“Primavera araba” o “fine dei tempi”?
di Enrico Galoppini
Da quando è cominciata la cosiddetta “primavera araba”, vari amici e conoscenti mi hanno scritto per sapere il mio punto di vista in merito. Per quello che può contare ciò che pensa il sottoscritto, e stabilito che per quanto riguarda le cose del mondo non si può mai essere certi di nulla, proverò a rispondere a tutti attraverso quest’articolo, nel quale esporrò il mio parere sulla base degli elementi che ho raccolto e rielaborato, cercando di ipotizzare dove si andrà a parare, sia dal punto di vista delle relazioni internazionali sia da quello, più complessivo, del “senso” di tutto ciò.
Proponendo in un certo senso già la fine del ragionamento, secondo la mia modestissima opinione non esiste alcuna “primavera araba”, che già nella definizione tende ad evocare un clima da “primavera di Praga”[1]… Ma partiamo dall’inizio di questa recente storia.
Senza voler scomodare la genesi e lo sviluppo del cosiddetto “mondo arabo moderno” (il che andrebbe pure fatto)[2], Il ‘big bang’ dell’odierna catena di sommovimenti – ed ora anche di guerre, diciamo così per convenzione[3] – è stata la “rivoluzione dei gelsomini” tunisina, alla quale ha fatto seguito quella egiziana, che ha preso come simbolo la piazza Tahrîr (“liberazione”: un nome, un destino). Il virgolettato è d’obbligo, poiché, stabilito che non di rivoluzione in senso etimologico si è trattato[4], neppure si è verificata una rivoluzione nel senso corrente e distorto del termine, ovvero un radicale cambiamento degli assetti di potere vigenti in Tunisia e in Egitto.
“Finita la festa, gabbato lo santo”, si dice dalle mie parti, così dopo la sbornia di piazza e mediatica, da Aljazeera alla Cnn, passando per le ‘nostre’ Ansa ecc., che, in nome delle immancabili parole d’ordine “democrazia”, “libertà” e “diritti umani”, ci ha dato l’impressione che colà tutto stesse cambiando, l’unico risultato è stata l’eliminazione dei due presidenti[5] Ben ‘Ali e Mubarak; il primo praticamente smaterializzatosi, forse riparato in qualche Paese del Golfo, e talvolta addirittura dato per morto; il secondo svanito nel nulla – forse in un carcere segreto – dopo una breve opposizione da lui intentata per non mollare la poltrona, assieme ai miliardi che avrebbe rubato in trent’anni. Arrestati, passati a miglior vita o magicamente passati allo stato volatile, non è dato sapere più nulla sulla sorte dei due ex potentissimi personaggi che sino al giorno prima venivano omaggiati dei più lusinghieri complimenti, tra cui quello davvero ambìto di “moderato”[6].
Ma quel che conta per esprimere un giudizio è: adesso, in Tunisia e in Egitto, il famoso “popolo” (che si vorrebbe sempre “protagonista” della storia)[7] sta meglio o peggio di prima? È felice di com’è andata? Anche in questo caso, mistero totale, perché l’importante, pare, è che abbiano trionfato la “democrazia”, la “libertà” e i “diritti umani”, veri idoli del mondo al contrario che va rapidamente apparecchiandosi, sempre più dimentico di Dio e dei Suoi diritti. Tra l’altro, sia in Tunisia che in Egitto, a gestire il potere vi è, anche quando veste giacca e cravatta, la casta militare, la quale è campata letteralmente dall’Occidente, Stati Uniti in testa[8]; il che mette la classica pulce nell’orecchio su chi sia stato il direttore d’orchestra della sinfonia andata in onda sui media e specialmente sui vari Twitter e Facebook, le versioni tecnologicamente aggiornate di “Radio Londra”…
Ad un osservatore minimamente scafato, la prima domanda che poteva venire in mente era: come mai hanno deciso simultaneamente di rovesciare i due leader tanto rispettati perché “moderati”? Premessa: in quelle realtà il presidente accentra molti più poteri rispetto ai loro omologhi occidentali, checché ne dicano i vari adoratori del ‘divo Obama’, che al pari dei suoi predecessori viene celebrato come “l’uomo più potente del mondo”. Cioè, mentre Obama conta come il due di picche essendo un mero prodotto pubblicitario[9], nel suo contesto un Mubarak conta eccome, anche se si tratta di “democrazie parlamentari” (a partito unico, di fatto o di diritto), con tanto di Costituzione, pertanto la sua defenestrazione, al pari di quella di Ben ‘Ali, dev’essere stata pianificata in simultanea sulla base di una valutazione generale, quanto meno ad un livello mediterraneo, e non limitata ai singoli scenari tunisino ed egiziano. La gente, si sa, viene abituata a considerare uno scenario, un problema alla volta, per impedirle di mettere insieme tutti i pezzi e farsi perciò un’idea più chiara, d’insieme. Ecco che nella mente dei più esistono, percepite separatamente, la “crisi libanese”, la “guerra in Libia” e… classico dei classici, la “questione palestinese”, che è invece completamente collegata a quanto sta accadendo, non limitandosi affatto ad un limitato conflitto “israelo-palestinese” o “arabo-palestinese”…
Ma torniamo alla cosiddetta “primavera araba”. Si è letto di “contagio”, di “emulazione”, di “vento della libertà”. Tutte fandonie. Operazioni simili vengono pianificate da dentro e da fuori, e la massa ‘telegenica’ viene fatta confluire nelle piazze in un modo o nell’altro, per esempio facendo artatamente innalzare vertiginosamente i prezzi dei cereali, la cui “borsa valori” non certo è in mano ai contadini tunisini o egiziani, ma a gente senza scrupoli che ci propina anche gli ogm (“Monsanto”… un nome, un programma). Altri, meno rincitrulliti e/o ingenui, argomentano che si tratterebbe di un “risveglio nazionale”, quasi una seconda puntata della storia cominciata con la creazione di quel “moderno mondo arabo” al quale accennavo in nota, il quale – è bene ribadirlo – originò dalla distruzione pianificata dell’Impero Ottomano prima, durante e dopo la Prima guerra mondiale (la quale ebbe lo scopo principale di cancellare tutti gli imperatori di “diritto divino” – Absburgo, Hohenzollern, Romanov, Ottomani – ed ingabbiare una parte del mondo conquistato nella democratica e contro-iniziatica Società delle Nazioni, poi proseguita nell’Onu; la Seconda guerra mondiale – una specie di seconda puntata della prima – avrebbe completato il lavoro svolto con la Prima, tant’è che sortì anche la fine dell’Impero del Sol Levante nonché l’occupazione statunitense di parte dell’Europa)[10].
