Omicidio Yara Gambirasio: il “colpevole” assicurato alla giustizia?
C’era da scommetterci che avrebbero dato l’ergastolo a Giuseppe Bossetti.
Data della scomparsa di Yara Gambirasio: 26/11/2010. La somma delle cifre dà 13 (il tipico numero “disarmonico” che interrompe la ciclicità e che rappresenta morte, trasformazione e rinascita: che cosa si voleva far “rinascere”?)
A carico di Bossetti, il solito “poveraccio” (mai che incastrino un “altolocato”, così passa subliminalmente l’idea che queste porcherie le facciano solo quelli del popolo), non c’è quasi niente (le “tracce di dna” non significano un tubo, perché è già successo che questo tipo di “prova” sia stato manomesso).
Ci hanno fatto sapere che lui cercava su internet “tredicenni”. Ma che strana e precisissima ricerca… Aridaglie, ancora il 13.
Quando ritrovano il cadavere? Il 26/2/2011, cioè esattamente tre mesi dopo la scomparsa (cioè la durata di una stagione: tra l’altro la somma dei primi 13 numeri (1+2+3+4… +13) dà… 91, che sono i giorni di una stagione). Anche in altri “casi” simili hanno fatto passare tre mesi esatti tra una fase e l’altra; oppure fra due di questi “casi”.
Il nome Yara ha poi due etimologie possibili: la prima dice che significa “piccola farfalla”, così siamo ricondotti alla solita farfalla simbolo del progetto “Monarch”. Ma ha anche, secondo un’altra etimologia, il significato di “primavera”, cioè una stagione, per giunta proprio quella che simboleggia la “rinascita” e la radicale trasformazione legata al numero 13.
E poi tutta una serie di elementi “tipici” di questi “casi”: il corpo ritrovato in un luogo diverso da quello dell’omicidio, la scomparsa dell’arma del delitto, la morbosa attenzione dei “media” (che chissà perché ignorano altri fatti del genere, anche più “clamorosi”) eccetera.
Sappiamo che qualcuno ora penserà che queste cose sono fantasie, ma se mettiamo insieme questi ed altri indizi non si può non pensare al tipico “omicidio rituale”, cioè magico, commesso per propiziare determinate “forze”.
Ma Bossetti è finito regolarmente dentro, come tutti gli altri “poveracci” incastrati per coprire ben altri personaggi… Fortunatamente la moglie non l’ha abbandonato (come auspicherebbero certuni)… alla faccia di certi “criminologi” ed altri so-tutto-io col dito puntato anche quando non v’è alcuna certezza.
Stiamo a vedere cosa succede col processo d’appello. E occhio ai “suicidi” di chi eventualmente si metterà di traverso…
Già, e ILDISCRIMINE. sono 12 caratteri più il punto = 13!!!!!
Senza entrare nel merito della vicenda di cui trattasi, né dell’indagine, né della figura dell’imputato, ne traggo spunto per trattare in termini generalissimi della figura del Giudice, riportando un brano di grande spessore etico e conoscitivo che dovrebbe, insieme ad altri simili, fare parte del bagaglio formativo indispensabile di ogni giudice, e che è il capitolo primo del ” Commento alla Sapienza ” del grande domenicano Meister Eckart ( secolo XIV ) , nel 1994 pubblicato da Nardini Editore nella traduzione di Marco Vannini .
“” Amate la giustizia, voi che giudicate la terra.
Bisogna notare innanzitutto che il giudice deve sempre essere superiore e migliore rispetto a quelli che giudica, in conformità del passo : ” Non cercare di essere giudice, se non sei capace di sconfiggere l’iniquità col tuo valore” ( Eccl.7,6). Dice infatti : ” Giudicate la terra”, che è la più bassa di tutti i corpi. In generale infatti in natura ciò che è superiore giudica l’inferiore, non il contrario. Similmente il diritto è giudice del torto.
In secondo luogo, bisogna notare da quanto sopra che il giudice deve essere retto e giudicare innanzitutto sé stesso. Infatti ciò che è retto giudica sé stesso e il torto. In primo luogo però se stesso.
In terzo luogo deve giudicare ” con amore per gli uomini ed odio per i vizi” . Dice infatti ” Giudicate la terra”. La tera è opaca, pesante e fredda, feccia degli elementi.
2. In quarto luogo deve giudicare con mitezza e compassione.Infatti ciò che è superiore esercita il suo influsso dolcemente, e tanto più dolcemente quanto più è superiore, come ho notato nel trattato ” De natura superioris”, insieme a molte altre cose in proposito. Come è scritto nel quinto libro dell'”Etica” . ” gli architetti a Lesbo usano il regolo di piombo”. ” Premendo il naso, ne esce il sangue” ( Prov.30,33): e il salmo dice ” ” Li governerai con scettro di ferro” e prosegue “Come vasi di argilla , li frantumerai” ( Sal. 2,9).
3) In quinto luogo, bisogna notare che deve essere non solo giusto e retto, ma amante della giustizia e proprio questo è specialmente necessario al giudice : ” Amate la giustizia” dice. Ma ci sono alcuni che tralasciano di esercitare il giudizio : ” Non rendono giustizia al’orfano” ( Is.1,23); e Ger.5, 28 ” Non hanno giudicato la causa della vedova”; Eccl.4,10 : ” Nel giudizio, sii misericordioso con l’orfano”. Contro costoro dice “Giudicate”. Vi sono altri che giudicano, ma non giustamente. Contro costoro è scritto in DT 1, 16 : ” Giudicate giustamente”. Altri ancora giudicano e e giudicano anche giustamente, ma non giudicano per amore di giustizia, bensì per timore della pena o per speranza d onore o di beneficio . Questi giudicano, si, il giusto, ma non giustamente. Contro di essi Dt. 16, 20 dice : ” Esegui giustamente quel che è giusto”. E questo è quanto qui è scritto . Amate la giustizia, voi che giudicate la terra. Ho trattato ampiamente di ciò a proposito del brano di Gv. 5,22 : ” Ha rimesso ogni giudizio al figlio “.
E’ forse proprio in relazione a questa “rimessione di giudizio” che un Presidente del Tribunale civile di Milano fra i più stimati, Piero Pajardi, in un suo opuscolo dedicato al commento del Vangelo di San Giovanni, scriveva che il giudice al termine dell’istruttoria l’unica sentenza che potrebbe legittimamente emettere , sarebbe quella in cui declinasse la propria incompetenza ad emettere un qualsiasi giudizio.