Mussolini un agente inglese? I finanziamenti britannici a Mussolini

di Maurizio Barozzi

MI5_logoPochi anni addietro, nel 2009, alcuni siti dei media inglesi hanno reso noto che lo storico di Cambridge, Peter Martland, avrebbe rintracciato i dettagli dei pagamenti avvenuti nel 1917 in favore di Mussolini, da parte dell’agenzia dei “servizi” britannici MI5 che, in quell’epoca bellica, venne autorizzata da Sir Samuel Hoare, il futuro parlamentare Lord Templewood.

Questa storia, nelle sue linee generali, era già nota avendone lo stesso Hoare accennato in suo libro di memorie del 1954 e riguardava, in definitiva, una forma indiretta di finanziamento a “Il Popolo d’Italia”, il giornale di Mussolini strenuamente impegnato nel sostengo all’Italia in guerra.

Oggi sappiamo che, tale finanziamento, ammontava a 100 sterline settimanali, pari a circa 6.000 sterline di oggi. Una somma al tempo considerevole.

La notizia non ci meraviglia e potremmo anche prenderla per buona, non perché riteniamo veritiere le “ricerche” d’oltre manica e soprattutto il modo di come vengono rese pubbliche (negli anni ’70 l’assistente di Henry Kissinger, tale Loewenstein, confezionò false documentazioni per dimostrare che Aldo Moro era quell'”Antelope Kobbler” che aveva intascato tangenti nello scandalo Lockheed), ma per il semplice fatto che il contesto storico dell’epoca e quanto fino ad oggi è storicamente acquisito possono renderla attendibile.

Ma in ogni caso certi “carteggi desecretati” occorre anche saperli leggere, e ricordarsi sempre che certe vere compromissioni e scandali mai vengono resi pubblici.

mussolini-il-rivoluzionarioDel resto bastava leggersi i primi volumi della monumentale e seria opera dello storico Renzo De Felice per avere il riscontro sui multiformi finanziamenti che portarono alla nascita de “Il Popolo d’Italia” e a favore di tutto l’interventismo italiano. Giornale e movimento politico che ebbero una notevole parte nello spingere l’Italia in guerra contro gli Imperi Centrali.

Noto era l’interesse della Massoneria nell’entrata in guerra dell’Italia ed ovvio che certe lobby si mossero di conseguenza.  È una legge storica che asserisce che ogni volta che sulla scena degli avvenimenti appare un partito, un uomo, un qualcosa di particolarmente incidente, sempre e comunque, ci sono forze, poteri e contropoteri che cercano di condizionarli ai loro fini.

E i rivoluzionari non possono che fare altro che “prendere” perché le rivoluzioni non si fanno con i biscotti. Ovviamente c’è chi prende per venali interessi e chi per utilizzare ciò che riceve nella sua politica: l’importante è che “chi prende” per fini rivoluzionari poi mantenga fede ai suoi ideali.

Per fare degli esempi,  Lenin prese ingentissimi finanziamenti dalla finanza di Wall Street e addirittura tornò in Russia su un treno messogli a disposizione del Kaiser assieme a molti rubli. Hitler prese finanziamenti anche da banche ebraiche.

Ma soltanto un cretino o chi non consce i processi storici può ritenere Lenin un agente dell’Alta finanza o dei tedeschi e Hitler una marionetta degli ebrei.

colonia_italiaTornando ai finanziamenti britannici a Mussolini, ripresi poi anche in un più ampio contesto di ingerenze politiche nell’interessante libro di Giovanni Fasanella e Mario Cereghino, Colonia Italia (Ed. Chiarelettere, 2015), come prevedibile la notizia di fonte britannica è stata ripresa dai mass media nostrani a cominciare da “Il Sole 24 ore” che con un servizio di tale Elysa Fazzino ha pubblicato un articolo sotto il capzioso titolo: “Mussolini spia degli inglesi per 100 sterline alla settimana”.

L’intento denigratorio nei confronti di Mussolini è palese e resta solo il dubbio se l’autrice dell’articolo lo abbia voluto deliberatamente formulare in tal senso oppure nasce da una cattiva conoscenza delle vicende storiche di quegli anni.

Già di per se stesso il termine “spia”, infatti, pur avendo una certa elasticità di significati, implica essenzialmente un genere di attività che, attraverso un ambiguo operare o lo svelare delicate informazioni, danneggia la fazione o la stessa nazione alla quale si appartiene.