E che dire dei tentativi di rovesciare il governo esperiti anche in Paesi non “arabi” come l’Albania… e del rischio costante che gli agenti professionisti della sovversione che operano dietro i “social network” e le liste di numeri di telefono da contattare si attivino di nuovo per scatenare la cosiddetta “società civile iraniana”? Addirittura l’India, nei primi giorni di caos generale, aveva visto forti proteste… Quanto ai poveri “pigs”, i ‘maiali’ d’Europa, sono già stati sconvolti, o meglio giugulati, dai vampiri della finanza apolide al servizio di Mammona: Grecia, Irlanda, ed ora, in totale sordina, il Portogallo. Poi toccherà presumibilmente alla Spagna, a completare l’acronimo, che denota una volta di più, se mai ce ne fosse il bisogno, la considerazione nella quale il mondo puritano-sionista anglosassone che punta al dominio planetario tiene le nazioni dell’Europa mediterranea, tra l’altro a maggioranza cattoliche o ortodosse[11]. E taciamo sul terremoto in Giappone per non sembrare “complottisti”[12]: qual è ora l’unico risultato? Che il mondo intero non vuole l’energia nucleare[13], con sommo gaudio del cartello delle famose “sette sorelle” anglo-americane (nessuno ricorda più il disastro petrolifero nel Golfo del Messico causato dalla “buona” BP?). La Francia, intanto, se ne frega altamente della “psicosi” da nuova Chernobyl e tira diritto col suo nucleare, ed anzi la spara grossa con la guida dell’attacco alla Libia per arraffare pure il suo petrolio (e sottrarlo agli altri)! E noi qua, in Italia, completamente rincitrulliti al punto che si pensa di poter andare avanti – beninteso, se vogliamo mantenere l’attuale “standard di vita materiale”, il che si può anche ridiscutere – coi pannelli solari e l’eolico[14]. Per non parlare delle “ispezioni” alle quali l’Iran dovrebbe sottoporsi per il suo programma nucleare ad uso civile, mentre nessuno si sogna (l’ex direttore dell’Aiea el-Baradei in testa, mandato in Egitto a fare un po’ di ‘colore democratico’) di imporle agli Stati Uniti, alla Francia o a Israele! Insomma, ci sono già sufficienti elementi per gridare alla ‘sagra dell’ipocrisia’…
Così, siamo partiti dalla Tunisia e dall’Egitto, e pian piano, passando per vari scenari, si arriva in Italia e alla “guerra per il petrolio” (o per le fonti di energia in generale)[15], tanto per aggiungere una “i” al club dei ‘maialetti’ da cucinare nel forno dell’usurocrazia che in cambio di “aiuti” pretende la svendita degli ultimi “gioielli di famiglia” e le mitiche “riforme strutturali”[16]. E cosa c’entra – si dirà – l’Italia con la Tunisia e l’Egitto? C’entra e parecchio (anche con l’Albania che si voleva mettere a soqquadro nei primi giorni della “primavera”), perché in entrambi i Paesi nordafricani (il secondo è in realtà ben di più, costituendo il ponte strategico tra Asia e Africa) il volume degli affari italiani è davvero considerevole. E si giunge così alla Libia…
Una parentesi sul “nuovo Egitto”, però. Dopo la cosiddetta “rivoluzione egiziana”, ci si attendeva una mossa, simbolica e sostanziale: l’apertura della frontiera con la Striscia di Gaza dal lato egiziano di Rafah, onde porre fine di fatto al blocco che ne strangola la popolazione da oltre quattro anni (ricordiamoci che nel frattempo vi sono stati la strage di “Piombo fuso” e la Freedom Flotilla)[17]. E invece nulla, tranne i consueti permessi col contagocce… Evidentemente chi vota Hamas e si prende la sua regolare dose di bombe in testa dalla “unica democrazia del Medio Oriente” non merita tutto l’entusiasmo riservato per le “lolite di Teheran” o i “giovani democratici di piazza Tahrir” o “di Damasco”…
Torniamo ora alla Libia, perché qua la l’operazione-quadro messa in atto dalle “potenze occidentali” per conto dei loro committenti usurocrati mondiali risulta di una chiarezza lampante. Prima hanno mozzato la testa dell’Egitto e della Tunisia, poi hanno fatto il ‘panino’ con la Libia. Dal primo, che confina con la Cirenaica in rivolta, sono entrate forze speciali e addestratori britannici (prima dello scoppio della “crisi”!), assieme a vari professionisti della “guerra santa” (Afghanistan, Bosnia ecc., ma anche Algeria, dove fecero fuori molti aderenti al Fis), cioè i “combattenti per la libertà” di rambesca memoria; dalla seconda hanno cominciato a inviare in Italia un profluvio di cosiddetti “migranti” (com’è che invece non arrivano “profughi” in fuga dalla Libia? altro mistero…)[18]. Perché, mettiamocelo bene in testa, tutta questa storia è anche un attacco all’Italia.
L’Europa intanto – se mai è esistita come “Unione Europea” – frana sotto i tentativi smaccati di Francia e Gran Bretagna[19], aiutate dalla solita America che con Obama il “buono” sta defilata[20], di farci le scarpe in Libia. Nella migliore delle ipotesi, il nostro governo deve aver dovuto per ora fare buon viso a cattiva sorte (eravamo il partner commerciale privilegiato della Libia), così ha messo a disposizione le basi, questo scandalo degli scandali che non agita i sonni di nessun politico “alternativo”, dall’estrema destra all’estrema sinistra, né all’italiano medio, il quale probabilmente si sente soprattutto “occidentale”, pertanto “difeso” (da cosa, non si sa)dalle oltre cento basi ed installazioni Usa/Nato presenti sul nostro (?) territorio! Che poi la direzione delle operazioni si sposti al cosiddetto “ombrello” (meglio sarebbe dire “paravento”) della Nato, gestito da Napoli, dove ha sede il comando Africom, destinato alle operazioni in Africa, dimostra che l’obiettivo principale della manovra mirata a sfasciare lo Stato libico è la conquista dell’Africa. Non a caso, si comincia dalla Libia, il Paese-guida dell’Unione degli Stati Africani, quindi Gheddafi, che quest’ultima ha curato particolarmente, deve essere tolto di mezzo. La Libia, inoltre, come avevano spiegato alcuni geopolitici italiani degli anni Trenta (quando la geopolitica veniva praticata perché avevamo una politica estera degna di tal nome) è il naturale ponte dell’Africa nel Mediterraneo, per mettere in comunicazione l’Africa, fino alla regione del lago Ciad, con l’Europa, a partire dalla penisola italiana[21]…
Per quanto riguarda le motivazioni dell’aggressione ad uno Stato sovrano che non ha minacciato né tantomeno attaccato nessun altro Stato (non esiste nemmeno la foglia di fico della “invasione irachena del Kuwayt” del 1990), stendiamo un velo pietoso: si sono già rivelate delle bufale e le “fosse comuni” e i “bombardamenti dei manifestanti” (Aljazeera – che per anni ha fatto da cassa di risonanza della pseudo al-Qa’ida ed ha costruito letteralmente il “personaggio” Bin Laden già prima dell’11 settembre 2001 – è scandalosamente unilaterale pro-ribelli armati dall’Occidente)[22]; per di più, a riprova che si tratta di un’impostura, basti pensare al Bahrein e allo Yemen, dove dei veri manifestanti disarmati sono stati trucidati, ma nessuna Onu ha tuonato, né alcun “pagliaccio” alla Sarkozy s’è ‘scandalizzato’ facendo alzare in volo l’aviazione militare[23]. In Libia, dunque, si è trattato di una ribellione violenta di una parte della popolazione, di una secessione in armi di una parte del territorio nazionale, avvenuta, ripetiamolo ancora, dopo aver fatto sparire Ben ‘Ali e Mubarak ai due lati (si è capito ora a cosa è servito il “festival democratico di Piazza Tahrir” o “dei gelsomini”, di cui adesso nessuno più riferisce?), per meglio preparare la sovversione: in questi casi ogni Stato ha o non ha il legittimo diritto di reagire? cosa farebbe quello italiano con una “Padania” in cui insorgessero “camicie verdi” armate? o quello spagnolo alle prese con dei Baschi indipendentisti in assetto paramilitare? o quello francese con dei bretoni armati fino ai denti? Non osiamo immaginare cosa farebbe il governo Federale degli Stati Uniti in caso di secessione armata del Texas o della California… Si verificherebbero le reazioni che avrebbe un qualsiasi Stato a tutela della sua integrità territoriale…[24].
