A casa degli altri si rispettano le loro regole (ricordo di una piccola “disavventura” in Siria)

di Enrico Galoppini

Siria-MappaOggi, non so perché (ma qualcuno alla fine capirà), voglio raccontare una piccola “disavventura” capitatami in Siria una decina d’anni fa.

Mi trovavo là per perfezionare la conoscenza dell’Arabo. Il mio insegnante era un giovane imam che – mi raccontava senza che io andassi troppo oltre nel chiedere – si recava appena oltreconfine, in Libano, per tenere il sermone del venerdì in una moschea. Era abbastanza critico del sistema educativo statale, che a suo dire si risolveva fondamentalmente in una perdita di tempo (perché il tempo è prezioso e quello dello studio non va sprecato in un sapere futile). Per questo i suoi genitori avevano optato – e lui ne era felice – per una scuola privata nella quale la precedenza era data alle materie religiose, cioè a quel sapere che resta – se lo si è saputo gestire bene – anche dopo che siamo transitati in questo mondo.

Intendiamoci, da qui a dire che era “contro il regime” ce ne corre, comunque non ne era certo entusiasta. Non perché reclamasse i “diritti umani” e i ludi elettorali (dei quali evidentemente, così come sono concepiti dagli occidentali, non gl’importava nulla), ma perché, secondo lui, il sistema colà vigente non era sufficientemente improntato ai valori della religione, gli unici in grado di elevare l’uomo e rendere migliore la società.

Non so se Muhammad (che oltretutto non vestiva come un “prete”) vedesse completamente giusto sulla questione dell’educazione e della società siriana nel suo complesso. Perché col senno di poi anche un’educazione “patriottica” (fatta anche di inni cantati a squarciagola nel cortile della scuola da plotoncini di ‘balilla siriani’) ha dimostrato di saper dare qualche frutto, tant’è che la Repubblica Araba di Siria è ancora lì dov’era nel 2005.

lady_of_soufaniehErano anni di montante preoccupazione nel futuro. Un amico cristiano, Maher, i cui parenti possedevano (possiedono?) delle imprese nel settore del marmo, mi confessava di vedere nero pece quando pensava al futuro. Sentiva che prima o poi anche la Siria sarebbe stata investita dal piano Kivunim finalizzato al riassetto del Vicino Oriente arabo in base a suddivisioni di tipo etnico-confessionale. Ovviamente lui non citava il progetto made in Israel, ma il senso delle sue preoccupazioni era quello: da cristiano vedeva nitidamente all’orizzonte la mal parata, sapendo che l’unica garanzia d’incolumità per lui e la sua famiglia era il tanto deprecato “regime”. Così si stava informando per emigrare in Canada, come ‘profugo preventivo’, e con qualche ragione, visto quello che è successo dopo.

Con tutte queste persone non ho più tenuto i contatti, e mi dispiace. Spero solo che almeno siano ancora vive e che stiano bene con le loro famiglie.

Ma dopo questa digressione, passo a raccontarvi la mia piccola “disavventura”.

Siccome ero già stato in Siria almeno tre-quattro volte, in occasione di quel soggiorno, avendo più tempo per il turismo, presi la palla al balzo per visitare Quneitra (al-Qunaytra), situata nel Golan siriano che, come quasi tutti sanno, è una zona particolare in quanto è parzialmente occupata dall’Entità Sionista. La quale, in tal modo, s’è assicurata il completo sfruttamento delle acque del Lago di Tiberiade. La cosiddetta “guerra per l’acqua”, d’altronde, segue le medesime regole della guerra tout court: chi è più forte e prepotente arraffa il malloppo.

golanPer recarsi nel Golan, da straniero con un visto temporaneo di tipo turistico, serviva un permesso speciale. Così mi misi alla ricerca del modo di ottenerlo. In centro a Damasco capitai così in un ufficio un po’ improbabile nel quale un “ufficiale” mi assicurò che l’indomani, per non so quale ricorrenza, sarebbe stato possibile per tutti andare nel Golan siriano senza alcuna autorizzazione speciale. Un’occasione da prendere al volo!

Avevo già sentito parlare di questa ricorrenza, nella quale una massa di siriani, per motivi anche propagandistici (nel senso buono del termine) va con ogni mezzo fino al confine con le terre occupate dal nemico per far capire che la Siria e i siriani non sono assolutamente disposti a capitolare su una questione che va avanti da cinquant’anni. Sono stati anche girati dei film su questa brutta storia, che ha provocato anche la tragedia della divisione di nuclei familiari trovatisi da una parte e dall’altra del confine fissato dopo la guerra del 1967.