Riportano i dizionari «Spia: chiunque, indagando nascostamente, riferisce i fatti altrui o notizie importanti e riservate, come segreti militari, politici ed industriali; in particolare, informatore clandestino al servizio di una nazione straniera».

Questo termine, in ogni caso, così denigratorio e non dissociabile da quello di traditore, non può essere utilizzato per qualificare l’attività e la posizione di Mussolini al tempo notoriamente impegnato a sostenere lo sforzo bellico italiano in sintonia con l’alleata Gran Bretagna e neppure per insinuare un suo interesse venale quando è storicamente acquisito che mai il futuro Duce palesò desiderio o tendenze all’ arricchimento.

spiaOltretutto la qualifica di “spia” gratuitamente affibbiata a Mussolini è palesemente fuori luogo visto che il futuro Duce non era certo in grado di fornire informazioni di carattere militare o strategico tali da giustificare una sua assunzione a libro paga nell’intelligence britannico, ma anche se questo fosse stato possibile, e non lo è, sempre di informazioni passate ad una nazione alleata, impegnata nel comune sforzo bellico, si sarebbe trattato. Anche un bambino capirebbe comunque che gli inglesi non avevano certo bisogno di questo genere di “informazioni” che potevano tranquillamente scambiare con il nostro Stato Maggiore.

Insomma tutto questo sproloquio si configura come una vera e propria barzelletta.

Volendo, l’autrice del suddetto servizio avrebbe invece potuto affibbiarlo, appropriatamente, a quanti operarono, durante il secondo conflitto mondiale, contro l’Italia e in favore degli Alleati, più o meno dal momento della nostra entrata in guerra e fino al voltafaccia dell’8 settembre 1943.

Tanto è vero che queste spie e traditori dovettero poi essere giuridicamente protetti dai vincitori della guerra, con un apposito articolo retroattivo (il .. 16) inserito nel diktat imposto all’Italia.

Forse si è anche dimenticato che quasi tutto l’antifascismo, sia quello rimasto in patria che quello fuoriuscito, durante il Ventennio  erano  stipendiato dall’Ovra, la polizia del regime. Tanto è vero che a guerra finita, nella prima riunione del CLNAI, nel maggio 1945, tenuta a porte chiuse, i partiti antifascisti si dovettero accordare per far sparire o tenere celati gli elenchi delle spie dell’Ovra, altrimenti sarebbe collassato tutto l’antifascismo, comunisti compresi.

manco_città_fioritaDetto questo cerchiamo di riportare tutta questa questione ai giusti termini e presupposti storici che gli appartengono, e per far ciò dobbiamo, sia pure sinteticamente, riassumere il contesto storico di cui si parla, partendo dal presupposto che Mussolini è stato un rivoluzionario intento a perseguire determinati obiettivi e intuizioni politiche per la realizzazione dei quali dovette uscire dal partito socialista a cui apparteneva.

Con lo scoppio della Prima guerra mondiale, infatti, egli aveva avuto la percezione netta e definitiva che l’utopia marxista era fuori della portata umana, che la Seconda Internazionale naufragava sotto le spinte degli ideali e degli interessi nazionali e che inoltre lo sconvolgimento bellico in atto avrebbe consentito un rinnovamento generazionale e politico con il concretizzarsi di ampie possibilità rivoluzionarie.

In Mussolini nacque allora dapprima la convinzione che il socialismo avrebbe potuto realizzarsi solo attraverso una via nazionale, e successivamente che in Italia la sintesi dei valori sociali e combattentistici era la base politica e ideologica per la conquista rivoluzionaria del potere.

La scelta di campo dell’interventismo, quindi, nasce in Mussolini da precise convinzioni e intuizioni politiche e rivoluzionarie e risponde anche alle sue concezioni ideali, quelle che tendevano a portare a compimento i progetti risorgimentali passando necessariamente attraverso la distruzione dell’Impero austro-ungarico.

Non è un mistero che su alcune di queste posizioni e ovviamente per altri diversi ideali e interessi si trovava anche la Massoneria internazionale.

E fu proprio la Massoneria, data la sua natura transnazionale e la sua forza politica e finanziaria, il veicolo attraverso il quale passarono gli intrighi, i finanziamenti e le manovre che dovevano spingere i vari stati nazionali a scendere in guerra contro gli Imperi Centrali e, nella fattispecie, per l’Italia a farla uscire dalla Triplice Alleanza ed entrare nell’Intesa con gli anglo-.francesi.