I media, in tutto questo bailamme, fanno il loro consueto gioco sporco per il quale sono stati inventati, rappresentando l’arma per eccellenza della guerra psicologica. Nessuno racconta la versione del governo libico, pertanto – per chi ha la possibilità di seguire programmi in lingua araba – risulta interessante seguire in diretta la tv libica (http://www.ljbc.net/home.php : i quattro loghi nella colonna di destra danno l’accesso a quattro canali tv), giusto per controbilanciare l’unilateralità di Aljazeera, solo e sempre con gli “insorti” (che non sono “manifestanti”, ficchiamocelo bene in mente). Invece, per sapere qualcosa su quanto avviene in Bahrein, Arabia Saudita e Yemen, dove i “manifestanti” non meritano una “guerra umanitaria” in loro “soccorso”, è consigliabile seguire i canali iraniani (tra cui, in arabo, al-Alam: www.alalam.ir; e, in inglese, PressTv: http://www.presstv.ir )[25].
Quanto alla “stampa ufficiale” per noi più accessibile – quella liberaldemocratica “di destra”, “di centro” e “di sinistra” che si trova nelle edicole e viene commentata nelle “rassegne stampa”[26] – per trovare qualche barlume d’informazione e, soprattutto, notizia attendibile riguardo alla “crisi” in corso, bisogna leggere quei giornali (pochi, sebbene molti pensino il contrario) vicini al governo, come “Il Giornale” (articoli di Marcello Foa ed altri) e “Libero”, che ha pubblicato varie pagine per sbugiardare la retorica di questa “guerra dell’Onu”. Non sono un lettore di questi giornali (né di altri ad essi “opposti”, a dire il vero, poiché sono tutti fondamentalmente delle perdite di tempo), ma se proprio in questi giorni si vuol sapere qualcosa dalla “stampa ufficiale” è consigliabile consultare quei due quotidiani. Il resto è solo un campionario d’ipocrisie disgustose, come quelle di un noto “fabbricante di opinioni” spesso ospite in tv e la cui missione professionale ed esistenziale pare sia attaccare Berlusconi, il quale critica la “destra” perché “pacifista”, in quanto il suo elettorato , che ha capito in parte – a differenza di quello di “sinistra” accecato dalla ‘obamania’ e dalla retorica dei “diritti umani”- la portata dello scontro in atto, non vorrebbe quest’aggressione alla Libia, che in pratica si risolve in una perdita secca per gli interessi italiani, o meglio in un altro tassello di quell’aggressione all’Italia che mira proseguire l’opera di rapina del patrimonio nazionale condotta con la cosiddetta stagione di “Mani Pulite”[27]. La cosiddetta “opposizione” – la quale rivela definitivamente il motivo per cui esiste in Italia la dinamica governo-opposizione – sta approfittando meschinamente dell’occasione per compiacere i padroni (cioè l’America), ed abbattere così l’odiato Berlusconi… da essa visto come un ‘Gheddafi nostrano’.
In tutta questa bella mostra di miserie umane, s’inserisce anche l’indecente e penoso balletto del governo italiano, che, capita l’antifona, invece di prendere decisamente posizione in qualche modo (compresa addirittura un’azione militare a guida italiana per fregare chi ci vuol fare fuori su tutta la linea, a costo di mettersi in guerra con gli altri occidentali) s’è messo a dare pugnalate nella schiena a quello che il giorno prima era l’“alleato libico”. Che figura meschina!
A noi non è dato sapere cosa sia realmente avvenuto nei “palazzi del potere”[28]; se si sia trattato dell’ennesima pagina di vergognoso tradimento italiano (con gli “Accordi di Londra” del 1915 e l’8 settembre 1943 pensavamo di aver già dato il massimo) o di una presa d’atto che, dietro minacce di fronte alle quali il “caso Ruby” sembrerebbe un buffetto, c’era da ingoiare il rospo e barcamenarsi… Di sicuro c’è che mentre a casa la gente vien fatta andare in brodo di giuggiole per la “democrazia”, la “libertà” e i “diritti umani”, anche l’ultimo dei politicanti da strapazzo con la faccia da scemo sa che la partita è essenzialmente (come sempre, del resto) strategica, geopolitica, nello specifico determinata dagli esiti sgraditi alle lobby occidentaliste del “trattato di amicizia italo-libico”, che di fatto ci poneva in condizioni di assoluto privilegio per quanto riguarda l’utilizzo delle fonti energetiche libiche, con grave scorno di Francia, Gran Bretagna, America… Idem per quanto riguarda una gestione minimamente sensata dei flussi migratori, e puntualmente sta avvenendo l’invasione che il “trattato” (ma anche gli accordi col precedente governo tunisino) aveva sin qui evitato: e sottolineiamo che stanno arrivando tunisini, non libici in fuga dai teatri dei bombardamenti, il che solamente potrebbe avere un senso.
Quel che sembra certo, è che alla fine di questa storia, che non si profila affatto breve (“L’alba dell’Odissea” è la corretta traduzione dell’operazione… non “Odissea all’alba”!) perché coinvolge l’intero Mediterraneo… alla fine di questa storia, l’Italia, con un’economia già disastrata ed un tessuto sociale già degradato, ne uscirà presumibilmente conciata male, alla faccia di chi agita specchietti per le allodole già visti in occasione dell’aggressione a Belgrado. Già che ci siamo giova ricordare che i serbi, dopo quella “guerra umanitaria”, non sono andati affatto a stare meglio, tant’è che ancora oggi (vedasi le polemiche calcistiche, che riflettono di norma le tensioni politiche) i serbi sono dipinti come i “cattivi d’Europa”[29].
