Per uscire da questa situazione serve un “nuovo inizio”
di Enrico Galoppini
Adesso lo so che mi beccherò i latrati di quelli che vorranno leggere in quel che ho scritto ciò che assolutamente non penso, eppure qualche parola va spesa per definire che cosa è “il nostro modo di vita” quando dopo ciascun episodio di “terrorismo islamico” è tutto un susseguirsi di dichiarazioni del seguente tenore: “Continueremo a vivere secondo i nostri valori!”; “non ci faremo impaurire!”, “non ci rinchiuderanno in casa!”.
Secondo me, se non si è messo il cervello in stand by, si possono tranquillamente tenere distinte queste due cose: 1) la condanna e l’orrore senza riserve per una bomba fatta esplodere su un autobus, in un mercatino, in mezzo alla folla di un concerto eccetera; 2) il giudizio su che cosa – secondo i suoi apologeti – sta alle basi della “nostra civiltà” (“occidentale”, “europea”, “moderna”, per taluni “cristiana” eccetera).
Ora, le civiltà non prendono forma per il fatto che dei ragazzini adorano una “star” americana, o perché degli adulti vanno al ristorante, o perché altri si ritrovano in un “club gay”. E nemmeno perché si concepisce il mondo come il catalogo d’una agenzia turistica, tutto a disposizione per noialtri in cerca di “emozioni”, a prescindere da tutto il resto che agita le umane vicende in varie parti del pianeta (ma quello non c’interessa: basta che “non rompano le palle”). Le civiltà non sono mai nate dagli “appetiti” e dalle “passioni”. Che ci possono anche stare, per carità, ma che non hanno mai fondato alcunché.
Le civiltà nascono semmai perché emergono ciclicamente delle personalità d’eccezione, degli “eroi” (per dirla alla Carlyle), i quali, ad un certo momento, per un comando “dall’Alto”, sguainano (non solo metaforicamente) la spada e riportano le lancette della storia ad un “nuovo inizio”. Altri uomini fuori dall’ordinario li seguono per così dire dinamizzati e cominciano a porre le fondamenta di un nuovo ciclo di civiltà.
Dopo la fase “eroica” segue inesorabilmente la fase della decadenza (Kultur contro Zivilization, avrebbe osservato Spengler), che può essere più o meno lunga e penosa ma nella quale i sintomi sono sempre gli stessi: prevalenza del dire sul fare e dell’elemento razionale e sentimentale su quello intellettuale puro; inversione su ogni piano dell’esistenza, individuale e collettiva; preferenza accordata alla “vita comoda”; generale assenza di senso ultimo della vita. L’esito di tutto questo è presto detto: si costruiscono stadi, padiglioni fieristici e sale da concerto, mentre i templi si svuotano; al corpo – e mai all’anima – si dedica ogni tipo d’attenzione, tanto “dopo” non c’è più nulla: di qui la ricerca costante del “divertimento”.
Siccome conosco i miei polli che non vedono l’ora di mettermi in bocca quello che non ho detto né ho scritto, sottolineo che non è in alcun modo in discussione qui il sacrosanto “diritto” di chicchessia di andare allo stadio, al pub, al concerto eccetera (tutte cose – ci tengo a dirlo – che ho fatto anch’io, anche se ora m’interessano poco o nulla). La cosa che qui contesto è una sola: non sono queste attività di svago le basi della “civiltà”, che ad ogni tornata di questo strazio fatto di “attentati islamici” le cosiddette “istituzioni” politiche e religiose rivendicano orgogliosamente come un disco rotto.
In molti sappiamo (o abbiamo il serio e fondato dubbio) che non si tratta di “terrorismo islamico” (o che non è solo quello e non è, comunque, il fattore decisivo), ma ciò che conta per comprendere bene il mio ragionamento (e la possibile soluzione del problema) è prendere sul serio la posizione ufficiale delle “nostre autorità”, per le quali alla fine della fiera siamo “in guerra contro l’Islam”. Sì, va bene che ci sono l’Islam “cattivo” (l’Isis, al-Qâ‘ida, Boko Haram, i Talebani ecc., ed anche – incredibilmente perché non ci minacciano in alcun modo – L’Iran e Hezbollah) e quello “buono” (“riformato”, “democratico” e persino “laico”), ma la sensazione dell’occidentale medio fiero d’esser tale con tutti i suoi predetti “valori” è quella: per lui, l’unico musulmano buono è quello morto (anche solo “civilmente”: cioè, come sopra, “non rompe le palle” e si adegua all’andazzo). E mai e poi mai lo stesso occidentale medio si sognerebbe di adombrare il dubbio che questi “terroristi islamici” siano nient’altro che dei pupazzi in mano a soggetti molto più furbi di loro.