C’è una interessante rivelazione di Indro Montanelli, riportata dallo storico Filippo Giannini,  che fa capire il clima del tempo:

giannini_mussolini«Montanelli, ad esempio, ricorda di un suo incontro avvenuto nel 1937 con l’allora direttore de “Il Resto del Carlino”, Filippo Naldi, il quale, circa l’espulsione di Mussolini da “L’Avanti!”, dal partito e delle successiva fondazione de “Il Popolo d’Italia”, così riferisce: “Mussolini sulle prime non voleva neppure riceverlo, e all’offerta di denaro si adombrò. Ma Naldi, ch’era una sirena, provvide subito a rassicurarlo: sarebbe stato, disse, denaro pulito e senza condizionamenti: Mussolini sarebbe stato libero di difendere le cause che voleva, senza risponderne a nessuno. E su questa condizione l’intesa fu raggiunta“».

Questa è la realtà storica dell’epoca e noi oggi non possiamo valutare e giudicare certe scelte attraverso il senno del poi ovvero che, tutto sommato, sarebbe forse stato più opportuno che l’Italia fosse scesa in campo con la Triplice Alleanza dando quindi un apporto bellico che forse avrebbe potuto ostacolare un atavico e occulto obiettivo che perseguiva scopi ideali e finanziari “mondialisti”, miranti al dominio mondiale, oggi evidenti e sotto gli occhi di tutti.

Nel primo decennio del ‘900 la nostra storia nazionale, nata dal Risorgimento e a cui fare riferimento, era quello che era, e al contempo la vera dimensione e i fini occulti di certe consorterie che agivano dietro le quinte non erano esattamente valutabili e quantificabili anche perché le Nazioni e gli Stati, almeno apparentemente, si muovevano ancora attraverso i soliti e tradizionali canoni diplomatici, i rispettivi interessi geopolitici e anche quelli degli Stati Maggiori.

Certi organismi, lobby e istituti sovranazionali, tesi a condizionare i singoli Stati (a parte quelli di natura finanziaria) non erano ancora stati realizzati (cominceranno a costituirsi con la fine della Grande Guerra), ed inoltre certi avvenimenti, di portata planetaria, che potevano mostrare quanto si nascondeva dietro queste grandi consorterie massoniche, dovevano ancora verificarsi.

Non è quindi possibile pretendere oggi, dal poco più che trentenne socialista Mussolini, proveniente dalle tradizioni del socialismo italiano, una visione ed una concezione ideologica che tenesse conto di una scelta di campo di diversa natura ed oltretutto delle concrete possibilità rivoluzionarie che è indubbio si sarebbero potute realizzare solo nel solco della scelta interventista.

Molti ricercatori storici, analizzando le vicende di quegli anni, si sono stupiti di come fosse stato possibile che attorno a Mussolini, all’interventismo ed alla nascita dello stesso fascismo sansepolcrista ci sia stata la presenza maggioritaria di molti massoni (ottimo e interessante, a questo proposito, anche se non approfondito: F. Pinotti, Fratelli d’Italia, Bur, 2007).

barozzi_mussolini_massoneriaCome già illustrammo con il nostro articolo Mussolini e la Massoneria (“Rinascita”, 4 dicembre 2008) bisogna invece tenere conto che la tradizione politica italiana, la nascita della nostra nazione, della nostra finanza, del nostro apparato industriale e della nostra editoria si realizzarono sotto un’egida di stampo massonico, visto che era stata la Massoneria, con le sue articolazioni anglo-francesi, l’elemento trainante del Risorgimento.

Si può essere avversi, come siamo, al pensiero e agli ideali massonici, ma non si può negare che a suo tempo la Massoneria non fu soltanto un centro di potere occulto e un diramarsi di lobby, ma fu anche una presenza culturale dell’epoca, tanto da indurre molte personalità d’ingegno e di cultura (che magari ignoravano i fini più nascosti delle trame massoniche) ad aderire a questa setta.

A quel tempo poi, coloro che in Italia avevano un anelito rinnovatore e volevano fare politica, tanto più se con fini rivoluzionari, era facile ritrovarli iscritti alla “setta” (con l’eccezione veramente straordinaria proprio di Mussolini e pochi altri) in quanto l’alternativa ad essa era quello di stare coi clericali o con certe aristocrazie oramai decisamente fuori gioco.

Non c’è quindi da stupirsi nel fatto che alla costituzione dei Fasci di Combattimento (23 marzo 1919) vi ritroviamo una moltitudine di massoni.