Qualche parola la meritano anche questi famosi “insorti” o “ribelli” dietro i quali scodinzolano le nostre (?) inviate in carriera[30]. Abbiamo già accennato al fatto che si tratta di “islamici atlantici di servizio”, che dopo il compito svolto o vengono messi in loco a gestire per conto dell’Occidente degli “Stati islamici” fantoccio come il Kosovo o vengono direttamente spostati altrove, poiché trattasi di un’accolita di mercenari pronti all’uso, dal Caucaso ai Balcani[31]. E che cos’è questa Senussia di cui si sente tanto parlare? Va ricordato che la dinastia senussita fu inventata dalla Gran Bretagna nel 1951 per gestire in suo favore il petrolio e garantire la presenza di sue basi militari, che poi Gheddafi avrebbe fatto smantellare, alla faccia di chi lo dipinge come un “pupazzo dell’Occidente”. Questo per mettersi sull’avviso su quale bandiera agitano i “rivoltosi”, i quali, secondo il copione delle “liberazioni” sventolano anche vessilli francesi e americani, nientemeno come gli albanesi del Kosovo nei giorni della loro “indipendenza” di cartapesta[32]. Per capire di che si tratta, citiamo il fatto che quando l’Italia preparò la cosiddetta “impresa di Libia” nel 1911 (governo Giolitti), emissari di quest’ultimo vennero inviati diversi anni prima al Cairo per preparare il terreno diplomaticamente, ma anche a livello di “ordini contemplativi” (le cosiddette “confraternite”, le turuq), tant’è che sono comprovati i rapporti di Enrico Insabato[33] – colà inviato appositamente – con lo Shaykh ‘abd ar-Rahmân al-‘Alîsh, la stessa autorità “akbariana”[34], e personalità di al-Azhar, che conferì l’iniziazione a René Guénon[35], e che scrisse anche sulla rivista italo-araba fondata dal primo, “an-Nâdî/Il Convito”[36]… C’è da chiedersi che cosa potessero avere in comune un emissario del governo italiano, sebbene islamofilo come minimo, ed un’autorità spirituale dell’Islam in vista di un’occupazione italiana della Libia[37], ma forse a chiarire alcune stranezze può servire la seguente considerazione: la confraternita della Senussia, da cui i britannici trassero la suddetta dinastia, rifiuta l’ijmâ‘, ovvero il consenso dei dotti, dei fondatori delle quattro scuole giuridiche, perorando la necessità dell’apertura di un nuovo “ijtihâd” (lett. “sforzo” sui testi, in primis Corano e Sunna) per ricavare una giurisprudenza “al passo coi tempi”: il che in una parola sola significa “modernismo”, o meglio “fondamentalismo” nel vero senso del termine, se tutto il lavoro, divinamente ispirato, dei grandi sapienti (‘ulamâ’) che sistematizzarono l’edificio della giurisprudenza islamica, fosse da rigettare; il che ricorda in maniera impressionante il punto di vista dei vari al-Afghânî e ‘Abduh, e del loro continuatore Rashîd Ridâ’[38], che col loro “riformismo” col quale avvelenarono l’Impero Ottomano del sultano ‘abd el-Hamîd II, intendevano, in senso protestantico (il fedele quale “interprete della Rivelazione”), minare alle basi il “consenso” su cui si regge la comunità islamica pur nella diversità di opinioni[39]. Alla luce di questi pochi essenziali elementi (ai quali potranno aggiungersene altri, più in dettaglio), si evidenzia anche il ruolo svolto dal “terribile colonialismo italiano” in Libia, sviluppato soprattutto negli anni Trenta col governatore Italo Balbo, talmente “terribile” che un’eminente autorità del Sufismo, e al tempo stesso patriota egiziano e panislamico che avversava la dominazione inglese camuffata da “protettorato”[40], preferiva la presenza italiana a quella degli antenati degli odierni “combattenti per la libertà”, il cui referente spirituale, chissà perché, si dichiara un “liberale” e risiede, come tutti i suoi omologhi dell’”Islam politico”, in quella capitale rinominata ‘Londostan’. Meditino gli sprovveduti che in nome dell’anticolonialismo dogmatico o della ‘tifoseria islamica’ sempre e comunque hanno inteso coprire con strati di ridicolo la consegna della “Spada dell’Islam” a Mussolini nel 1937…
Come se tutto ciò non bastasse, aggiungiamo che in Sudan, promossa dall’Occidente, è pronta la secessione del sud. Pochi anni fa, governo e ribelli secessionisti, avevano trovato un accordo formale, siglato a Nairobi, ma a quel punto l’Occidente s’è scatenato per rinfocolare il conflitto, speculando sulla “tragedia del Darfur”, che tutti ormai hanno orecchiato perché è un continuo gridare interessato al “massacro”, dai radicali a certi preti. Siccome dopo quegli accordi non sapevano più come fare, sono passati – come in Libano – al “colonialismo giudiziario”, così il presidente sudanese al-Bashir è stato dichiarato colpevole, da parte del tribunale-farsa dell’Aja che giudica a senso unico, di “crimini contro l’umanità” (il primo caso di un presidente in carica!). Il Sudan è un paese strategicamente importantissimo per l’Egitto (che non può non essere preoccupato per la questione della gestione delle acque del Nilo), con una notevolissima penetrazione cinese, la quale sta interessando l’intero Corno d’Africa (già oggetto dei piani geopolitici dell’Italia quando aveva una politica estera, non a caso). Mubarak avrebbe accettato anche questa “secessione”? Magari no, quindi meglio ‘tagliare la testa’ all’Egitto mentre si prepara un altro scenario esplosivo in Sudan, già oggetto di bombardamenti statunitensi col solito pretesto della “presenza di Bin Laden”, il cui presidente, come detto, è oggetto di un ridicolo “mandato di cattura internazionale” (perché Bush o Blair, oppure Olmert o Tzipi Livni, non dovrebbero allora essere perseguiti?) concepito nelle stesse stanze in cui si trama per uscirsene con una sentenza che incolpi Hezbollah per l’assassinio dell’ex primo ministro libanese Rafiq Hariri… E sai che ridere se, qualora si volesse rendere “esecutiva” una sentenza anti-Hezbollah, scoppiasse una guerra nel sud del Libano, feudo di Hezbollah, in cui è di stanza il contingente italiano… faremmo guerra anche a Hezbollah pur di compiacere gli “alleati” (cioè gli stessi che ci stanno fregando in Libia)?
