“Nei loro cuori v’è una malattia…”. L’islamofobia nasce dalla paura dei “moderni” di fare i conti con se stessi e di trarne le necessarie conseguenze

di Enrico Galoppini

islamofobia2“Salve professore, volevo chiederle una cosa… forse a Lei posso chiederla, dato che è un esperto di lingua araba… Mi sa dire qual è la traduzione corretta del nome Muhammad?”.

“Salve, ah certo, Muhammad, da una radice araba che veicola il significato di ‘lode’, ‘lodare’ ecc. può essere reso con ‘il Lodatissimo’”.

“A me però hanno detto un’altra cosa…”.

“Cioè? Beh, sa, a volte le traduzioni che circolano per la maggiore sono un po’ approssimative… comunque quella che le ho riferito è precisa”.

“Ma me hanno detto che Muhammad vuol dire ‘maiale’”.

Il professore, per quanto provi a trattenersi, fa una faccia a dir poco allibita… e replica: “Ma è sicuro che le hanno detto così? Ma chi gliel’ha detto? Mi sembra davvero strano… Ad ogni modo quella che le ho dato è una traduzione precisa”.

L’altro però non mostra alcun cenno di accogliere il parere dell’esperto al quale si era rivolto… : “Eppure mi hanno detto così”.

“Scusi, è una provocazione?”, risponde l’esperto…

“No no, mi hanno assicurato che vuol dire proprio ‘maiale’!”.

“Arrivederci!”, taglia netto il professore.

Questo dialogo che ho appena riportato non è tratto da una scena di un film di Hollywood con Chuck Norris o Bruce Willis, ma è quello che può accadere ad un professore di lingua araba (il sottoscritto). La vicenda, per quanto marginale la si voglia considerare, ben si presta ad una serie di considerazioni sul tema dell’islamofobia, che qui – dopo il primo intervento su questo sito[1] (e l’omonimo libro)[2] – andremo a sviluppare ulteriormente.

Innanzitutto, la prima cosa che si evidenzia da una situazione del genere è che ci sono delle persone che hanno subito letteralmente un lavaggio del cervello da parte dei media (tv, radio, giornali e testate in rete ad alta diffusione) e della cosiddetta “cultura”, che specialmente da dieci anni (dal ‘big bang’ dell’11 settembre) ci bombardano con suggestioni mirate a suscitare terrore e odio verso l’Islâm. Una cosa che non ci deve affatto sorprendere, altrimenti non si spiegherebbe l’ammontare incalcolabile di tutte le risorse, materiali e non, impiegate dai centri di potere che sovvenzionano tali media incaricandoli di martellare a senso unico (nel rispetto del “pluralismo”!) un pubblico per sua natura sprovveduto e senza alcuna capacità critica, perché non ha né il tempo né lo stimolo per andare a cercare qualcosa di meglio per informarsi. Per non parlare di “cercare la verità”, che è cosa ormai chimerica nell’orizzonte dell’uomo “occidentale” soddisfatto dalla “modernità” (“occidentale” e “moderno” sono in pratica sinonimi). D’altra parte questi stessi media rispondono esattamente alle aspettative di un certo pubblico desideroso di essere rinforzato nelle sue convinzioni, pertanto si tratta di un circolo vizioso senza via d’uscita, perché i media danno forma alla mente delle persone e le medesime persone richiedono dai media una conferma dei loro pregiudizi e delle loro fissazioni. Fin qui, tuttavia, si è scoperta la classica acqua calda. I media e suoi guitti (tra cui gli “esperti” sono i più perfidi, messi lì apposta a non far capire come stanno le cose) sono dei pappagalli che cantano come gli impone il padrone (chi ci mette i soldi), e il pubblico impara a ripetere la filastrocca.