Resta il fatto che poi molti di costoro in poco tempo furono portati a fare una scelta definitiva, con il fascio o con la setta, visto che gli ideali di Mussolini e il suo intento di Stato, dove prevalevano gli aspetti etici e politici su quelli finanziari ed economici, erano decisamente antitetici a quelli massonici. Per molti di loro la scelta fascista fu chiara, netta e definitiva, per altri invece fu alquanto ambigua e se ne videro le conseguenze durante la Seconda guerra mondiale quando tutti i “fratelli” vennero fatti uscire dal “sonno” per operare in favore degli Alleati e contro il Fascismo.

caso_matteottiGià con l’assassinio di Matteotti (giugno 1924), un delitto sostanzialmente perpetrato contro Mussolini e nel quale è quasi impossibile non trovare personaggi implicati che non avessero la tessera della setta, fu evidente che gli scopi e i destini tra il Fascismo e la Massoneria, oramai si erano separati definitivamente.

Queste due grandi forze del XX secolo finirono per trovarsi irriducibilmente contro perché Mussolini, già convinto antimassone fin dalla sua militanza socialista, perseguendo come capo del Governo una concezione dirigistica dello Stato e la difesa degli interessi geopolitici dell’Italia, si mise di traverso agli ideali, agli intrallazzi e agli interessi massonici.

Torniamo però alle vicende storiche che qui ci interessano e teniamo ben presente quella che è una costante della realtà umana: la grande politica e le rivoluzioni non si fanno senza i soldi (tanti), e i soldi se non ci sono o si espropriano armi alla mano o ci si fa finanziare per ottenerli. E chi ti finanzia lo fa per paura o per interesse.

Che piaccia o meno, le collusioni trasversali e l’illegalità rispondono a leggi storiche ricorrenti e inevitabili.

Quindi, volenti o nolenti, la scelta interventista di Mussolini era in sintonia con gli stessi intenti massonici miranti a portare l’Italia in guerra, come inevitabilmente sempre accade nella storia (come accennato, a fronte di grandi eventi, grandi uomini ed energie nuove vanno a destarsi e vanno a convergere interessi eterogenei che tendono a utilizzare e/o aiutare il “fatto nuovo” per i loro scopi).

Mussolini – un rivoluzionario di stampo soprattutto politico, laddove la politica è l’arte del compromesso, del ricatto, del coinvolgimento razionale o emotivo, dell’elaborazione di programmi ed idee nuove che possono mettere assieme persone e interessi eterogenei per uno stesso fine – nella prassi politica era spregiudicato, pragmatico e disposto a perseguire ogni strada che tornasse utile per l’attuazione dei suoi programmi e ideali.

Non è un mistero, né avrebbe potuto essere altrimenti, che Mussolini poteva fondare un quotidiano non con le noccioline, ma attraverso vari finanziamenti, e questi finanziamenti non potevano che venire da chi, in quel momento, aveva interesse a conseguire l’entrata in guerra dell’Italia a fianco dell’Intesa.

Filippo_NaldiSi conoscono i contatti e i movimenti che, in questo senso, si ebbero tra Mussolini e quel Filippo Naldi, già direttore del “Carlino”, gran faccendiere legato alla Massoneria che, come già abbiamo accennato, nel 1914 ebbe una notevole parte nell’iniziativa editoriale del futuro Duce.

Ed il fatto che poi ritroveremo lo stesso Naldi implicato in qualche modo nel delitto Matteotti e molti anni dopo, nel 1943, presente nell’entourage del governo badogliano al Sud, è la dimostrazione evidente di come Mussolini abbia a suo tempo utilizzato certi appoggi per i suoi intenti rivoluzionari, distaccandosene poi, anzi rivoltandoglisi contro, quando gli “amici” di un tempo e le consorterie che li trascendevano vennero a trovarsi in contrasto con il Fascismo e con le nostre esigenze nazionali.

Anche i socialisti francesi, tramite Marcel Chachin (come rivelò lui stesso), un famoso marxista divenuto poi anche senatore comunista, probabilmente sempre dietro una manipolazione massonica, finanziarono o fecero da tramite per finanziare il giornale di Mussolini, così come probabilmente orecchie sensibili si ebbero a Parigi al Quai d’Orsay, visto il comune interesse per la partecipazione italiana al conflitto.

E Mussolini “prese” tutto quello che c’era da prendere, proseguendo per la strada intrapresa senza farsi troppi scrupoli.