Quneitra, il capoluogo della regione, è una città fantasma, quasi sicuramente distrutta dagli israeliani prima di restituirla alla Siria nel 1974. Gli edifici-simbolo di questa distruzione sono l’ospedale, la grande moschea e la chiesa ortodossa, che qualcuno ricorderà sullo sfondo mentre Giovanni Paolo II celebrò messa, nel maggio 2001, nel Golan siriano.

golan1Ero così davvero curioso di vedere questo sito così carico di storia che il giorno successivo alle rassicurazioni dell’ufficio competente (?) presi un pulmino diretto a Quneitra. Un pulmino carico di gente del posto, perché nel frattempo il Golan – regione ubertosa perché ricca d’acqua – si era ovviamente ripopolato. Ma qualcosa non mi tornava: se solo oggi non serviva un permesso – mi chiedevo – come mai non c’era l’esodo di massa che immaginavo?

Infatti i passeggeri mi guardavano un po’ strano… Ma quello che mi guardò più strano di tutti fu il militare di piantone al posto di controllo di della vecchia Quneitra, il quale, appena m’individuò nel pulmino, mi fece cenno di scendere.

“E ora che si fa?” fu il primo pensiero che mi balenò alla mente.

Pensate un po’ che effetto deve aver fatto a quel soldato un italiano che pensa di passeggiare in splendida solitudine per Quneitra con la macchina fotografica al collo. Ma che cosa potevo fare ora che quello mi chiedeva il “permesso” scritto ed io provavo a spiegargli che in un ufficio di Damasco un “ufficiale” addetto alla questione m’aveva dato solo un ‘permesso’, per così dire, a voce? La mia versione contro la sua: non c’era partita, così mi toccò scendere dal pulmino, mentre pensavo che di lì a poco sarebbe scattato un interrogatorio in piena regola.

Invece il soldato (forse di leva) mi fece accomodare in una casermetta dove c’erano alcuni suoi colleghi, tra cui il suo superiore, il quale mi rifece le stesse domande sul “permesso” eccetera. Va da sé che l’ufficio di Damasco col suo “ufficiale” li avrei volentieri strozzati con le mie mani, ma a quel punto era evidente che non aveva senso stare a tirare troppo la corda, così il mio lasciapassare per un ritorno a Damasco col primo pulmino di linea che passava fu la mia “comprensione” per le loro regole, ammettendo che evidentemente o avevo capito male io o a Damasco s’erano inventati una “giornata speciale” che non c’era.

siriani_soldatiDopo un paio d’ore, nel quale mi offrirono a volontà il classico tè caldo, ci salutammo, non senza aver inneggiato insieme al Golan libero, col soldato di leva che, accompagnandomi per sincerarsi che togliessi il disturbo, accennò anche ad un sorriso che agli italiani non si nega mai.

Ora, lo capisce anche un bambino che se mi fossi incaponito nel tenere una posizione sbagliata – irritante ai loro occhi perché convinto, in quanto “occidentale” che ha sempre ragione, che tutto il mondo dovrebbe essere “aperto” e a nostra disposizione – avrei potuto trascorrere davvero un soggiorno a Quneitra più lungo di quel paio d’ore.

Avrò perso un’occasione d’oro per creare un “caso Galoppini” e mettere così alla gogna il “regime siriano”, ma io sono fatto così: se si va in casa d’altri se ne rispettano le regole (anche quando non ci piacciono o ci sembrano assurde), e anche quando si ritiene di avere qualche “ragione”, se proprio non si viene messi in mezzo a qualche trappola ordita con perfidia, la regola aurea da tenere sempre presente è ricordarsi che a casa loro comandano loro, com’è normale che sia.

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There is 1 comment for this article
  1. BENNATO BENNATI at 11:07 am

    Concordo in pieno col giovane imam siriano.
    Non è da ora che rifletto sul fatto che a scuola ( nemmeno a quella superiore) ci hanno mai fatto leggere per esempio la Bibbia che pure in una civilizzazione che si proclama giudaico – cristiana, avrebbe pure dovuto significare qualcosa e che sarebbe stata essenziale per una educazione mirante ad effetti prolungantisi oltre questo mondo ( la stessa ora di ” religione” era solo una pausa nell’ambito della mattinata in cui si fumava e si parlava di tutto – di politica in ispecie -eccetto di quello che si sarebbe dovuto ), mentre, in compenso, ci hanno fatto perdere tempo in una molteplicità di cose di una perfetta inutilità con riguardo sia a questa che all”altra vita ( pensiamo ad esempio alla studio della ” storia della filosofia” che evidentemente non è – pur coi tutti i suoi limiti – la “filosofia”, risolventesi nella memorizzazione di una serie di nozioni, spesso contaddittorie fra loro, fornite senza l’ausilio di mezzi che servissero a discernere il grano dal loglio ( come avrebbe potuto essere il puntuale riferimento all’opera del metafisico francese René Guénon, un perfetto sconosciuto per tutto il ceto insegnante ) e in quindi in buona sostanza, non solo di una completa inutilità, ma pure pregiudizievoli per una corretta formazione intellettuale che fosse finalizzata a qualcosa di più che la semplice acquisizione del ” pezzo di carta ” finale ( o la formazione del ” buon cittadino”, come , con questa od altre espressioni equivalenti , si è sempre compiaciuta di sostenere la retorica ufficiale ).

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