L’esempio del Sudan ci offre lo spunto per sottolineare dove vogliono andare a parare coloro che stanno fomentando la “primavera araba”. Non c’è molto da lambiccarsi il cervello per capirlo, poiché, come al solito, sono sempre molto chiari al riguardo, senonché si fa fatica a credergli e ci si vuol convincere che no, “non è possibile”… Lo “scontro di civiltà” l’hanno voluto e d ottenuto, e lo stesso dicasi per il progetto di “Nuovo Medio Oriente”, che con Obama va avanti né più ne meno rispetto a quando alla Casa Bianca c’erano i Bush. Detto più precisamente si tratta di un progetto di cantonizzazione etnico-confessionale del Vicino e Medio Oriente, noto anche perché uno studioso incaricato dal governo sionista lo espose sinteticamente già nel 1982 su una rivista israeliana[41]. Da allora, la linea-guida non è mai cambiata, ma siccome tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, hanno dovuto nel frattempo eliminare quegli ostacoli che si frapponevano alla sua realizzazione, ovvero quegli Stati-nazione della regione troppo forti ed in grado di coagulare un sentimento patriottico arabo ed islamico. Ecco perché oggetto delle cure dei fautori del divide et impera secondo linee etnico-confessionali è stato innanzitutto l’Iraq, oggi ridotto ad uno spezzatino e completamente innocuo dal punto di vista della potenza occidentale (la Giordania – prima Transgiordania – è stata concepita come Stato-cuscinetto sin dall’inizio)[42]. Adesso, analoga cura andrebbe somministrata alla Siria, che si presta ottimamente ad essere divisa vari pezzi, previa eliminazione della dirigenza ba‘thista. E non ci si faccia abbindolare dal fatto che l’Iraq era nemico dell’Iran mentre la Siria gli è alleata, perché tanto analoga sorte attende, secondo i piani dei mondialisti, anche l’Iran, che andrebbe spezzettato in una serie di staterelli (Arabistan, Balucistan ecc. con vari pezzi che andrebbero ad ingrossare realtà limitrofe). Pertanto si giunge al punto da capire bene, ed al quale abbiamo già accennato all’inizio, quando abbiamo ricordato il senso della Prima Guerra Mondiale e della Seconda, che di quella fu la prosecuzione perché il ‘lavoro’ non era finito… Quando i mondialisti decisero di eliminare l’Impero Ottomano dividendosene le spoglie non avevano fatto i conti con il sentimento nazionalista arabo (e in parte islamico), il quale ha per così dire un doppio volto: in una prima fase era servito a minare dall’interno l’Impero Ottomano e a diffondere una concezione dello Stato di tipo “laico”[43]; poi, però, alcuni di quegli stessi Stati originati dalla divisione dell’Impero Ottomano erano andati in mano a dirigenze che non si sottomisero ai piani mondialisti (v. ad esempio l’Egitto di ‘abd el-Naser, l’Iraq ba‘thista), così per evitare ogni pericolo venne deciso di suddividere ulteriormente quegli Stati-nazione su cui comunque gravava il ‘peccato originale’ della fine dell’Impero Ottomano. Quale modo migliore per governare popolazioni altrimenti riottose al “Governo unico mondiale” che suddividerle in una serie di piccole patrie tutte in lotta tra di loro rinfocolando di continuo il settarismo e il fanatismo etnico e confessionale? Va osservato che il sistema è lo stesso messo in opera in Europa, dove alla fine degli Imperi fece seguito l’era degli Stati-nazione (mentre s’affermava il “laicismo”…), ma visto che anche in questo contesto alcuni s’erano dimostrati troppo pericolosi per i fautori del “Governo unico mondiale”, ecco che con l’Unione Europea – una sorta di super-Stato centralizzato burocratico-bancario – è stata simultaneamente incentivata la tendenza alla parcellizzazione sul tipo delle “piccole-patrie”, che vediamo all’opera anche in Italia… Di modo che, mentre ciascuno si baloccherà con la sua insignificante “indipendenza”, i padroni del vapore potranno tranquillamente procedere per la loro strada indisturbati.
Tornando all’Egitto, e a proposito di gruppi islamici poco chiari, vi è da dire che desta qualche sospetto la sentenza di condanna a morte proferita dal ‘mufti di Aljazeera’ (completamente pro-ribelli, col Qatar che è stato il primo Stato della Lega araba a riconoscere i ribelli libici quali “unico governo della Libia”), lo shaykh Yusuf al-Qaradawi, il quale, nei giorni delle adunate di piazza al Cairo, senza troppi giri di parole ha detto che “Gheddafi va ammazzato”. Ma che cosa sono questi “Fratelli Musulmani”? Bella domanda, che probabilmente trova una risposta nella repressione operata nei loro confronti da ‘abd el-Naser, di cui tutto si può dire ma non che sia stato amato dall’Occidente![44] E guarda caso troviamo questa “fratellanza” dietro le quinte del subbuglio che va agitandosi in Siria, proprio dalla città frontaliera di Der‘a, con la Giordania che resta miracolosamente incolume dal vento della “primavera araba”… Come se lì la “fame”, addotta a pretesto delle prime rivolte, non esistesse, e come se si trattasse di un’isola di “democrazia”, “libertà” e “diritti umani”, tanto per citare le “questioni di principio” che tanto appassionano gli occidentali e, pare, anche gli arabi impazziti dietro Twitter e Facebook[45]. Dicevamo che trattasi di una strana “fratellanza” perché nell’Islam si è già “fratelli” nella fede per il fatto di aver riconosciuto il Messaggio di Allâh e del suo Inviato (ciascuno vi si conformerà nella misura delle sue capacità e secondo la Grazia che Allâh vorrà accordargli), mentre esiste una “fratellanza” di tipo più ristretto – ma non esclusivista, bensì complementare alla prima – se si aderisce ad una tarîqa (lett. “via”) regolare; quello che alcuni, estrapolando dal lessico moderno, definiscono “esoterismo islamico”, il quale – cogliamo l’occasione per questa precisazione – non ha alcun motivo d’essere considerato tale perché è il Messaggio dell’Islam stesso, trasmesso nel Corano e nell’esempio virtuoso del Profeta (Sunna), e sistematizzato nel lavoro dei sapienti (ijmâ‘)ad essere al tempo stesso “interiore” ed “esteriore”, tanto più che Allâh è azh-Zhâhir e al-Bâtin (Colui che appare e Colui che si nasconde)… Il Corano e la Sunna sono suscettibili di una serie indefinita di interpretazioni, sempre più profonde e sempre più incomunicabili razionalmente, che non ha alcun senso parlare di “esoterismo islamico”. Né di “fratellanza musulmana”, se se ne fa un uso settario, come ‘un di più’ rispetto alla “umma” (la comunità dei credenti), quasi a far credere che l’Islam sia un’ideologia di cui un qualsiasi partito o movimento politico può arrogarsi l’esclusiva rappresentanza ed “ortodossia”.
E così veniamo alla conclusione di questa disamina, che non ha alcuna pretesa di sistematicità né intende rappresentare “la verità unica e indiscutibile”, trattandosi solo di quel che ho rielaborato sulla base degli elementi raccolti, dell’esperienza fornitami da situazioni analoghe e da una valutazione generale sullo stato dell’attuale “civiltà”.