A febbraio del 1917 Mussolini rimase poi seriamente ferito durante una esercitazione bellica e dovette lasciare l’esercito proseguendo però la battaglia politica e giornalistica a sostegno dello sforzo italiano in guerra.

E l’impegno di Mussolini, attraverso il suo giornale, svariate iniziative politiche e raccolte di fondi con le sottoscrizioni, fu veramente notevole e tanto più necessario quando, in seguito alle privazioni e ai lutti che la guerra causava, presero a manifestarsi nel paese serie minacce di pacifismo.

Quando poi ad ottobre del 1917 gli austriaci sfondarono il fronte a Caporetto la situazione militare dell’Italia si fece drammatica e a Londra e Parigi, dove da tempo paventavano un nostro disimpegno, ci si diede da fare in tutti i modi per impedire una capitolazione dell’Italia che avrebbe avuto conseguenze decisive nelle sorti della guerra.

1915_Popolo_ItaliaAnche in questi periodi sappiamo bene che inglesi e francesi non lesinarono aiuti di ogni genere per sostenere quelle forze e quelle iniziative che, nel paese, sostenevano l’impegno bellico.

Possiamo allora meravigliarci che gli inglesi pensarono bene di finanziarie Mussolini, ovvero colui che più di ogni altro era impegnato in questa bisogna e mostrava di avere tutte le capacità realizzatrici per questi scopi?

E possiamo stupirci che Mussolini non disdegnò affatto di prendere questi finanziamenti?

È evidente che non possiamo meravigliarci, e non vediamo neppure dove stia l’aspetto negativo o deplorevole di questa vicenda, tanto più che possiamo dire che, proprio in quel travagliato 1917, anche grazie all’apporto di uomini come Mussolini, di fatto nacque la Nazione Italiana.

Ricordava e rilevava l’amico Giorgio Vitali, uno dei più acuti, preparati e intelligenti osservatori storici (e delle vicende ideali e umane che stanno dietro gli avvenimenti politici), che nel 1792, proprio come da noi nel 1917, a Valmy era nata la nazione Francese. Ebbene, a capo del governo francese c’era quel Danton, vero padre della rivoluzione, che non esitò a trattare sottobanco coi prussiani, con i quali era addirittura in guerra, mantenendo inoltre legami molto stretti, ancorché segreti, con l’Inghilterra, atavica nemica della Francia, la quale entrò in guerra contro i francesi qualche mese dopo.

Quest’ultimo esempio è a dimostrazione, in questo caso estrema, di come gli scopi ideali, le leggi della rivoluzione e le necessità contingenti non sempre seguono, e non possono seguire, uno svolgimento chiaro e cristallino, e quello che conta è la sincerità disinteressata nel proprio ideale.

Ma vediamo ora un altro aspetto di questa vicenda dei finanziamenti inglesi, perché non solo finanziamenti seguirono anche dopo il conflitto, ma anche tutta una serie di simpatie vennero dalla Gran Bretagna verso l’operato del Duce.

La domanda chiave allora è una: fermo restando che durante il conflitto l’interesse a finanziare Mussolini e “Il Popolo d’Italia” risiedeva nella comune necessità di tenere in piedi un traballante fronte interno, successivamente e fino alla marcia su Roma cosa spingeva gli inglesi a vedere con favore il governo di Mussolini?

silva_italia_francia_inghilterra_mediterraneoLa risposta è semplicissima. Gli inglesi – che dall’apertura del canale di Suez erano estremamente interessati al controllo dell’Italia (una portaerei naturale nel Mediterraneo), che avevano in qualche modo aiutato il “Risorgimento”, che avevano in pugno Casa Savoia (di fatto una loro creatura, con “sciaboletta”, il Re, che aveva i suoi beni depositati nelle banche inglesi) – e la forte presenza dello loro Massoneria nel nostro paese avevano un interesse grandissimo: quello di vedere con favore, in Italia, la creazione di un governo forte, sicuro, specialmente dopo l’avvento della rivoluzione bolscevica.

E il fascismo di Mussolini, nonostante il suo forte nazionalismo, ritenevano potesse rispondere a questa necessità.

Ma avevano sbagliato i conti. Mussolini era sceso in campo soprattutto per difendere gli interessi della nazione, e dal momento della presa del potere ogni suo atto, anche gli accordi sul piano internazionale con gli inglesi, sarà finalizzato ai nostri interessi geopolitici. E i britannici se ne accorsero presto.