Per entrare appena più in profondità, ci si soffermi sul fatto che – come evidenziato dall’aneddoto – gli ammorbati da questa propaganda velenosa che esce dai media e da una “cultura” che è eufemistico definire velenosa, non prendono di mira solo “l’arabo”, “il marocchino” ecc., ma hanno elevato il livello dell’insulto e della maldicenza, rendendo più evidente lo scopo ultimo di tale propaganda, fino a definire ‘maiale’ il Profeta dell’Islâm, l’Inviato di Dio esempio di virtù per oltre un miliardo di fedeli. Infatti, fintantoché si attacca “l’arabo” o “il marocchino”, fondamentalmente si ha di mira l’immigrato, ed ancorché si possa essere d’accordo o meno è legittimo – sempre che non si generalizzi a tutto e tutti e non ce la si prenda con l’ultimo anello della ‘catena migratoria’ – non essere entusiasti della “società multietnica”: in parole povere, chi non vuole “il marocchino” non vuole neanche “il romeno”, “il negro” o “il muso giallo”. Si tratta, in questo caso, di un punto di vista su cui si può essere d’accordo o meno (il che risulta democraticamente indifferente per chi detiene le leve del potere), senonché, bisognerebbe anche sapere in nome di che cosa ci si oppone a tutto ciò, o meglio focalizzare la radice del “problema immigratorio”, perché l’impressione è che – esulando dal vago discorso moralista sulla “società multietnica” proclamato dai soddisfatti del sistema e che evita come la peste gli argomenti economici perché quelli non danno scampo – l’impressione – dicevamo – è che intervenga una componente essenzialmente ‘satanica’ nel determinare l’atteggiamento di avversione verso “l’islamico”, che non è più semplicemente il bersaglio di un vago pregiudizio nei confronti del “diverso”. Difatti, nella vulgata da osteria in voga, “islamico” sta per “musulmano”, “colui che segue e pratica la religione dell’Islam”, ma se per un po’ questo ha fatto il pari con “marocchino” o “arabo”[3] progressivamente va connotandosi come un attributo squalificante, quasi un insulto, per il solo fatto che chi ne viene investito diventa esecrabile in quanto essere umano che segue e pratica una religione. Un essere superstizioso uscito dal passato, dal “medioevo”![4]

Inoltre la propaganda in cui siamo immersi non dice mai – vi si faccia caso – che la “società multietnica” è un problema perché dove l’hanno già sperimentata è fallita (ad es. gli Stati Uniti, Obama o non Obama) o perché dati economici alla mano si può sostenere che più stranieri si fanno entrare più vengono sfruttati anche i nazionali. Macché, dovremmo invece tremare alla sola vista dei minareti o di qualche barba più lunga del consentito dalla pubblicità del “nuovo Gillette”! Per non parlare del fatto che è davvero assurdo permettere l’ingresso di stranieri e poi dargli addosso se seguono la loro religione, come se la mitica “integrazione” prevedesse l’adesione all’ateismo (di fatto) di questo sistema inadatto anche per gli animali[5]. Ma, lo sanno bene i fabbricanti di opinioni, gli argomenti “identitari” fanno presa sulla massa di cui si cerca il consenso, cosicché il tutto si riduce a mera tifoseria, sterilizzando sul nascere ogni possibile e sensata critica di tipo economico-sociale per buttarla sulla gazzarra da stadio del tipo “noi contro loro”.

Si tenga poi presente un punto importante: che il “no all’Islam” viene sempre inalberato in nome dei “nostri valori”. In via di principio anche quest’atteggiamento non farebbe una piega, altrimenti dovremmo condannare, per esempio, anche Toro Seduto che in nome dei “suoi valori” si era opposto ai “visi pallidi” e che invece aveva ragioni da vendere (il senno di poi gli ha dato ampiamente ragione). Ciascun popolo, se lo ritiene sacrosanto, ha tutto il diritto di difendere la terra, l’onore, i suoi “dei”…

Ma quali sono i “nostri valori”? Il punto è questo, ed invito – come ho fatto nel precedente articolo – a soffermarsi sulla parola “nostri”.

Ci viene inculcato dalla mattina alla sera, dalla culla alla bara, che quella europea è una “civiltà cristiana” (o meglio, “giudaico-cristiana”… giusto per escludere dal trio dei cosiddetti “monoteismi”, a livello di percezione, proprio l’Islâm!), pertanto uno potrebbe pensare che i “nostri valori” siano di tipo religioso. Che dunque la nostra “civiltà” ruoti attorno ad una religione: un credo, un rito, una morale, ed incoraggiamento, da parte di chi detiene le leve del potere perché è qualificato per questo compito[6], dei “valori” che rendono una vita degna di essere vissuta, quindi non sprecata, perché conforme all’Ordine, che non è certo di questo mondo: basti solo per un attimo osservare la volta celeste in aperta campagna… può l’essere umano aver creato tutto ciò?