Che vengano rovesciati i vari Gheddafi, gli al-Asad ecc., così come sono scomparsi i Ben ‘Ali e i Mubarak in un batter d’occhio, è certamente importante dal punto di vista delle popolazioni da essi governate, e anche da quello dell’analisi geopolitica più generale, ma la questione più rilevante resta sempre la valutazione in termini “islamici”, “di civiltà”. Nel senso che si tratta di personaggi che con l’Islam hanno a che fare ben poco, per non dire nulla. Se sono autentici “sottomessi” questo lo sa solo Allâh, nel segreto dei loro cuori[46]. Che essi incoraggino dei modi di vita islamici, delle società che offrano delle condizioni favorevoli ad uno sviluppo spirituale delle singole persone, non è però facile negarlo con il frettoloso ‘anatema’ scagliato dai fondamentalisti. Soprattutto perché bisogna fare molta attenzione a non fare dell’Islam un’ideologia politica, un “sistema concluso”, perché su questa china praticamente diventano tutti “islamicamente deviati”, per non dire dei kâfir[47]. Al peggio non c’è mai fine, e a questi personaggi potrebbero fare seguito altri ancora peggiori, che da una parte potrebbero mettersi ad aizzare le lotte settarie infraislamiche, con annessi attacchi ai cristiani[48], tanto per dirne una che accelererebbe la sindrome da “scontro di civiltà”. Se si considera la Siria degli al-Asad, non si potrà certo dire che viga un “ordinamento islamico”, ma neppure si può sostenere che l’Islam, colà, non sia possibile viverlo… La situazione potrebbe insomma peggiorare, in mano a dei fanatizzati, con gli ultimi rappresentanti regolari della tradizione islamica che si troverebbero davvero a mal partito. Per non parlare dell’altro esito eguale e contrario di questa “primavera araba”, quello della diffusione di un tipo umano “democratico”, perciò “laico” (o meglio laicista) e che “crede solo a se stesso”[49]. “Musulmani” come i “cristiani della domenica”, poi solo da “Pasqua e Natale”, infine completamente dimentichi del loro Creatore e inebriati dalle illusioni di questo mondo.
Al di là dei risvolti geopolitici e di come potrà finire per l’Italia (male), la domanda essenziale su tutti questi rivolgimenti è: quale tipo umano uscirà prevalente dalla “primavera araba”? Come in diversi ormai cominciano a realizzare sulla loro pelle nella stessa Europa vagheggiata quale nuovo ‘Eldorado’, la “democrazia” è un veleno interiore, più che altro[50]. Se anche quelle popolazioni si “democratizzeranno” ed “occidentalizzeranno”, vorrà dire che si distoglieranno sempre più dal Cielo per invischiarsi nel “mondo”… e questo non è un bene, in termini assoluti. Il che non differisce, nella sostanza, da un esito “islamico” in senso fondamentalista letteralista.
Ma chi conosce i piani di Allâh? Noi di certo no! Quindi, in un certo senso, comunque vada, andrà sempre “bene”… L’importante è non “preoccuparsi” inutilmente e prepararsi a quel che verrà, ‘lavorando sodo’[51]… Perché se anche l’ultima “civiltà” che teneva a freno l’espansione del modello occidentale laicista venisse a collassare per la prevalenza dei valori edonistici e materialistici (oppure di un “Islam” fondamentalista letteralista), non è affatto peregrino prefigurare l’approssimarsi dei “tempi ultimi”, che non saranno esattamente ‘primaverili’… A quel punto, non essendo più in vista alcun “raddrizzamento” parziale o “aggiustamento” prima della fine del ciclo della presente umanità[52], non basterà più una partecipazione ‘passiva’ (“religiosa”) alle verità principiali, ma solo una identificazione ‘attiva’, realizzata, delle stesse. Chi ha orecchie per intendere, intenda, prima che sia troppo tardi.
NOTE
[1] Curiosamente, in entrambi i casi, il ‘cerino’ che ha innescato la “primavera” è il suicidio di un dissidente che si dà fuoco (nel 1969, il cèco Jan Palach).
[2] Il “mondo arabo moderno” è l’esito della spartizione delle spoglie dell’Impero Ottomano, una compagine sovranazionale in grado di rappresentare l’ultima espressione visibile dell’unità della umma (la comunità dei credenti dell’Islam), tramite l’istituto del “califfato ottomano”. Tale spartizione venne perseguita lentamente, ma metodicamente, dalle potenze occidentali, sin dalla seconda metà del Seicento, soprattutto dall’Ottocento, e poi realizzata dopo la Prima guerra mondiale. Il passo immediatamente successivo fu la “abolizione del Califfato”, con la connivenza dei contro-iniziati “Giovani Turchi” (già al potere dal 1909), la quale comportò la fine di un istituto che riveste una funzione eminentemente spirituale, e solo subordinatamente ‘religiosa’ e ‘politica’. Per alcune note sul Califfato, e una ricca bibliografia, rimando al mio Considerazioni sull’istituto del Califfato e la “Giustizia” nell’Islam, “Eurasia”, 4/2007, pp. 35-44.
[3] La guerra, ormai, per vergogna, ipocrisia e viltà non la si dichiara più a nessuno, tant’è che tutti gli Stati odierni hanno dei “ministeri della Difesa”. Si legga, a proposito, il provocatorio ma lucido saggio di M. Fini, Elogio della guerra, Marsilio, Venezia 1999.
[4] http://www.etimo.it/?term=rivoluzione.
[5] Ra’îs significa “presidente”, sebbene venga ripetuto con tono terrificante (a mo’ di “Fuehrer”) dai ‘nostri’ giornalisti.
[6] Leggasi “amico dell’Occidente”, nel senso che permette alle sue banche e alle sue industrie di fare il bello e il cattivo tempo con le ricchezze e le potenzialità, materiali ed umane, del Paese governato; a condizione però che il “moderato” di turno e la sua cricca vengano lautamente rimpinzati di danari (perlopiù depositati negli stessi Paesi occidentali, che al momento opportuno possono sempre “congelare” – v. “rapinare”, ovvero “riprendersi” – i suddetti danari suddette ricchezze. Come si capisce facilmente, mantenere una cricca compiacente in un qualsiasi Paese sottomesso – “di tipo A”, scriveva John Kleeves, il cui fondamentale Vecchi Trucchi è stato appena ristampato da Il Cerchio – è un’operazione praticamente a costo zero, fondandosi sullo sfruttamento della boria e della credulità di personaggi che s’illudono di essere “onnipotenti”).
[7] Infatti, sin dal sussidiario delle elementari veniamo informati che la “Rivoluzione francese” ha il suo protagonista nel “popolo che prende la Bastiglia”!
[8] Cosicché queste commesse militari servono a mantenere fiorente uno dei pilastri della “potenza americana”, quello delle fabbriche di armi, solidale ed integrato con gli altri: speculazione monetaria e investimenti in borsa, ricerca scientifica e tecnologica (ecco perché ai giovani scienziati italiani non si devono fornire opportunità in patria) e industria petrolifera, secondo quanto spiegato benissimo da A. B. Mariantoni ne Il “tandem” Usa-Israel nel Vicino Oriente (http://www.vho.org/aaargh/fran/livres6/Mariantoni06.pdf). Ai predetti quattro pilastri va aggiunto, quale vera e propria arma di distruzione di massa d’intere società soggiogate, il traffico di droga (v. il cap. IV del suddetto “Vecchi Trucchi”: http://www.ilcerchio.it/vecchi-trucchi-nuova-edizione.html).
[9] Ed è certamente più ‘anticristico’ del precedente Bush, dal piglio e dalle movenze tipicamente bovare. Obama è invece mellifluo, suadente, accattivante, mentre concretamente porta avanti indefettibilmente l’agenda perversa occidentale…
[10] L’altra parte venne invece occupata dalla Russia (Urss), ma col senno di poi abbiamo visto che anche l’ex “Europa Orientale” è stata conglobata – ad ogni livello, compreso quello della mentalità – nel cosiddetto “Occidente”. Si noti di sfuggita che mentre si continua a parlare di “Terzo mondo” (progressivamente sostituito da “Sud del mondo”), nessuno spiega dov’è finito il “secondo”, che corrispondeva, nella logica sviluppista, ai Paesi del “blocco sovietico”.