Scrivono Fasanella e Cereghino autori del libro menzionato:

«Londra scopre il fascismo antibritannico. In un rapporto del Secret Service, il resoconto di un colloquio avvenuto nel 1923 tra Mussolini e indipendentisti indiani: “l’Italia non sarà mai prospera e potente finché gli inglesi controlleranno il Mediterraneo”. Non era passato neppure un anno dalla marcia su Roma, che proiettò sulla scena politica Benito Mussolini, celebrato dalla stampa e dai leader inglesi come il salvatore dell’Italia dal comunismo e uno dei più grandi statisti della storia. Pochi mesi dopo quella “passeggiata” in vagone letto da Milano a Roma, i Servizi del Regno Unito intercettarono un colloquio segreto tra il nuovo capo del governo italiano e alcuni rappresentanti del movimento indipendentista indiano, che proprio allora stava muovendo i primi passi sotto la guida del Mahatma Gandhi.

Così, Londra scoprì l’altra faccia di Mussolini, quella antibritannica e “mediterranea”».

mussolini_corfùE già nel 1923, nel momento della crisi con la Grecia, per il famoso incidente di Corfù, dove Mussolini, pur muovendosi da inesperto “diplomatico”, come un elefante in un negozio di porcellane, mostrò un deciso intento nazionalista, gli inglesi si schierarono apertamente contro l’Italia.

E ancor meglio dovettero paventare la politica del Duce, quando, tra il 1923 e il 1924, masticarono molto male per i nostri accordi con l’URSS che – specialmente quelli di carattere petrolifero – rischiavano di intaccare seriamente gli interessi britannici oltre a spiazzare l’Inghilterra, la quale avrebbe voluto essere la prima, a certe condizioni, a riconoscere il governo comunista dei soviet.

Il delitto Matteotti, un delitto chiaramente contro Mussolini, non a caso ebbe la sua culla gestionale in Inghilterra dove era andato Matteotti ad aprile del 1924 per incontrare ambienti laburisti, più che altro massonici, che gli armarono la mano con certe documentazioni. Ma lo stesso Matteotti rimase “fregato” perché non si capisce bene a che gioco giocarono gli inglesi. Come mai morto Matteotti e sparite le documentazioni, da Londra non vennero delle copie. E comunque quel delitto fu  contro Mussolini, chiaramente, non a suo vantaggio.

E in ogni caso, come mai – come gli stessi Fasanella e Cereghino hanno documentato – quando nel 1941 gli inglesi sequestrarono ad Amerigo Dumini, a Derna (Libia), importanti documentazioni su quel delitto, poi Churchill, informato, proibì che venissero  pubblicate?

Ancora poi attriti fortissimi si palesarono quando L’Italia intese mettere piede in Etiopia, e sappiamo che alla fine gli inglesi dovettero acconsentire, ma solo sottobanco e dopo che il nostro governo ebbe rinunciato al petrolio iracheno che pur ci “spettava”. Una rinuncia dolorosa ma inevitabile se si voleva far passare lungo il Canale di Suez le nostre navi dirette a Gibuti per la guerra al Negus.

I due autori sunnominati nelle loro pubblicazioni hanno dato un senso a questa rinuncia come se Mussolini avesse fatto un “regalo” agli inglesi, ma le cose non stanno così.

ragno_inghilterraLa valenza, incrollabile, antibritannica del Duce, nonostante tutti i suoi flirt con Churchill, lo portò alla fine alla scelta bellica. Mussolini con quella scelta si giocò tutto, compresa la vita, per difendere i nostri interessi geopolitici.

Non si dimentichi mai che i britannici, questa eterna razza di pirati, consideravano e pretendevano che il Mediterraneo, il nostro mare, fosse un loro lago, e anche in Africa non gradivano interferenze che potessero alterargli i rapporti coloniali che mantenevano tra possedimenti e mandati in tutto quel continente e nel Vicino Oriente.

Per concludere, chi sa leggere la Storia non solo attraverso i “documenti”, sempre parziali, di parte e mai esaustivi, ma anche nelle sue linee geopolitiche, non può non concludere che Mussolini fu uno statista antibritannico per via degli interessi geopolitici italiani. Forse l’unico statista italiano con questa  specifica, e molto più antibritannico di Hitler, in quanto la visione geopolitica di Mussolini era euro-asiatica,  mentre quella di Hitler era euro-atlantica e mirava ad un accordo globale con gli inglesi, che se si fosse concluso non poteva non essere contro i nostri interessi, opposti a quelli inglesi.

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