Morto Robert Conquest nel silenzio di giornaloni e giornalini

Autore di fondamentali saggi sul comunismo, la sinistra nostrana lo ha sempre ritenuto non gradito perché senza la terza narice e con la schiena dritta

di Loris B. Emanuel

Robert-ConquestQuando morì Giovannino Guareschi, l’Unità dedicò alla notizia un misero trafiletto sperduto in fondo al giornale e lo intitolò: «È morto lo scrittore che non era mai nato». L’astio derivava dall’anticomunismo di Guareschi. Eravamo nel 1968 ma oggi le cose non sono molto cambiate. Il 3 agosto è morto Robert Conquest, uno dei più importanti e noti storici a livello mondiale, autore di fondamentali saggi, quali per esempio Il Grande Terrore e Il costo umano del comunismo. Ebbene i siti dei giornaloni e dei giornalini di regime hanno taciuto la notizia. Il sito della Stampa, l’unica testata a dirne qualcosa, titola «Conquest ce l’aveva detto: l’orrore di Stalin non ha giustificazioni» e accompagna il pezzo con un’immagine propagandistica sovietica del dittatore georgiano. L’articolo, a firma di Gianni Riotta, è inaccessibile a chi non sia abbonato all’edizione digitale del quotidiano e il titolo non dà certo la notizia della morte, che si apprende solo dal sottotitolo. A questo punto una panoramica sugli altri quotidiani è doverosa, ma scopriamo che né Corsera, né Repubblica danno conto dell’accaduto. Non mancano però le notizie più inutili della giornata e altresì quelle vecchie e vecchissime, che finiscono di giorno in giorno a fondo pagina; La Stampa il giorno dopo la pubblicazione dell’articolo di Riotta, uscito peraltro due giorni dopo la morte dello storico, lo fa sparire sin dal giorno successivo. Insomma, scorrendo i siti delle testate del pensiero unico non si apprende di fatto che è morto uno degli intellettuali più cruciali del Novecento.

conquest_stalinOra, non si dica che le ideologie sono morte, che Berlusconi o qualcun altro è un fissato quando bercia di comunisti e anticomunismo e via elencando. Perché, semplicemente, non è vero. O meglio: se è vero che le ideologie sono morte perché risultate fatalmente fallimentari, qualcuno non si è rassegnato a tale decesso ed è rimasto romanticamente attaccato al cadavere, talvolta sino al parossismo e al grottesco, ovunque diffondendone lacerti e lezzo. Questa potenza di fuoco propagandistica si dà perché nelle case editrici e nei mezzi di comunicazione seguitano a farla da padroni nipoti e pronipoti, figli legittimi e figli adottivi del Sessantotto e di tutto quel filone ideologico che ha ancora come stelle polari l’antifascismo e la resistenza. Da decenni scuola, università, carta stampata, televisione, cinema, libri, convegni e tutto l’apparato informativo e culturale italiano è dominato da una precisa ideologia, variamente declinata al suo interno ma esternamente oltremodo compatta, che ha visto e spacciato come Bene, assoluto o relativo, quel comunismo vittorioso sul «mostro nazionalsocialista». La forza di persuasione è tale da aver suscitato una deforme pubblica percezione del comunismo mondiale, da Lenin in giù, ancora assai edulcorata, che induce “la gente” a non trovare scandaloso – anzi, a nemmeno accorgersene – dimenticare il Gulag tanto quanto troverebbe e trova intollerabile oltraggiare, per esempio con una storicizzazione, Auschwitz. È un’impostura, né bella e né buona, la tesi, proveniente anche dai settori liberale e “di destra”, secondo cui il mondo da questo punto di vista sarebbe cambiato. Prova ne siano, oltre al silenzio attorno alla morte di Conquest, anche quello attorno all’importante evento «Memento Gulag», organizzato dai Comitati per la libertà, censurato da Wikipedia (http://www.ilgiornale.it/news/cultura/e-wikipedia-censura-memento-859327.html) oppure l’imbarazzante, colpevolissima, anche per motivi meramente letterari, scarsità di pubblicazioni di e su Solgenicyn (tema di un prossimo contributo). Si pensi che ancora oggi sul trattamento delinquenziale riservato dai comunisti jugoslavi agli italiani di Istria e Dalmazia la storiografia italiana ha rispettato, prima, la consegna del silenzio totale e poi, quando la melma iniziava a salire e a tanfare tanto da non poterne più dissimulare l’afrore, hanno cercato di giustificare il crimine per poi ricadere nel silenzio. Sulle foibe, dopo goffi ma efficaci tentativi di scaricare le colpe sui soldati tedeschi, si sono fatte delle ammissioni, ma parziali e sempre condite orrendamente da giustificazioni “proletarie”. Sull’eccidio di Porzus uscì nel 1997 una pellicola di Enzo Martinelli, regista noto e apprezzato in Italia. Lo stesso Martinelli ha accusato la Rai di aver applicato una censura politica sull’opera, che infatti mandò in onda solo nel 2012 e per giunta su Rai Movie, quindi accessibile a un conquest_kolymapubblico assai più ristretto rispetto a quello classico Rai. Sulla strage di Katyn (oltre 20mila soldati e civili polacchi trucidati dai sovietici senza motivo e violando ogni convenzione internazionale), gli storici tacquero per oltre mezzo secolo, attribuendo poi la responsabilità, emersa la faccenda, alla Germania nazionalsocialista. L’evento fu ricostruito meravigliosamente e con grande equilibrio nella pellicola Katyn di Andrzej Wajda, distribuita anche in Italia, ma in maniera quanto meno “singolare”. Le sale cinematografiche che ne acquistarono copia si potevano infatti contare sulle dita di due mani e in ogni caso la permanenza nel circuito ufficiale fu di qualche giorno soltanto; ricordo personalmente che un amico sacerdote era indignato perché, volendo portare i suoi studenti a vedere la pellicola, non fece in tempo, tanto la sua apparizione fu fulminea. Un altro sanguinolento eccidio allestito dai cosiddetti “buoni”, in questo caso i partigiani comunisti, fu quello di Codevigo, a guerra finita come molti di questo genere. Vittime: ex militari fascisti e civili. La vicenda è stata ricostruita anch’essa, dopo settant’anni di silenzio, in una pellicola intitolata «Il Segreto di Italia», protagonista niente meno che Romina Power, la quale ha più volte denunciato il boicottaggio subito e prova tra le tante ne sia il titolo che l’Espresso, il 3 dicembre 2014, diede alla notizia dell’uscita della pellicola: «Romina Power protagonista del film osannato dall’estrema destra», come se si trattasse magari d’un inno al razzismo. Nel sottotitolo si dà notizia della pellicola ma si parla di eccidio «controverso» – controverso un corno – e dell’«ex signora Carrisi», come a squalificare la nota attrice-cantante.

Inutile dire che, di fatto, l’oblio d’un crimine o di chi ne porta testimonianza e memoria, è, sotto certi aspetti, altrettanto grave del crimine stesso. Assai meno inutile sarà invece ricordare che, tutto sommato, va bene, benissimo così, va bene che i “buoni” tacitino e censurino, obliterino e infanghino, distorcano e calunnino: questo loro comportamento segna e ricorda, ancora una volta, che tra loro e i vinti, tra loro e i “cattivi”, anche in questo senso, c’è una bella e grande differenza, politica e umana.

Gli articoli de Il Discrimine possono essere ripubblicati, integralmente e senza modifiche (compreso il titolo), citando la fonte originale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*