Ma i “nostri valori” sono quelli di Buffalo Bill e del 7° Cavalleggeri, che dalla carica a cavallo è passato ai bombardamenti al fosforo e all’uranio impoverito di nuovi sventurati “selvaggi”, questa volta con la kefia al posto delle piume, ma che hanno il medesimo ‘difetto’: la loro vita, sopra ogni altra cosa, ha un orientamento preciso, immutabile, e i “loro valori” non cambiano perché la fonte da cui traggono la ragion d’essere è immutabile ed è percepita giustamente come tale. Ecco, questo manda fuori di testa i fautori dell’Occidente: com’è possibile che dopo quindici secoli questi “selvaggi”, questi “superstiziosi”, non abbiano sentito l’esigenza di “ammodernare” (renderlo “alla moda”, “al passo coi tempi”) il loro libro sacro? Che scandalo! Dovrebbero senz’altro procedere ad una “esegesi”… dovrebbero estrapolare il “Corano spirituale” da quello “legalistico”, dovrebbero basarsi sulle “traduzioni” eccetera eccetera…

Questa immutabilità del Libro sacro dell’Islâm sulla quale anche tutte le legioni di demoni schierate in assetto da guerra non riescono ad intervenire diventa perciò insopportabile agli occhi di chi s’è innamorato della “modernità”, perché è facilmente comprensibile che chi esteriormente sfodera tutta questa spavalderia e sicumera nell’avere il mondo in mano, sotto sotto invidia chi, invece, mentre arriva il terremoto, non si dà alla fuga come un’anatra impazzita (con tutto il rispetto per le anatre), ma resta fermo sulla sedia intento a rimettere l’anima ad Allâh (visto su una tv pachistana), o chi mentre è mezzo macellato con una gamba staccata dalle bombe dichiara che “Non vi è altra divinità se non Iddio e Muhammad è l’Inviato d’Iddio” (visto su Aljazeera). E dall’invidia all’odio il passo è consequenziale.

Eh già, l’occidentale moderno (ovvero chi aderisce alla visione del mondo in cui non c’è posto per una religione vera[7]) è come un malato, un malato di tipo particolare, un malato nell’anima, in termini spirituali (fî qulûbi-him maradun… “Nei loro cuori v’è una malattia”, Cor. II, X), ma come tutti i malati non va trattato con altro male bensì trattato con dolcezza, proprio perché l’occidentale, il “moderno”, fondamentalmente ha solo bisogno di sperimentare l’Amore ed uscire così dalla spirale d’odio in cui s’è cacciato per colpa dei demoni ai quali ha prestato ascolto. Effettivamente la sua vita – alla quale crede di tenere così tanto che la chiama “la mia vita” – è tutta un’antologia di violenze, che informano i rapporti di lavoro, debordano dai media, fluiscono nelle strade, s’insinuano anche nelle case… Ma lui, poveretto non capisce da dove provenga tutto questo bombardamento, né – come detto sopra a proposito del pubblico sprovveduto sottoposto al bombardamento mediatico e “culturale” – possiede gli strumenti per difendersi, e, soprattutto, non sa a chi rivolgersi per curarsi quand’anche avvertisse d’esser giunto ad un punto in cui il dolore è diventato insopportabile…

Ma ricordiamoci dei media, di chi li finanzia… i padroni di questo sistema, servitori del Principe di questo mondo… Sono come i trafficanti di droga, perché dopo averti avvelenato ti danno pure la “medicina”, cioè altra droga ancora, magari sotto forma di tonnellate di donnine che sgambettano, di “divertimenti” a iosa, di sport televisivo a dosi da cavallo… di sempre nuovi desideri che prendono la forma di una macchina nuova, di un capo “firmato”, di un ultimissimo modello di telefonino ecc. Ma non basta mai, perché tutte queste sono fonti di felicità effimera, dietro la quale si nasconde il vuoto dell’esistenza senza una bussola, un orientamento, e allora ancora giù con altra droga psichica… A quel punto qualcuno di questi drogati potrebbe tentare di rivolgersi ad una “comunità di recupero”, no? E allora che fa il Capo di tutta l’operazione di depistaggio? Agita tutti i suoi burattini più o meno consapevoli[8] per presentare alla maggioranza l’Islâm come la “religione dei terroristi”, quella di chi vuole distruggere “i nostri valori”, il Male assoluto. Quelli che vengono a rovinarci la festa, ovvero a toglierci la droga del “mondo moderno” e a renderci perciò “infelici”. Quindi ancora altro avvelenamento anti-islamico, a dosi sempre più massicce, che prendono le forme del burqa, di Bin Laden, di “Allâhu Akbar” ecc.[9] “Ci vogliono imporre i loro valori!”, “ci vogliono invadere”, “ci vogliono convertire tutti!”. A completare questo giochetto che sembra perfetto (ma non lo è, perché alla fine Allâh ordisce trame migliori…), questa diga senza possibilità di falle, ci si mettono pure i musulmani fanatizzati, e non mi riferisco a chi difende la sua terra (come vuole, con ogni mezzo, perché ne ha tutto il diritto), ma a chi si pone come esempio, come “rappresentante dell’Islam” senza avere i titoli per farlo… a chi pensa di difendere “la causa” facendosi ritrarre con le bave alla bocca e con l’immancabile bandiera americana o israeliana bruciata, come se bastasse ciò per far ritornare nell’inferno da cui sono uscite le forze che hanno dato forma al “mondo moderno”. Anch’essi, a modo loro, sono dei drogati psichici, ma su questo – se Allâh vuole – torneremo in un prossimo intervento, perché è bene dire anche qualcosa su quei musulmani che non rendono certo un bel servizio alla ‘causa dell’Islâm’, risultando onestamente odiosi nel loro fanatismo identitario unilaterale.

