Uno sconosciuto eroe italiano: Adriano Visconti

Riproponiamo un post di Matteo Murgia a beneficio di coloro che ancora non hanno capito su quali basi poggia questa cosiddetta “Repubblica Italiana”.

Non crediamo di andare lontano dal vero affermando che una delle cause della decadenza italiana nel dopoguerra è da ricercarsi nel fatto che i migliori sono stati tutti ammazzati. Chi è rimasto vivo, salvo rare eccezioni, ha comunque capito l’antifona e si è così messo a suonare una delle “musiche” ammesse (nel PCI, nella DC, nell’MSI).

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UN EROE

Adriano Visconti di Lampugnano, è stato, senza ombra di dubbio, l’Asso indiscusso della Aviazione italiana nel secondo conflitto mondiale, con 26 abbattimenti certi e 18 probabili. Per Asso non si deve intendere un generico appellativo dato ad un pilota per le sue capacità – come comunemente si pensa – ma rappresenta una qualifica che si ottiene soltanto dopo essere stato accreditato dell’abbattimento di cinque aerei nemici in combattimento ravvicinato.

La grande abilità di Visconti viene poi esaltata dal fatto che volava e combatteva su aerei nettamente inferiori, dei più veloci, meglio corazzati ed armati, Spitfire, Mustang , P.40. Per le sue capacità, per il suo coraggio, per il suo spirito di sacrificio, dovrebbe essere ricordato, onorato e portato come esempio alle nuove generazioni, purtroppo, la sua adesione alla R.S.I. ha provocato la “damnatio memoriae” e su di Lui si è calato un assordante silenzio!

Per avere una vaga idea di quello che ha rappresentato Adriano Visconti per l’Aeronautica Militare, è sufficiente far parlare le cifre, che non mentono mai!
– 1.400 ore di volo in attività bellica
– 591 missioni di guerra
– 72 combattimenti
– 19 abbattimenti prima dell’armistizio
– 7 abbattimenti dopo l’armistizio
– 2 volte abbattuto
– 6 medaglie d’argento
– 2 medaglie di bronzo
– Croce di Ferro di prima e di seconda classe
– 2 promozioni per merito di guerra

A conferma della sua indiscutibile grandezza, Adriano Visconti, assieme a Franco Bordoni-Bisleri, è ricordato in una sala del settore aeronautico del “Mall Memorial Lincoln” di Washington, dedicata gli Assi del secondo conflitto mondiale, divisi per nazione, dove è conservata una sua foto con a fianco il numero degli abbattimenti. La selezione è il risultato del lavoro di una commissione internazionale di piloti che non ha avuto dubbi su chi far cadere la scelta per la parte italiana. Anche New York lo celebra con una sua foto al museo di Ellis. Viceversa, nelle graduatorie italiane non figura e nelle cerimonie non viene mai ricordato, sembra quasi che non sia mai esistito, malgrado la sua partecipazione ininterrotta al conflitto, dal giorno dell’entrata in guerra dell’Italia al sua conclusione.

Nato a Tripoli l’11 novembre 1915 da una famiglia lombarda, allievo del corso Rex in Accademia Aeronautica, nel 1936 consegue il brevetto di pilota militare.
Nel giugno del 1940, allo scoppio della guerra, Visconti viene trasferito con il suo reparto in Africa settentrionale, presso l’aeroporto di Tobruk, dove combatte volando sui Breda B.A 65 e sui Caproni Ca.310. Durante il periodo giugno-dicembre 1940 viene decorato con due Medaglie di Argento al Valor Militare ed una Medaglia di Bronzo per numerosissime azioni di spezzonamento e mitragliamento contro mezzi corazzati nemici e per la sua attiva partecipazione alla battaglia aeronavale del 14-15 giugno ’42.
Dal gennaio 1941 Visconti è in forza alla 76ª Squadriglia del 54º Stormo Caccia Terrestre ed il 29 aprile ’43, nel corso dell’ultimo grande scontro prima della caduta della Tunisia, l’allora ten . Visconti guida dodici Macchi M.C.202, del 7° Gruppo, all’attacco di sessanta – dico sessanta! – tra Supermarine Spitfire e Curtiss P-40. Visconti abbatte un P-40 mentre altri quattro vengono accreditati ad altri piloti del suo Stormo.
Il 20 maggio ’43 viene dislocato in Sardegna, nell’aeroporto di Decimomannu, alla 310ma Squadriglia Autonoma Caccia Aerofotografica ma è ormai considerato un Asso per l’abbattimento individuale di 19 apparecchi nemici (tra cui ben 4 Spitfire ed un Curtiss P.40) nei cieli della Libia, di Malta e della Tunisia.