[11] l’Irlanda è atavicamente disprezzata da costoro; l’occupazione delle sei contee del nord – l’Ulster – non viene mai citata, neppure per sbaglio, come il più scandaloso caso di occupazione in Europa.
[12] È un fatto, però, che nei mesi scorsi l’industria dell’auto giapponese – celebre per la sua precisione – ha ‘incredibilmente’ sfornato modelli “difettosi”, costretti ad essere ritirati dal mercato dietro pressioni occidentali, Stati Uniti in testa (Fiat/Chrysler alla riscossa?). Che si sia trattato di minacce per la storica riappacificazione in corso tra Giappone, da un lato, Cina e Russia, dall’altro? Per la crescente insofferenza dimostrata verso la presenza delle basi degli Usa?
[13] In Italia vi è il caso patologico della cosiddetta “opposizione” che rema sistematicamente contro il governo di turno per non far funzionare nulla quand’anche quello combinasse qualcosa di buono nell’interesse (udite udite!) degli italiani. Tanto per chiarire con chi si ha a che fare, citiamo una delle “rivelazioni” di Wikileaks, in cui si riferisce che membri della “opposizione” sono stati convocati dall’ambasciatore degli Usa in Italia per prendere istruzioni su come far cadere Berlusconi!
[14] Per giunta bloccato in Sardegna dalla solita “magistratura” per non far funzionare nemmeno quello, poiché la regola numero uno in Italia – come detto – è che non deve funzionare nulla.
[15] Per comprendere il peso del fattore “fonti d’energia” nello scatenamento delle guerre moderne, si leggano tutte le opere di Anton Zischka, soprattutto La Guerra segreta per il petrolio (trad. it. Bompiani, Milano 1936; ripubblicato nel 1942 col titolo La guerra per il petrolio). Fondamentale anche il suo Le alleanze dell’Inghilterra, (trad. it.) Casa Editrice Mediterranea, Roma 1941.
[16] Queste ultime vengono clownescamente richieste con voce ancor più assordante dalle “opposizioni”, che a rigor di logica, se si “opponessero” al governo in carica come dicono, dovrebbero protestare perché tali “riforme” vengono già sin troppo imposte. Forse protestano – sempre per bocca del suddetto ambasciatore americano – perché il governo fa “troppo poco”?
[17] Un’abbondante messe d’informazioni in merito è consultabile sul sito “Infopal.it” (www.infopal.it).
[18] Qui si rasenta l’onirico. Si vedano le seguenti immagini, a partire dalla 7, e si giudichi se non si tratta, a questo punto, di un autocompiacimento per lo sfacelo totale di cui sono preda gli italiani: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2011/03/18/visualizza_new.html_1534187903.html?idPhoto=7; in quale Stato degno di tale nome potrebbero accadere simili situazioni, per giunta in una marea di retorica (o buonista o tutto fumo e niente arrosto) perché tanto tutto è già stato deciso?
[19] È fondamentale ricordarsi che esiste un’inossidabile ultracentenaria “Entente cordiale” tra i due Paesi, firmata nel 1904 e rinnovata in gran pompa nel 2004.
[20] Si tratta sempre della stessa America dei golpe e delle predazioni planetarie, ma stavolta ha cambiato registro, al punto che organizza i colpi di Stato e contemporaneamente li critica! Vedasi il caso recente dell’Honduras del legittimo presidente Zelaya, defenestrato senza che i soliti Onu e compagnia bella abbiano trovato da ridire.
[21] Il controllo del Corno d’Africa è invece fondamentale nel quadro del sistema di comunicazione Mediterraneo-Oceano Indiano-Golfo Persico: ecco che dopo “Mani Pulite” anche le nostre posizioni in Somalia sono andate irrimediabilmente perdute. Importanza basilare riveste poi il controllo dell’Etiopia per il sistema idrico nilotico; quindi si drizzino bene le antenne quando qualche paladino dei “popoli in via d’estinzione”, mandato avanti da qualche ong britannica, viene a perorare la causa di qualche tribù perché a “rischio siccità”…
[22] Lo riconosce, correttamente, anche un commentatore di Rainews 24, Zouhair Louassini, nei suoi frequenti interventi sull’emittente italiana.
[23] La prova provata che le “questioni di principio” sono una messinscena è data dalla pluridecennale serie di angherie operate ai danni della popolazione palestinese, nei confronti della quale nessun “alfiere della democrazia” ha mai preso un’iniziativa.
[24] Il che non vuol dire che qualsiasi azione di uno Stato sia giustificabile, ma comprensibile sì, alla luce delle prerogative di ogni entità statuale (in primis la sovranità territoriale), la quale – se valgono le cosiddette “questioni di principio”, incarnate nella “democratica” Onu – non dovrebbe diventare oggetto di attacchi da parte di altri Stati mentre è intenta a ristabilire l’ordine interno!
[25] Per quanto riguarda invece l’informazione su siti e riviste che analizzano la situazione, è utile leggere per prima cosa il sito della rivista di studi geopolitici “Eurasia” (www.eurasia-rivista.org), il cui approccio geopolitico si distingue da quello perlopiù ideologico delle varie testate “politiche”, per le quali vale più decifrare con le categorie di “destra” e “sinistra”, “libertà” e “dittatura”, “laico” e “confessionale” eccetera ciò che piuttosto va visto come una partita a scacchi di livello regionale, mediterraneo, ma in ultima analisi planetario, poiché ogni singola “crisi”, in questi frangenti, risulta connessa alle altre, dato che i grandi interessi in gioco, al di là delle partite che si giocano localmente, sono gli stessi ovunque. Interessante anche il blog Byebyeunclesam (http://byebyeunclesam.wordpress.com/), che ci ragguaglia sul fatto che se l’operazione sarà a guida Nato (come, non si sa, visto che Germania e Turchia sono contrarie), il centro delle operazioni sarà in provincia di Ferrara: fa bene ricordarsi che cos’è l’Italia… una capillare rete di basi ed installazioni militari Usa/Nato! Molto utile per smascherare la propaganda in atto anche il blog http://blogghete.altervista.org/joomla/.
[26] Dalle quali viene escluso un unico quotidiano a tiratura nazionale, “Rinascita”, per motivi che è facile comprendere se solo si va a leggere il suo sito: http://www.rinascita.eu/.
[27] Su “Mani Pulite” si consulti A. Venier, Il disastro di una nazione. Saccheggio dell’Italia e globalizzazione, presentazione di B. Craxi, Padova, Edizioni di Ar 1999.
[28] La posizione defilata della Germania c’è chi la spiega con accordi energetici presi con la Russia, e la posizione tedesca spiegherebbe anche quella della Lega Nord.
