I musulmani e il rischio del fariseismo

di Enrico Galoppini

morte_preghiera1Un classico dei filmati “edificanti” che circolano tra utenti musulmani delle “reti sociali” sono quelle sequenze nelle quali un uomo in preghiera ad un certo punto si accascia, non dà più segni di vita e rende l’anima ad Allâh nell’atto di adorarLo.

I commenti sono regolarmente tutti entusiastici, poiché ciascuno si augura di lasciare questo mondo in una simile condizione di grazia. Ma se tutto ciò è comprensibilissimo e in via di principio condivisibile, non è tutto oro quel che luccica in alcuni di questi filmati interpretati perlopiù unilateralmente.

Esiste infatti anche l’altra faccia della medaglia della questione, quella che riguarda gli altri che si trovano inopinatamente accanto il moribondo, e lo si può capire bene guardando queste sequenze.

morto_preghiera2La domanda da porsi è la seguente: c’è uno accanto a te in preghiera che casca in terra esanime, e tu non ti scomponi? Ora, va bene che durante la salât non ci si deve distrarre, pena la sua invalidità, ma quest’atteggiamento ricorda assai da vicino l’aneddoto raccontato da Israel Shahak in apertura del suo Storia ebraica e giudaismo. Il peso di tre millenni, quando cita un tale che di sabato (giorno dedicato al “riposo”) non alza la cornetta del telefono mentre uno (per la verità un non ebreo) gli sta morendo davanti…

Poi è vero che dopo la salât i più vicini vanno a vedere come sta quello che s’era accasciato al suolo, ma chi poteva dire che quand’anche fossero intervenuti più speditamente quel “fratello” sarebbe morto lo stesso?

morto_preghiera3Atteggiamenti del genere non sono affatto “fatalisti” nel senso buono del termine, ma più che altro rivelano ipocrisia e fariseismo. Un attaccamento esagerato alla forma, che in questo modo diventa formalismo svuotato di ciò che per l’appunto vivifica la forma.

Pertanto, se resta valida la “morale” di fondo di questo tipo di scene, e cioè che c’è da augurarsi una dipartita simile, non altrettanto si può dire per gli altri, che purtroppo una volta assolti i loro obblighi religiosi continueranno a riempirsi la bocca con la parola “fratello” per riferirsi a qualsiasi musulmano, quando una volta che uno di quelli aveva veramente bisogno è stato trattato da emerito sconosciuto.

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There are 4 comments for this article
  1. BENNATO BENNATI at 12:57 pm

    Per la verità, nel manualetto che ho io, c’è scritto che se per qualche motivo la salat deve essere interrotta, se non è passato troppo tempo dal momento della interruzione, può essere ripresa dal punto in cui si trovava quando la causa dell’interruzione si è verificata, per cui tanta indifferenza verso la sorte del confratello non sembrerebbe giustificata.

    • il discrimine Author at 7:48 am

      Esatto, per questo abbiamo insistito sull’ipocrisia farisaica di chi si comporta in quel modo. Riportiamo anche un commento pubblicato sulla pagina FB del sito: «In realtà è un attaccamento ad una male interpretazione della “forma”, frutto di ignoranza.
      Qualsiasi manuale di Fiqh (giurisprudenza islamica), spiega dettagliatamente in quali condizioni di necessità la preghiera può, o addirittura DEVE, essere interrotta, e si tratta proprio dei casi in cui prevale la priorità di salvare la propria vita o quella altrui, o anche di proteggere la proprietà. La giurisprudenza islamica spiega che si interrompe la preghiera anche nel caso in cui un cieco sta per cadere in un fosso e l’orante deve indirizzarlo per salvargli la vita».

  2. BENNATO BENNATI at 1:05 pm

    Ad attenuante dei presenti va però detto che quando ad agire è una collettività, ogni singolo prima di assumere una qualche iniziativa, attende, per un atteggiamento psicologico di naturale conformismo, almeno un segno che in tal senso gli provenga dagli altri ed è così che nessuno fa nulla.

  3. tango at 6:56 pm

    Non c’e’ da stupirsi, si tratta della “blue jeans jamath” dove la direzione della preghiera e’ Washington D.C.. Cosa aspettarci quando la stragrande maggioranza dei musulmani ha tradito il Corano. Oggigiorno, la globalizzazione perpetrata dal “new world order” non concede piu’ spazio al musulmano con ‘iman’ nel cuore. Il vero credente dovrebbe fuggire dall’occidente rifugiandosi in zone remote dove puo’ dar vita alle leggi e regole divine. Contrariamente e nonostante l’occidente sia l’incarnazione della corruzione, lusso, depravazione con spiritualità quasi inesistente, enormi quantita’ di “musulmani” si riversano in essa. Si radono la barba, vestono e imitano una cultura che non gli appartiene o meglio ancora costretti ad imitare e vivere come gli occidentali, pena l’emarginazione, cosi’ con il passare del tempo, forse perche’ e’ alla ricerca dell’ identita’ perduta o perche’ si sente di aver tradito se stesso. allora cerca di giustificare la sua vita attraverso la salât ma in realta’, (dice bene Enrico) “Un attaccamento esagerato alla forma, che in questo modo diventa formalismo svuotato di ciò che per l’appunto vivifica la forma”. Il Creatore abbia pazienza con noi tutti e ci perdoni per le nostre manchevolezze.

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