Il Grande Fratello avrà gli occhi a mandorla?

di Alberto Castagneri

obama-ascoltaSovente chi dà del “guerrafondaio” ad un altro è il primo che in realtà lo è.

Semplice deduzione che, per altro, nel passato è stata spesso sottolineata da eloquenti proverbi basati su quel buon senso che oggi ormai sembra aver in gran parte perso.

Solo per citarne un paio mi vengono in mente il divertente “la prima gallina che canta è quella che ha fatto l’uovo” e il sintetico ma esaustivo “chi mal pensa, mal fa”.

Entrambi si possono adattare ad una recente guerra tecnologica e di mercato che sta coinvolgendo le telecomunicazioni e, nello specifico, una tipologia di apparati ormai essenziali nelle nostre reti dati/voip: quella dei router.

Di che cosa si tratta? Si tratta di apparati strategici che soprintendono al cosiddetto “routing”, cioè all’instradamento delle comunicazioni sia di tipo dati (per esempio quelli di internet) sia di tipo voce (VoIP) da un nodo ad un altro di una rete, da una sede ad un’altra di un’azienda, da uno Stato ad un altro, da una città ad un’altra.

Insomma apparati che da soli intercettano e regolano il traffico dati mondiale.

Inutile dire che in tale settore gli USA (vi ricordate le intercettazioni del Datagate?), con la loro supremazia tecnologica (Silicon Valley etc. etc.) la fanno da tempo da padrone, con marchi famosi (HP, o ancor di più Cisco, per citarne due tra quelli dominanti) che hanno preso le redini del mercato, con preponderanti market shares.

Le capacità di investimento, di ricerca e sviluppo, ma soprattutto di acquisizione di concorrenti più piccoli e di presidio lobbistico dei mercati stessi, hanno di fatto creato situazioni di monopolio tecnologico da parte di queste aziende americane.

Ma tant’è, questo è il libero mercato, dove la concorrenza, anche se valida e sacrosanta, viene ogni giorno ridotta e stritolata…

Se non fosse che… in questo specifico settore tecnologico, come in tanti altri, le società a stelle e strisce, in tutta la loro muscolosa presunzione, hanno fatto i conti senza l’oste.

Un oste con gli occhi a mandorla proveniente da un paese abitato da una popolazione di 1,3 miliardi di persone…

Non necessariamente una popolazione ipercreativa ma, come ben si sa, capace da sempre di assorbire idee di altre genti, di farle proprie e di lavorarci sopra per 14-16 ore al giorno e in più, ultimamente, in possesso di ingenti capitali con cui rilevare marchi, aziende, impianti produttivi in occidente e altrove (vi ricordate le auto svedesi Volvo?), nonché di investire in progetti world wide.

In tal caso ‘l’oste’ si chiama “Huawei” (a qualcuno può non ricordare nulla tale nome, ma a molti inizia a risuonare familiare anche per la produzione di telefoni cellulari ben presenti sul nostro mercato).

Le prime volte che lo sentii (essendo da tanto nel settore delle TLC, mi capitò più di 10 anni fa) devo ammettere che la sonorità del nome mi fece sorridere. Che affidabilità tecnologica poteva garantirmi un prodotto con quel marchio? Era l’epoca di Nokia, Ericsson, Motorola (quest’ultima ovviamente USA), e quelle prime chiavette mobili in arrivo dalla Cina non convincevano proprio. Ma il loro prezzo supercompetitivo e, pur tuttavia, il fatto che funzionassero senza specifici problemi ne determinò una veloce diffusione tra i consumatori, che via via iniziarono a familiarizzare con quei dispositivi.

Ora Huawei è una potenza, un leader tecnologico nel realizzare prodotti, sistemi e soluzioni di rete e telecomunicazioni, e nel vendere tutto ciò a operatori di TLC in oltre 140 nazioni, basandosi su oltre 150.000 dipendenti.

Quindi la sua crescente penetrazione anche nel mercato dei router (operativi e poco costosi) forse consegnerà i dati in transito sulle nostre reti all’intelligence e ai… servizi segreti cinesi?

Per ora questo è quanto trapela per vie traverse dai tecnocrati imperialisti stelle e strisce, che potrebbero perdere la loro egemonia nel mettere il naso nei nostri affari e che quindi sono piuttosto spauriti ed allarmati.

Tanto rumore per nulla? Sembrerebbe di sì, poiché per ora le reti risultano ancora saldamente in mano alle invadenti tecnologie americane. Ma potremmo cominciare a trasformare il loro incubo in realtà, cominciando a scrivere – per rendere il loro lavoro di intercettazione un po’ più complesso – le nostre comunicazioni (mail etc.) nella lingua di Confucio.

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