È qui che si mostra impietosamente come l’Occidente, la cosiddetta “civiltà moderna”, disponga di armi spuntate per reagire alle “idee forti” dell’Islam, che comunque lo si voglia intendere, dal più fanatizzato ed unilaterale a quello più “tradizionale” e quietistico (ma rigoroso), un’idea di civiltà con una sua precisa gerarchia di principi e valori ce l’ha. Così come ce l’hanno i predetti pupari dei “terroristi islamici”. Gli unici che non ce l’hanno siamo noi, vittime sacrificali predestinate in questo gioco al massacro architettato per metterci contro quello che non è il “nemico principale”.
Invece niente da fare, come un automa impostato dal suo inventore l’occidentale medio (ben rappresentato tra la sua “classe dirigente”) continua a rivendicare un’idea di civiltà fondata sul “divertimento” ed una concezione dell’esistenza all’insegna della smemoratezza del perché di questa vita e di quella che ci attende dopo il trapasso. Anziché tirare fuori regolarmente i gessetti, i palloncini e gli orsacchiotti, o apporre al proprio profilo Facebook il logo dell’ultima strage (ma chi li prepara?), bisognerebbe interrogarsi su come si possa continuare col cosiddetto “nostro modo di vita” e coi “nostri valori” se non ci si dà una svegliata, ovvero se non si è portatori di un messaggio forte, eguale e contrario a quello dei “terroristi”.
Intendo dire che se da una parte veniamo accusati (non senza ragioni) di vivere “dissolutamente” (lasciamo perdere per ora il fatto che anche gli accusatori non siano proprio dei “modelli di santità”), dall’altra non si può mettere in campo una risposta efficace (come minimo per difendersi da un’offesa) con un surplus della medesima dissoluzione. In altre parole, al di là della lampante non credibilità come “guide” di questi esponenti dell’Islam “fondamentalista”, che nemmeno i loro connazionali vorrebbero manco come sturacessi, il grande assente continua ad essere “la nostra civiltà”, che sembra (e quasi sicuramente è così) decotta, incapace di reagire, rassegnata alla prossima “strage islamica” alla quale si risponderà con le parole d’ordine dell’“accoglienza” e della “tolleranza”. Senza un qualsiasi moto di ribellione verso questa “classe dirigente” che ci ha ficcati, per ignavia e connivenza, dentro questo casino.
Io non ho la soluzione in tasca su che cosa dovrebbe essere questa “risposta” forte e significativa. Questo segnale che qui ancora c’è “vita”. Ma di sicuro non è con le parole d’ordine buoniste e decadenti degli ultimi tempi che si potrà porre un argine a tutto questo.
Si potrebbe cominciare, per esempio, dal mostrare tutti questi “buoni sentimenti” e compassione per le vittime anche ogni volta che a Damasco come a San’a, a Tripoli come a Gaza, della gente in moschea, al mercato o semplicemente in strada viene fatta oggetto di attentati dinamitardi che lasciano sul selciato corpi straziati come quelli del Bataclan o della Manchester Arena. Ma non si può fare, altrimenti quelli là ci sembrano “come noi” e finisce che ci restano perfino “simpatici”.
Si dovrebbe quindi insorgere tutti assieme, dall’Occidente all’Oriente, contro il comune nemico, individuandolo e chiamandolo per nome e cognome (eh già, ci sono i mandanti del “terrorismo”). Quello che semina zizzania tra gli uomini col coniglio di pezza degli “attentati”; quello che scaccia la gente dalle loro case coi pretesti ideologici più assurdi e crea ondate di “profughi”; quello che alla fine, in una società “israelizzata”, trasforma in una “roulette russa” anche le più banali attività quotidiane come il prendere il bus, andare in pizzeria o fare la spesa al mercato.
