Le radici diaboliche del disastro ambientale

di Enrico Galoppini

owning_weatherI cambiamenti climatici che “preoccupano” i cosiddetti “grandi della terra” – sia che si tratti di un fenomeno spontaneo sia che vengano indotti da progetti prometeici di “possesso del meteo” – non sono altro che un aspetto, tra i più evidenti, di un disastro ambientale più generale. Di una violenza scatenatasi contro la natura, a sua volta conseguenza di un problema filosofico nel vero senso del termine che concerne direttamente l’uomo. Un problema che si tira dietro anche quello monetario, che giustamente Michele Rallo, in un suo recente articolo, individua come centrale rispetto alla china tragica che la condizione del “mondo”, inteso dal punto di vista “ambientale”, sta prendendo da quando le comunità umane, di pari passo con lo sviluppo dell’industria moderna, sono state espropriate del controllo dell’emissione monetaria.

Premesso che questi “camerieri dei banchieri”, anche se si riunissero tutti i giorni per studiare misure anti-inquinamento, non prenderanno mai in considerazione quel provvedimento che lo stesso Rallo suggeriva, ai limiti dell’utopia proprio perché sono legati mani e piedi ai “signori del denaro”, per come la vedo io siamo giunti a questa situazione “disperata” perché l’uomo si è progressivamente ed inesorabilmente separato dal Tutto, concependosi come un “dio”, e cioè pesando di poter fare tutto quello che gli pare, senza dover, invece, custodire (uso il termine a ragion veduta) ciò che gli era stato affidato (altro termine usato consapevolmente) da Dio.

Nella tradizione islamica si cita infatti un “deposito di fiducia” (amâna), guarda caso della stessa radice della parola “fede” (îmân: lett. “il riporre fiducia”), con riferimento ad un impegno che l’uomo si è preso col suo Signore: quello di custodire ciò che gli è stato affidato. Un impegno che nemmeno gli angeli si sono presi (così racconta il mito islamico).

Cioè, questa creatura così “debole” ed “insignificante”, davanti alla quale Iblîs (il Diavolo) s’è rifiutato di prosternarsi su comando divino, si è addossata una responsabilità che ricorda esattamente quella del servitore che s’impegna col suo padrone a vegliare sul suo tesoro, amministrandolo coscienziosamente, nel periodo in cui egli si assenterà. Se, quando il padrone tornerà, il tesoro non sarà stato saccheggiato e corrotto, al servitore spetterà la ricompensa. Altrimenti verrà castigato.

dhikr2Oltre a questo, sebbene le recenti preoccupazioni “ambientaliste”, perlopiù proiettate all’esterno, ma anche sugli “stili di vita”, partano dalla constatazione di un disastro oramai evidentissimo e dunque hanno una base condivisibile, se i loro portabandiera non affronteranno la questione anche a livello genuinamente filosofico, e dunque spirituale, esse non condurranno ad alcuna soluzione efficace e risolutiva. La sporcizia che riversiamo nel “mondo” è difatti lo specchio di quella che abbiamo dentro noi stessi. Il “mondo” è nient’altro che un riflesso macrocosmico di tutto ciò che esiste ed avviene all’interno dell’uomo. Siccome l’uomo s’è sempre più allontanato dal suo Signore dimenticandosene, voltando le spalle anche quell’impegno, a quell’assunzione di responsabilità originaria, invertendo i suoi rapporti gerarchici interni e nutrendosi di tutto ciò che lo intossica, soprattutto a livello psichico (senza per ciò escludere il nutrimento fisico nocivo sui più svariati piani), ecco che anche all’esterno, cioè nel “mondo”, egli non fa altro che rispecchiare il suo disordine interiore.

La pulizia del “mondo”, perciò, non comincia dalle operazioni più o meno edificanti di volontariato finalizzate a rimuovere i rifiuti da questo o da quel luogo, ma parte da una pulizia interiore, frutto di uno sforzo continuo, che sola può portare l’uomo a riconoscere anche nel “mondo” e dunque nel cosiddetto “ambiente” un riflesso di quello che accade dentro di lui. Sia noi esseri umani che tutto ciò che percepiamo come “esteriore” siamo un tesoro, da custodire con cura non per motivi vagamente moralistici, ma perché, se solo ci sforzassimo di riportarlo alla nostra memoria, abbiamo stipulato un “patto” con Dio, impegnandoci a restituire incorrotto tutto quanto, seppur usandone entro rigorosi limiti indicatici.

Pertanto, una vera “ecologia profonda” non può che muovere da un ristabilimento delle gerarchie interne dell’essere umano, al che anche il “mondo” esterno apparirà per quello che è ed è sempre stato: non una cosa da sfruttare senza pietà per raggiungere chissà quale “traguardo” (politico, economico, sociale ecc.), ma da custodire come quel tesoro del padrone che lo affida al suo servitore, il quale, eventualmente, potrà amministrarlo in sua assenza per mantenersi, ma senza stravolgerlo ed adulterarlo.

Gli articoli de Il Discrimine possono essere ripubblicati, integralmente e senza modifiche (compreso il titolo), citando la fonte originale.

There are 2 comments for this article
  1. Bennnato Bennati at 7:14 am

    Sull’argomento consiglio di leggere l’opera di René Guénon “Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi” che in Italia è tradotta e pubblicata da Adelphi, e segnatamente capitoli come il XVI° “La degenerazione della moneta”, il XXII° “Il significato della metallurgia”, il XXV° ” Le Fessure della grande muraglia” etc.
    Anche per quanto riguarda certi cataclismi, farne solo un problema geologico, di deriva dei continenti, di “faglie” ecc., come si compiacciono di fare i programmi di divulgazione scientifica della tv, è assolutamente insufficiente, il mondo fisico essendo modificato dalle modifiche di quello “sottile”, per cui il disordine di questo si ripercuote su quello.
    Ne tengano di conto per es. (tanto per restare nell’attualità) i sostenitori dei “matrimoni” fuori della norma naturale, del “genitore uno” e del “genitore due” e di altre simili follie.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*