[29] Guarda caso, nei primi giorni della “crisi libica”, Gheddafi s’è fatto intervistare proprio dalla tv serba…
[30] C’è da chiedersi quale credibilità abbia un’inviata che, appena “i ribelli perdono Ras Lanuf” fa fagotto con loro e batte in ritirata… Che cosa aveva da temere restando lì e svolgendo il suo lavoro? Già, in effetti, avrebbe potuto raccontare “i massacri del regime di Gheddafi”… invece, ha creduto bene di darsela a gambe con la soldataglia armata e stipendiata da Londra. Un bel servizio informativo, non c’è che dire!
[31] Questi intrepidi “combattenti per la fede” si guardano bene dall’attaccare una banalissima Giordania, per preparare un successivo attacco a Israele; attaccano invece la Russia, prima con la scusa del “comunismo ateo”, poi non si sa più perché, ma l’importante è che ciò serva gli interessi strategici occidentali.
[32] Non è inutile rammentare che in Kosovo ha sede la più grande base statunitense d’Europa, Camp Bondsteel.
[33] Enrico Insabato, filo-islamico di tendenza anarchica, svolse prima, durante e dopo la Seconda guerra mondiale una costante opera di avvicinamento tra l’Italia e il mondo arabo-musulmano, testimoniata anche in numerose opere a stampa. Su Insabato si leggano C. Gotti Porcinari, Rapporti italo-arabi (1902-1930) dai documenti di Enrico Insabato, E.S.P., Roma 1965; A. Scarabel, Una rivista italo-araba d’inizio secolo: an-Nâdî (Il Convito), “Oriente Moderno”, a. LVIII, nr. 1-3, gennaio-marzo 1978, pp. 51-67.
[34] Con ciò s’intende prosecutore dell’opera dello shaykh Muhyî d-Dîn ibn al-‘arabî (1165-1240).
[35] Cfr. M. Vâlsan, La funzione di René Guénon, (trad. it.) Ed. all’insegna del Veltro, Parma 1985.
[36] Con ogni probabilità, edita non solo nel quadro delle mere attività ‘diplomatiche’ dell’Italia nel mondo arabo-islamico, ma anche – sfruttando la posizione centrale dell’Egitto all’interno dell’ecumene islamica – nell’ottica di quel lavoro di “ricostituzione di una élite occidentale” (e di una corrispondente “intesa” con l’élite “orientale”) di cui già René Guénon parlava sin dall’inizio degli anni Venti.
[37] Cfr. A. Baldinetti, Orientalismo e colonialismo. La ricerca di consenso in Egitto per I’impresa di Libia, Istituto per l’Oriente “C.A. Nallino,”, Roma 1997. La Libia, governata direttamente dall’Impero ottomano dal 1835, nel 1911 era sì ancora ottomana formalmente, ma dal 1908-1909 a Istanbul spadroneggiavano i “laicisti” nazionalisti Giovani Turchi, che avevano messo a mal partito il sultano ‘abd el-Hamîd II, che tanto si era prodigato per il sostegno in favore del “panislamismo”, onde non disperdere i musulmani di tutto il mondo in tante ‘piccole patrie’ come poi sarebbe accaduto.
[38] Guarda caso in contrasto con lo shaykh al-‘Alîsh sulla questione di una moschea al Cairo intitolata al re d’Italia Umberto I, definita da quello come “strana innovazione”. Cfr. A. Scarabel, art. cit., p. 62.
[39] Fî l-ikhtilâf rahma (“nella diversità [di pareri] vi è una misericordia”), asserì il Profeta.
[40] Lo shaykh al-‘Alîsh fu coinvolto direttamente nella rivolta di ‘Urâbî Pascià (1882), l’ultimo sussulto di dignità egiziano prima del dominio diretto britannico.
[41] Cfr. O. Yinon, Una strategia per Israele negli anni Ottanta del Novecento, “Kivunim”, n. 14, febbraio 1982, trad. it in AA.VV., Sul terrorismo israeliano, Graphos, Genova 2004, pp. 68-82.
[42] Così come il Kuwayt esiste per l’unico scopo di togliere all’Iraq un decente sbocco sul Golfo Persico/Arabico. Ma è tutto il cosiddetto Medio Oriente contemporaneo ad essere un colossale imbroglio geopolitico, storico, diplomatico e politico, a partire da tutti quegli “emirati” dove si scia dentro un centro commerciale o si va ad abitare su un’artificiale “isola mondo”. Perciò una cosa deve essere chiara: che esso meriti di sparire, non c’è dubbio, ma siccome al peggio non c’è mai fine vi è la possibilità concreta che alla situazione generata dopo la fine dell’Impero Ottomano ed ereditata grosso modo fino ad oggi (Stati Nazione d’importazione) vada a sostituirsene un’altra sempre congeniale agli interessi occidentali, quando invece sarebbe auspicabile ben altra riscossa…
[43] Questa definizione va però presa con le molle in realtà diverse da quella europea. La Siria attuale è sì uno “Stato laico”, ma non “laicista”! Quello che vogliono gli occidentali, invece, è il lacismo, con trionfo del corrispondente tipo umano.
[44] All’epoca, tanto per cambiare, il presidente egiziano era presentato dagli occidentali come il “nuovo Hitler”.
[45] Che ha chiuso su richiesta del governo israeliano – fa sapere Alarabiya (un attimo meno schierata di Aljazeera) – la pagina sulla quale dei “giovani palestinesi” stavano convocando una “terza Intifada”…
[46] È degno di nota sottolineare come Mu‘ammar al-Qadhdhâfî (Gheddafi) sia stato il finanziatore, nel 1976, del più celebre film sulla vita del Profeta dell’Islam e la comunità islamica delle origini, ar-Risâla (Il Messaggio): http://it.wikipedia.org/wiki/Il_messaggio.
[47] Il kufr è la forma più grave di “miscredenza”, ovvero la negazione del tawhîd, ovvero l’Unità e l’Unicità divine. Il kâfir pertanto è colui che si rende colpevole del kufr.
[48] Vi è già chi mette sull’attenti per quanto riguarda i cristiani di Siria… Cfr. In Siria un milione di cristiani rischia un nuovo Iraq: http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2011/4/5/IL-CASO-In-Siria-un-milione-di-cristiani-rischia-un-nuovo-Iraq/164867/.
[49] Significativamente, gli angloamericani si trovano perfettamente a loro agio anche con situazioni governate da musulmani che applicano la religione “alla lettera” (gli Stati della penisola araba sono tutti una loro creazione). Si tratta della normale intesa tra “puritani”, visto che il puritanesimo è innanzitutto uno stato d’animo, un atteggiamento generale, marcato da moralismo ed ipocrisia. Non casualmente il “puritanesimo” letteralista nella versione islamica si afferma in situazioni caratterizzate da notevole opulenza.
[50] Abbiamo già affrontato quest’argomento nei due precedenti articoli pubblicati su questo sito.
[51] Per capire il senso di quest’espressione ci si riferisca al contenuto illuminante di Lettera a un discepolo, di al-Ghazâlî, (trad. it.) Sellerio, Palermo 1992.
[52] Cfr. R. Guénon, Il regno della quantità e i segni dei tempi, (trad. it.) Adelphi, Milano 1982.