Ci dovrebbe fare furbi. Si dovrebbe smetterla di credere a chi ci racconta frottole dalla mattina alla sera. Perché se dire le bugie non va bene, non è che crederci – quando sono così smaccate e ripetitive – sia poi meno grave. Come se, in fondo, convenisse crederci, perché l’alternativa è prendere la situazione di petto e andare al fondo di che cosa è – e, soprattutto, chi governa – la cosiddetta “civiltà moderna occidentale”. Quella che non ti nega nessun “divertimento”, ma anche quella che alla fine, mentre fuori tutto è in apparenza “bello”, dentro ti ha svuotato e non hai più nemmeno l’idea di che cosa significhi reagire.
Una particolare lode alla chiarezza e al sempre vivo acume di Enrico Galoppini nell’affrontare tali tematiche che i più trattano con superficialità facendo di tutta l’erba un fascio della questione islamica.
Ripeto quello che ho scritto in un mio recente commento ad un post in cui Matteo Salvini ha sputato le sue immancabili sentenze sul Corano.
Eccolo:
“A parte il fatto che l’ignoranza di Salvini in materia storico-religiosa è abissale (se conoscesse bene l’antico testamento capirebbe [forse] quanto sia sicuramente migliore per molti aspetti il Corano delle aberrazioni giudaiche in esso contenute), poi confondere la religione mussulmana, senza distinzioni al suo interno, con il terrorismo mascherato da Islam creatura dell’occidente, significa solo due cose: essere, oltre a ignoranti, dei perfetti imbecilli o dei perfetti politicanti in malafede. Detto da un gojm come lui, un filo sionista di merda, non può che essere la seconda ipotesi rafforzata da una buona dose di ignoranza. (http://ilsudconsalvini.info/video-giannini-la-dice-grossa-pubblico-lo-punisce/).”
Sarebbe inoltre bene che Salvini leggesse qualcosa di diverso dal Jerusalem Post; ad esempio questi due articoli (parte I e parte II):
http://www.ildiscrimine.com/la-fratellanza-e-lamicizia-valori-e-insegnamenti-dellislam-parte-1/?utm_campaign=shareaholic&utm_medium=facebook&utm_source=socialnetwork
http://www.ildiscrimine.com/la-fratellanza-e-lamicizia-valori-e-insegnamenti-dellislam-parte-2/?utm_campaign=shareaholic&utm_medium=facebook&utm_source=socialnetwork
Una particolare lode alla chiarezza e al sempre vivo acume di Enrico Galoppini nell’affrontare tali tematiche che i più trattano con superficialità facendo di tutta l’erba un fascio della questione islamica.
Ripeto quello che ho scritto in un mio recente commento ad un post in cui Matteo Salvini ha sputato le sue immancabili sentenze sul Corano.
Eccolo:
“A parte il fatto che l’ignoranza di Salvini in materia storico-religiosa è abissale (se conoscesse bene l’antico testamento capirebbe [forse] quanto sia sicuramente migliore per molti aspetti il Corano delle aberrazioni giudaiche in esso contenute), poi confondere la religione mussulmana, senza distinzioni al suo interno, con il terrorismo mascherato da Islam creatura dell’occidente, significa solo due cose: essere, oltre a ignoranti, dei perfetti imbecilli o dei perfetti politicanti in malafede. Detto da un gojm come lui, un talebano del filo sionismo, non può che essere la seconda ipotesi rafforzata da una buona dose di ignoranza. (http://ilsudconsalvini.info/video-giannini-la-dice-grossa-pubblico-lo-punisce/).”
Sarebbe inoltre bene che Salvini leggesse qualcosa di diverso dal Jerusalem Post; ad esempio questi due articoli (parte I e parte II):
http://www.ildiscrimine.com/la-fratellanza-e-lamicizia-valori-e-insegnamenti-dellislam-parte-1/?utm_campaign=shareaholic&utm_medium=facebook&utm_source=socialnetwork
http://www.ildiscrimine.com/la-fratellanza-e-lamicizia-valori-e-insegnamenti-dellislam-parte-2/?utm_campaign=shareaholic&utm_medium=facebook&utm_source=socialnetwork