Gli europei, ma anche gli americani, identificatisi nell’ideocrazia occidentale, stanno arrivando al fondo della disperazione, della crisi esistenziale di chi ha smarrito la retta via perché abbagliato dagli specchietti della molteplicità; di chi ha rinunciato a puntare al Paradiso, la dimora della grande Pace, dove la mente smette di governare per conto del demone interiore egoico, preferendo perdersi – ingannato – in mondi artificiali governati dallo psichismo in ognuno dei quali ciascuno si sente un “re” (il peccato più grande del Diavolo è quello di orgoglio), mentre al fondo della sua coscienza (perché di quella un barlume resta sempre) qualcosa gli dice che la sua non è vera regalità, e per questo si scaglia verso se stesso e poi gli altri con tutto l’odio che questo provoca… Il mondo, così, da quel ‘paradiso’ che potrebbe essere, pur con la sua imperfezione, ascoltando le ‘sirene’ dell’ego diventa piuttosto un inferno in cui l’uomo non si vuole più bene, si punisce drogandosi, e poi passa ad infierire su ciò che è esterno a lui, fino a non concepire più nemmeno la possibilità che esista una via d’uscita; e se per ‘miracolo’ (che non è “il caso”, ma una possibilità che viene concessa per Misericordia celeste) ciò gli si prospetta, subito interviene un sortilegio architettato per velarla con l’inganno, perché l’Ingannatore sta lì proprio per questo. Anche per far credere che l’Islâm è la “religione dei kamikaze” (con tutto il rispetto per i veri kamikaze giapponesi, esempi di eroismo e sacrificio di sé, che come Toro Seduto sapevano che dopo la sconfitta un mondo sarebbe scomparso)[10], della “oppressione femminile”, del “fanatismo” e di tutto ciò che non è in linea coi dettami della “modernità”, la quale prescrive una religione civile parodistica e di conformarsi ad un modello organico a quella (una sorta di di ‘Sharî‘a non codificata’ invertita)[11].

L’uomo per sua natura “crede”, e se non crede nella giusta maniera finisce per credere ad una serie indefinita di ‘idoli’, che possono assumere le più svariate forme, ma riconducono sempre a “credere in se stessi”; che non è un messaggio pubblicitario, ma il sottile inganno dell’istikbâr (l’orgoglio) di chi crede di bastare a se stesso e di avere la possibilità di tenere tutto sotto controllo. L’inganno è sottile perché il “conosci te stesso” di delfica memoria va in tutt’altra direzione e porta, se ben guidati, se Dio vuole (in shâ’a Llâh), verso la Meta, il Principio. Tutte le dottrine tradizionali, e tra queste l’Islâm, affermano che al Principio appartiene il divenire: li-Llâhi l-masîr, che non è il “destino”, ma letteralmente il divenire, perché tutte le cose devono riconfluirvi… Chi non s’abbandona a questa evidente verità (è questo – ripetiamo – il senso di “Islâm”) scegliendo di “remare contro”, continui pure questa battaglia contro i mulini a vento, si droghi e spacci la sua droga psichica agli altri, si convinca pure che “Muhammad” significa “maiale”… ma si renda conto un giorno che così facendo sta ingannando innanzitutto se stesso (ma non Allâh!), sprecando un’occasione unica ed irripetibile d’intraprendere il viaggio al di là della ribellione inconcludente verso il Creatore di tutte le cose, dell’opposizione alla vita e dell’odio che genera: al jihâd fî sabîli Lllâh, lo sforzo, la lotta spirituale sul sentiero che conduce a Lui.

[1] Cfr. E. Galoppini, L’islamofobia è una forma dell’odio verso la religione e della ribellione verso il Creatore di tutte le cose. Osservazioni propedeutiche ad una trattazione dettagliata dell’ostilità verso l’Islam (28 dic. 2010). http://www.ildiscrimine.com/lislamofobia-forma-dellodio-verso-religione-ribellione-verso-creatore-tutte-cose-osservazioni-propedeutiche-ad-trattazione-dettagliata-dellost/.

