Perché l’America non si “scusa” mai?

di Enrico Galoppini

Un libro che spiega per filo e per segno chi è Obama e perché è stato "costruito"

Un libro che spiega per filo e per segno chi è Obama e perché è stato “costruito”

Barack Obama sta concludendo “in bellezza” il suo doppio mandato.

Si fa per dire. Come già argomentato su questo sito, il “presidente abbronzato”, con l’andar del tempo, oltre che incanutirsi, s’è parecchio ‘impallidito’. In senso figurato, s’intende.

Dal “fuoco e fiamme” iniziale, quando la fanfara dei media occidentali lo propose alla stregua di un “messia” attribuendogli persino un Nobel per la Pace “preventivo”, l’immagine di questo personaggio dalle mai chiarite origini (con tutta probabilità non ha nemmeno i requisiti per essere presidente) ha subito dei seri contraccolpi, fino al ruzzolone finale in politica estera, dove l’America, deludendo le legioni di fessi che credevano nel “change”, s’è esibita nel consumato campionario di sovversioni e guerre per procura – o sotto copertura – in mezzo mondo.

La “mano tesa” all’Islam – che intendeva rompere con la linea dei Bush – s’è infatti dimostrata una polpetta avvelenata, in quanto è evidente che dietro le cosiddette “primavere arabe” ci sono i tentacoli dell’America e dei suoi scagnozzi.

La Russia, poi, non ha cessato di rappresentare il “Male assoluto”, ma al confronto con i successi di Vladimir Putin, Obama ha fatto una ben magra figura. Il presidente russo parla chiaro e, soprattutto, agisce puntualmente. Quello americano elucubra e gioca con le belle parole, ma incassa i successi della Russia.

Paradossalmente, quando col “papa negro” l’America avrebbe dovuto raggiungere l’apice del consenso politicamente corretto, l’immagine dell’“unico paese indispensabile” ha preso ad offuscarsi pericolosamente, fino al punto che persino ex sostenitori del “modello americano” delle varie colonie-Usa si sono innamorati di Putin e tifano Russia negli scenari in cui l’America ha messo su “rivoluzioni” e “ribellioni”, dalla Siria all’Ucraina.

Una debacle così non si vedeva dai tempi del Vietnam, e forse questa è ancora più tragica in quanto oggi non c’è più lo spauracchio “comunista” utile a ricompattare i ranghi dei filo-americani ed occidentalisti vari. Sì, è vero che l’hanno sostituto con quello “islamico” – altra trovata dei “fabbricanti di mostri” -, ma persino nella mente di quelli colpiti dal pregiudizio antislamico è la Russia, e non l’America, a rappresentare la garanzia che non verremo tutti soggiogati dall’Isis.

Spiegheranno loro che è arrivato "il messia" dall'America?

Spiegheranno loro che è arrivato “il messia” dall’America?

Ed ora, così, alla fine di questa “favola” (senza lieto fine), Obama è stato spedito in Giappone a recitare la parte del solito americano dal cuore buono e comprensivo, senza però “scusarsi” per Hiroshima e Nagasaki, nemmeno quando ha visto, faccia a faccia, una rappresentanza dei sopravvissuti.

Intendiamoci, questa pantomima delle “scuse” che tutti devono rivolgere a chi avrebbe subito un torto “irreparabile”, sa molto di moralistico ed ipocrita. Ma se proprio dobbiamo sorbircela, non si capisce razionalmente perché se la Germania deve sempre “scusarsi” l’America sia esentata dal farlo. La risposta è tuttavia semplice: la Germania ha perso la guerra e l’America l’ha vinta.

L’ha vinta anche la Russia, se è per questo, ed è proprio per questo motivo che non va a “scusarsi” da nessuna parte. Tedeschi, Italiani e Giapponesi, invece, non fanno altro che piangere e flagellarsi, anche per molto meno (se proprio vogliamo ridurre la Storia ad ‘addebito dei morti’) di quel che ha combinato l’America in giro per il mondo dai suoi albori ad oggi.

Dunque, se Obama non si “scusa”, non ne farei un problema di forma. Piuttosto, si tratta di questione sostanziale, in quanto ciò dimostra non solo che l’America può ancora permettersi di atteggiarsi come le pare e piace, ma anche perché la conferma come un esempio ineguagliabile d’ipocrisia.

Come si possa presentarsi nel luogo, densamente popolato, nel quale s’è tirata una bomba atomica, e girare intorno al problema augurandosi un generico “smantellamento degli arsenali nucleari nel mondo” come se li avesse usati qualcun altro, non solo è disgustoso, ma è anche preoccupante, poiché deve ricordare a tutti che questi qua non solo non si “scusano” ma, se per qualche motivo lo ritenessero conveniente, non ci penserebbero su un attimo a tirare sul capo di milioni di persone qualche altra atomica di nuovo tipo, ovviamente presentata, dal loro circo di nani e ballerine, come “tattica”, “intelligente” e, in fin dei conti, assolutamente “necessaria”!

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