Abolire il corsivo: l’era dell’analfabetismo 2.0 è cominciata

di Enrico Galoppini

itaglianoNella “scuola delle tre i”, dell’unisex e del “mondo a colori”, ovverosia di tutto ciò che predispone l’individuo a diventare una perfetta macchina rinforzante l’attuale disordine, ci si appresta ad un altro ‘balzo in avanti’ di quella che ha tutte le sembianze di una “rivoluzione”, coi suoi eccessi ed i suoi fanatici. E perciò le sue vittime illustri.

Nelle scuole finlandesi, stando a quanto riportano le agenzie, dal 2016 non verrà più insegnato ai bambini a scrivere in corsivo. Forse resterà lo stampatello. Ma quella che prenderà il sopravvento sarà la scrittura con la tastiera di un computer.

Che cosa ci vogliamo fare: “ormai” il pc e l’i-phone hanno preso il posto delle obsolete carta e penna… “Ormai” i bambini sanno usare un tablet già a tre anni o anche prima… “Ormai” tutti “digitiamo”, e nessuno scrive più… “Ormai”.

Sarà anche vero, ma vuoi mettere la differenza?

Non serve essere un esperto di neurolinguistica per intuire che un conto è organizzare dei pensieri e metterli per iscritto con una penna, un altro è picchiettare su dei tasti come sto facendo in questo momento. Mica per niente prima tutti hanno imparato a scrivere a penna, poi sono eventualmente passati, quando c’era solo quella, alla macchina da scrivere. E tutti possono rendersi conto che per scrivere con una vecchia macchina da scrivere, senza la possibilità di tornare indietro ad ogni battuta, bisogna ancora riflettere su cosa si vuole lasciare nero su bianco…

Ma non è ancora tutto, in questa corsa all’abbrutimento che per nemesi avviene nelle scuole post-sessantottine. Perché anche uno scimpanzé sa usare una tastiera e un monitor, ma voglio vedere cosa combina con carta, penna e calamaio!

Lo stampatello, che sarebbe il momentaneo superstite di questa ennesima “riforma” in nome del “progresso” e della “scienza”, è la tipica grafia delle persone semianalfabete (o dei bambini alle prime armi), il che è piuttosto indicativo di dove si vuole andare a parare. Ma tanto, tutti questi naufraghi felici del loro telefonino multi-funzionale stanno approdando ad un analfabetismo di ritorno, o ad un’illusione di alfabetismo (il che è lo stesso), a furia di “chattare” e mandarsi messaggini.

L’industria dell’informatica gongola per i lauti guadagni che si profilano con simili revisioni dei programmi, e non mancherà il solito paladino dell’ambiente che esulterà per gli alberi che non si trasformeranno in quaderni. Nel frattempo, complici stuoli di pedagoghi, verranno istituiti corsi succedanei di generica“manualità” per sostituire l’assenza della scrittura in corsivo, così come ogni fesseria (eufemismo) ha preso il posto dell’odiata ora di religione.

Cosa possa accadere poi in caso di prolungata interruzione dell’erogazione della corrente elettrica, è facile immaginarlo. Nessuno potrebbe più scrivere nulla e, addirittura, qualora tutte le biblioteche esistessero in formato esclusivamente “digitale” non resterebbe traccia di alcun libro che non fosse conservato… a memoria.

Il che ci apre prospettive effettivamente interessanti e, in un certo qual modo, “tradizionali”, poiché – si afferma – si conosce veramente solo ciò che si sa a memoria.

Le culture ancora sane in questo senso sono più di quante si creda comunemente, ed in parte lo è ancora quella islamica, che conta moltissime persone in grado di recitare l’intero Libro Sacro senza l’ausilio del testo scritto (in ‘corsivo’!).

Un tempo era lo stesso anche per la cultura finlandese, che con il Kalevala, il poema nazionale finnico, riunì nel 1835 un patrimonio epico e poetico custodito sin lì solo in forma orale; il quale, appannaggio di cantori – gli scaldi – che incarnavano l’anima profonda della loro gente, poteva servire a stabilire delle connessioni ‘sciamaniche’ con gli stati superiori dell’essere.

Un’era che purtroppo non esiste più, sostituita da quella delle seppur provvidenziali raccolte come il Kalevala, che ebbero la funzione di rinsaldare la “cultura nazionale” e la relativa “identità”.

Le quali, sebbene vengano tanto vituperate, erano pur sempre “qualcosa” rispetto all’odierna “cultura”, coi ragazzi delle scuole che, prima di sapere chi sono, vengono forzati a considerare se stessi come generici “cittadini del mondo” e, privati anche della loro scrittura, mandati in trance per una neanche troppo dissimulata forma di… “analfabetismo 2.0”!

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There are 2 comments for this article
  1. Bennnato Bennati at 12:47 pm

    Ai festival dell'”Unità” c’era sempre un tabellone con le percentuali dei promossi e dei bocciati delle locali scuole superiori, e la percentuale dei bocciati era stigmatizzata come eccessiva e contraria ai principi di uguaglianza e ai diritti del popolo, e dunque, belli o brutti, avanti tutti , cosa che poi negli anni successivi si è progressivamente verificata, né può dirsi adesso cessata per conseguimento dell’obiettivo , ché nuove e molto più egualitarie frontiere di analfabetismo ( o semi analfabetismo ) di massa, l’attendono , vedi appunto la preconizzata abolizione ( anch’essa certamente progressiva e quasi insensibile , come dobbiamo attenderci che sia ) del corsivo e poi dello stesso chirografo sostituito dalla scrittura della macchina.
    Di fatto , se nessuno può dirsi più analfabeta, nel senso di non sapere leggere e scrivere come succedeva un tempo, è in compenso dilagante ( anche se meno appariscente dell’antico analfabetismo ) , il fenomeno che potremmo definire di un quasi alfabetismo, di un alfabetismo non compiuto, come è dato sempre più riscontrare fra diplomati e laureati ( sono appunto i diplomati e laureati della scuola aperta a tutti ) , la cui ” cultura” non va oltre le informazioni di natura ” tecnica” che loro occorrono per lo svolgimento della propria professione ( quando ci sono , ché spesso e volentieri sono carenti anch’esse), mentre tutte le altre sono di fonte per lo più televisiva ( o appartengono alla comunicazione di massa, ai “socials”, ecc. ) ; mentre quanto alla capacità di esprimere per scritto un pensiero di una qualche complessità ( come ad esempio tramite proposizioni subordinate ruotanti intorno ad una proposizione principale ) , senza nel contempo perdere di chiarezza e magari anche con una certa eleganza formale, è peggio che andare di notte, essendo grassa se questi nuovi ” letterati” sono in grado di mettere insieme, senza sbagliarsi, soggetto , verbo, complemento oggetto e stop.
    Purtroppo è questa la ” tournure” della curva ciclica e non c’è da farci niente.

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