E’ proprio a Decimomannu Visconti si trova l’8 settembre con soli tre velivoli Macchi M.C.205 da aero-ricognizione -equipaggiati con in una speciale versione modificata a Guidonia – tre piloti e nove specialisti, rimasti senza ordini in seguito alla precipitosa fuga del re, del governo e dei vertici militari. Riunisce i suoi uomini, ascolta i loro pareri decidendo di rientrare a Guidonia per prendere ordini e mettere in salvo gli aerei. Sorge, però, il problema degli specialisti che, da buon comandante, non ha alcuna intenzione di abbandonare. Purtroppo i caccia sono monoposto e gli uomini, compresi i piloti, sono 12. Ordina, allora, di togliere l’ingombrante apparato fotografico e la pesante corazzatura, così da permettere a due uomini di sistemarsi nella fusoliera, seduti uno di fronte all’altro con le ginocchia incastrate. Viene asportato anche il seggiolino assieme al paracadute, per fare più spazio al pilota che siederà in grembo al terzo uomo. I tre piloti, Visconti, il sottotenente Giovanni Sajeva, ed il sergente Domenico Laiolo, molto affiatati tra loro e compagni inseparabili in molte missioni, completano l’approntamento dei tre velivoli. Alle prime luci dell’alba tutto è pronto: i dodici uomini prendono posizione all’interno dei tre caccia. Al segnale del comandante la pattuglia, ala contro ala, decolla. La formazione punta verso Nord, essendo stata concordata la rotta lungo la direttrice Decimomannu-Olbia-Bastia-Isola d’Elba-Civitavecchia-Roma- Guidonia, con la speranza di non fare brutti incontri.

7Il volo a bassa quota si svolge regolarmente e, dopo circa due ore, i tre velivoli si presentano a Guidonia pronti per l’atterraggio. Il primo è Visconti che, data la scomoda posizione ha difficoltà a ridurre il motore e accorgendosi di essere lungo, ridà manetta per un secondo tentativo. Sajeva arriva anche lui troppo veloce e riesce con difficoltà a smaltire la velocità, fermandosi alla fine della pista. Visconti, in coda a Laiolo che ha atterrato quasi regolarmente, riprova e questa volta, pur con molta apprensione, percorre tutta la pista, fermandosi addirittura dentro un hangar per fortuna vuoto. Hanno assistito all’arrivo molti piloti che si stupiscono delle difficoltà mostrate dai tre nel corso di un atterraggio apparentemente molto semplice ma quando vedono venire fuori tutte quelle persone, li portano quasi in trionfo. È il 9 settembre ’43, Adriano Visconti, già popolare per il suo curriculum di valoroso pilota, vede accresciuta la sua notorietà per l’audacissima “fuga” dalla Sardegna.

Adriano Visconti aderisce alla Repubblica Sociale Italiana e partecipa attivamente alla costituzione dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana, inizialmente come comandante della 1° Squadriglia, successivamente – promosso maggiore per merito di guerra – del 1° Gruppo caccia, “Asso di Bastoni”. Combatte, in una lotta impari, per contrastare lo strapotere dell’aviazione americana per difendere il Nord dai devastanti bombardamenti che “i liberatori” riversano, non soltanto sui complessi industriali ma anche sulla martoriata popolazione civile, arrivando ad abbassarsi per mitragliare anche singole persone in strada.

Questi bombardamenti, che causano la morte di 64.000 civili (cifra molto più elevata), tra anziani, donne e bambini, tra i quali si ricorda i 196 alunni della scuola elementare del quartiere Gorla di Milano, colpita il 20 ottobre ’44, sono finalizzate a sfiancare e demoralizzare la popolazione e costringere le autorità alla resa incondizionata. Abbattuto due volte e menomato fisicamente per i postumi delle ferite, il 19 aprile ’45 compie l’ultima missione abbattendo il B-24 del capitano Walter Sutton che catturato illeso con il suo equipaggio ha parole di ammirazione per i coraggiosi piloti italiani.

Adriano Visconti ritiene che il suo dovere sia quello di combattere fino a quando ne abbia la possibilità e lo assolve fino alla fine. Quando si rende conto che i suoi uomini sono allo stremo delle forze e non possono più continuare per mancanza di mezzi, il 29 aprile ’45 firma la resa del suo reparto, sottoscrivendo un accordo tra rappresentanti dell’Aeronautica Repubblicana e quelli del CLNAI, tra i quali il comandante Iso alias Aldo Aniasi futuro sindaco di Milano, che garantisce la libertà per avieri e sottufficiali mentre prevede la consegna degli ufficiali agli angloamericani come prigionieri di guerra. Condotto nella caserma “Monti” del “Savoia Cavalleria” a Milano e separato dagli altri ufficiali, viene assassinato con raffiche di mitra alla schiena, secondo la consolidata tradizione partigiana. Inutilmente il suo aiutante S.Ten. Valerio Stefanini, che non aveva voluto lasciare solo il suo comandante, cerca di proteggerlo, gettandosi, dopo la prima raffica, alle sue spalle e ricevendo in pieno petto la seconda. Dopo essere stati falciati, Visconti viene finito con un colpo di pistola alla testa. Sopravvissuto a centinaia di missioni cade colpito a tradimento. La sua unica colpa: quella di aver difeso il suo popolo!! Aldo Aniasi viene incriminato per l’omicidio ma non condannato per sopraggiunta amnistia, anzi diventerà sindaco, poi deputato e ministro!

Adriano Visconti, rimasto sempre fedele al suo motto: “Piuttosto morire, per mantenere una parola, che morire da traditore”, con Valerio Stefanini, riposa in pace nel cimitero Musocco di Milano, campo X, detto Campo dell’Onore, assieme a centinaia di aderenti alla R.S.I. trucidati in quei tragici giorni.

Noi non dimentichiamo gli Assi. Noi onoriamo gli Uomini di valore.

– Tratto “quasi per intero” dalla pagina: “Forze Speciali e Corpi di Élite Italiani”.

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