[2] E. Galoppini, Islamofobia. Attori, tattiche, finalità, Ed. all’insegna del Veltro, Parma 2008 (scheda sul libro: http://www.insegnadelveltro.it/catalogo/metropoli/galoppini_islamofobia.htm).

[3] Che possono destare avversione se: vengono percepiti come troppi; diversi di loro vivono di espedienti illeciti; si comportano in maniera incivile; con la loro presenza, adattandosi a condizioni di lavoro inaccettabili dai locali, provocano un progressivo impoverimento economico ai danni delle fasce sociali meno abbienti ecc. (tutti argomenti “proibiti” che in un mondo che si autoproclama “libero” e che assicura di voler esportare la “libertà d’opinione” dovrebbero potersi discutere senza destare isterismi, mentre pare invece che l’unica cosa che si può insultare a piacimento sia la religione, in un delirante tentativo di ribellarsi al proprio Creatore e alle Sue leggi).

[4] Si faccia caso al fatto che il musulmano semplicemente ‘anagrafico’, che non pratica la religione, che beve alcolici, che si rade la barba ecc. ecc., che si “integra” conformandosi all’ateismo imperante (chiamato “laicismo”) vaneggiando tutt’al più di qualche indefinita ‘spiritualità islamica’, bene, quello è ben gradito e non fa paura, tanto che non lo si infama con l’epiteto di “islamico”. Si tratta del cosiddetto “musulmano moderato”, che qualcuno ha definito il “musulbuono”.

[5] Che non chiedono né la “democrazia” né il “libero mercato” né i “diritti umani”, ma, anzi (si pensi agli uccelli), all’ora della “preghiera dell’alba”, si mettono a cantare le lodi del Signore…

[6] Ovvero incarna al meglio, facendosene testimonianza vivente, i “valori” che proclama. Non è un caso che i musulmani considerino il Profeta Muhammad alla stregua di un “Corano vivente”, tant’è che la sunna (il suo esempio virtuoso) è la seconda fonte del diritto dopo il Libro sacro, in quanto modello comportamentale aderente al dettame coranico. In parole povere si tratta della classica distanza tra il “dire” e il “fare”, che negli “esempi” del mondo moderno è diventata praticamente sterminata. Ma l’uomo ha bisogno di esempi coerenti, da parte di altri uomini, non di vane chiacchiere “democratiche”.

[7] Per rispondere all’obiezione per cui ogni religione che si proclama tale sarebbe da mettere sul medesimo piano (l’America, si noti, è il luogo in cui sorgono le più disparate e parodistiche ‘religioni’!), potremmo aggiungere che un “retto credo”, una fede ortodossa, è quella che rende in linguaggio razionale i dati della metafisica, che è una per sua essenza, senza contraddirli. Su un altro piano, possiamo dire che una religione è “vera” quando vi sono uomini che si conformano ad un punto tale ad essa che la loro individualità è scomparsa, per lasciare spazio all’Oceano dell’Infinito, che è solo Amore perché ha risolto ogni opposizione: Islâm non vuol dire forse “abbandono”, “resa” (all’Ordine, al Decreto divino)? Ove, invece, si propongano alla guida di una religione personaggi letteralmente in dis-ordine, si può dire che quella non è una “religione vera” poiché significa che la sua operatività ha cessato di agire, quand’anche nella dottrina vi si ravvisino elementi d’ortodossia.

[8] Piena consapevolezza non vi è mai in costoro, altrimenti si ritrarrebbero inorriditi perché sono i primi candidati all’Inferno.

[9] Un classico del telegiornale: “I manifestanti islamici si sono scesi nelle strade al grido di ‘Allàhu akbàr’” [con accento rigorosamente sulla seconda “a”!], come a dire “ehi, tu a casa, ti stanno gridando tutto l’odio che provano per te, che al contrario di lui ami tanto il genere umano!”.

[10] Perché, altrimenti, gli Stati Uniti avrebbero fatto proclamare alla radio all’Imperatore che egli non era affatto il figlio del Cielo? Il “mondo moderno”, dove arriva, non scherza: punta dritto al cuore, perché trafitto quello l’organicità e la connessione col Cielo di un “corpo”, anche collettivo qual è quello di un popolo, vengono irrimediabilmente corrotte.

[11] Anche su questo, se Iddio vorrà, torneremo in un prossimo articolo.

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