tranquillamente pascolavano indisturbati! Gli europei, invece, hanno solo distrutto e quello che vediamo oggi nelle nostre città è solo quello che abbiamo seminato, con l’aggravante che anche i neri hanno perso oramai ogni seppur minimo contatto con la loro origine. Sciagurata, miope politica distruttiva, di quel niente che è rimasto delle nostre origini tradizionali, e che stanno portandoci alla catastrofe…. ciechi che guidano i ciechi!

  5. BENNATO BENNATI at 1:26 pm

    Ho in libreria il libro di Davidson che lessi fin dal tempo appunto della sua recensione nella RST di Torino e può darsi benissimo che la figura del ” nero ” ( ” nero” , beninteso, che , prevalentemente, è quello dell’Africa subsahariana, quella , per intenderci, non musulmana, l’Africa dell’aids ) nella modalità degradata, questuante ecc .così come si pone oggigiorno a noi nelle nostre città ,non sia affatto un prodotto ” naturale” ( stenterei anch’io a crederlo ), bensì un prodotto indotto dall’invasione occidentale, dallo sfruttamento di cui è stato per secoli oggetto ecc. come documenta il Davidson ( di conserva con quanto sopra, va detto che, a quanto mi risulta , i migranti da quelle contrade sono privi, anche semplicemente dal lato exoterico, di quasiasi aggancio tradizionale verace , presentandosi, nei moduli che fa loro sottoscrivere la pubblica autorità quando chiedono asilo, come di religione cristiana ” evangelica ” o similare e dunque protestante , effetto anche questo dell’invasione occidentale – leggi anglosassone – subita).
    Concludendo, sarei anch’io dell’avviso che quando vengono soccorsi in mare, dopo essere stati rifocillati e, occorrendo, curati, siano ricondotti al punto di partenza dalla stessa nave che li ha soccorsi, senza che l’Italia la vedano nemmeno da lontano col binocolo.

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