Patria e Socialismo. Intervista a Socialismo Patriottico
Il Discrimine incontra Luca Tentori, uno dei dirigenti di Socialismo Patriottico, una giovane formazione politica che sin dal nome si prefigge di coniugare i valori del Socialismo e del Patriottismo.
Socialismo Patriottico: a qualcuno potrebbe sembrare un ossimoro… E invece? Quali sono le ragioni per cui avete scelto questo nome?
Il termine “socialismo patriottico” può apparire come un ossimoro soltanto nei paesi occidentali, dove le organizzazioni ed i partiti socialisti non hanno mai ricoperto un ruolo di guida di uno Stato. Sono pertanto rimasti legati ad una concezione falsa di patriottismo: ossia quella dello sciovinismo borghese che usa una retorica patriottarda per difendere i propri interessi di classe e spingere i popoli a massacrarsi a vicenda. Ma questa concezione risale al periodo remoto in cui la difesa della nazione e del capitale coincidevano. Oggi, la vecchia borghesia nazionale è quasi scomparsa, soppiantata da una borghesia compradora, apolide, cosmopolita, mondialista, nemica giurata di ogni forma di patriottismo.
Vedere una contraddizione tra questi due termini sembrerebbe invece assurdo nei paesi del ex-COMECON, in Asia o in America Latina.
In Cina, Vietnam, Corea Popolare, Cuba, URSS e via dicendo, il socialismo si è affermato attraverso un forte sentimento patriottico che ha condotto i popoli di quei paesi ad una vittoriosa lotta di liberazione nazionale contro nemici sia interni che esterni. Dopo queste lotte è stato possibile costruire il socialismo. Quindi la conquista della sovranità nazionale è un presupposto indispensabile per l’edificazione socialista. Per di più in ciascuna di queste realtà l’elemento socialista si è sovrapposto alla preesistente identità nazionale senza soluzione di continuità. Ci sono stati tentativi di cancellare la storia preesistente o le tradizioni nazionali da parte di alcune correnti più estremiste, ma hanno causato solo gravi danni e comunque si sono risolti in un fallimento. L’identità nazionale è incancellabile: il socialismo può al massimo valorizzarne gli aspetti migliori.
Oggi è più che mai necessario avere una formazione politica social-patriottica in Italia perché il nostro paese ha prima di tutto bisogno di riconquistare la propria sovranità nazionale e recuperare la propria identità nazionale, da decenni succube degli Stati Uniti d’America. Solo in questo modo potremo essere liberi di fare le scelte necessarie in politica estera, economia, stato sociale, sicurezza, etica e via dicendo. Abbiamo scelto questo nome proprio per rompere l’assurdo tabù di cui parlavamo all’inizio sull’incompatibilità tra amor patrio e volontà di giustizia sociale. È necessario recuperare l’eredità dei padri fondatori nella nostra Patria, i protagonisti del Risorgimento Italiano, il cui obiettivo era far sì che gli Italiani potessero vivere in una nazione sovrana in cui vedessero soddisfatte le proprie rivendicazioni sociali, arricchendola con gli insegnamenti che la storia del nostro e di altri paesi ci ha lasciato.
Detto questo, quali margini di manovra, a suo avviso, vi sono in Italia per svolgere un’azione politica in grado d’incidere e che non si risolva pertanto in una “testimonianza” ai margini delle “stanze dei bottoni”? E quali iniziative avete messo in opera per avvicinare il vostro potenziale bacino d’utenza?
In teoria Socialismo Patriottico avrebbe enormi margini di manovra, ma purtroppo la politica italiana presenta diversi problemi. Uno è che continua ad essere ostaggio di tabù e dogmi dei quali uno è quello di cui ho parlato nella precedente risposta, per cui vi sono alcune tematiche che vengono considerate di “destra” o di “sinistra”, per cui vengono boicottate o sostenute a prescindere. Un altro problema è che ci sono formazioni politiche che cavalcano alcune giuste cause non ponendosi come obiettivo la loro risoluzione, ma il mettersi in mostra e cercare facili consensi; per questo non accettano che altre formazioni politiche si accostino a quella causa bollandole come “infiltrati”, “sabotatori” o “ingannatori”. Questa porta ad una grave dispersione di forze e spesso all’insuccesso di quella causa. Ultimo problema è la permanenza di formazioni politiche cosiddette moderate ed altre estremiste: mentre le prime vivono nell’inerzia e hanno come obiettivo la propria auto-conservazione, le seconde abbinano un frasario d’impatto ad azioni eclatanti dal forte clamore, ma di misera efficacia. Vanno incontrate invece le istanze di quella parte di popolazione, che è la stragrande maggioranza, che non ha barriere ideologiche precostruite e che chiede concretezza e pragmatismo, ossia garanzie: uno Stato sociale efficiente, sicurezza lavorativa, abitativa e personale, possibilità di studiare, creare una famiglia, dedicarsi alle proprie passioni, infrastrutture di buon livello, un ambiente sano. Noi agiamo focalizzando le tematiche sensibili, organizzando eventi che permettano di informare correttamente le persone per renderle coscienti ed organizzarle, valutando le cause e le soluzioni ai problemi: generalmente conferenze, presidi, manifestazioni o altri canali di informazione. In seguito attiviamo quanti più contatti utili possibile con le necessarie competenze e possibilità di intervento mirando ad una soluzione realistica. Nel mentre accresciamo il numero di militanti e miglioriamo la loro competenza ed esperienza in modo da costruire una formazione politica solida ed affidabile alla quale gli Italiani potranno affidare la responsabilità di prendere decisioni dall’interno di quelle che lei ha definito “le stanze dei bottoni”.
Effettivamente, il problema di molte formazioni politiche minori è che sono come degli eserciti composti solo di generali. Tutti sono “ideologi” e nessuno vuole tirare la proverbiale carretta, ma soprattutto vi è un preoccupante vuoto per quanto riguarda le competenze. Come si fa, per l’appunto, ad intercettare una richiesta politica che non trova sponda senza poter offrire alcunché di concreto? La famosa “gente” non vive di conferenze o “analisi”, importanti, per carità, ma che si rivolgono essenzialmente ad un pubblico più selezionato e motivato dal punto di vista ideologico. Vogliamo allora parlare dell’esperienza di Terni a fianco degli operai delle acciaierie?
Nell’esperienza di Terni va detto che c’era un fatto che in parte veniva in nostro aiuto: i nostri militanti della sezione ternana “Luigi Trastulli” partivano da una preesistente presenza sul territorio grazie alla loro associazione “Primidellastrada” che si occupava di attività sportiva, politica e promozione sociale mentre molti di loro lavorano all’interno dell’acciaieria. Chi li conosce li stima e ha fiducia in loro: questo sicuramente è un vantaggio. Determinante però è stato il realismo ed il pragmatismo che li ha contraddistinti. Gli operai sono persone concrete che chiedono fatti concreti, non discorsi altisonanti da circolo culturale radical-chic. Da una parte i sindacati si battevano con gli scioperi, le manifestazioni, le riunioni e via dicendo, ma questi strumenti nella realtà attuale sono meno efficaci che un tempo. Come dicevo prima, oggi abbiamo di fronte una borghesia compradora, grosse società multinazionali di cui spesso nemmeno si sa di chi sia precisamente la proprietà: qualcosa di molto diverso dalla vecchia fabbrica locale con il suo padrone. In questo caso la ThyssenKrupp mira a disfarsi della sua fabbrica ternana, mentre i nostri politici liberisti si disinteressano della questione. Quindi chi danneggia quello sciopero, quel picchetto o quella manifestazione? Di certo non gli interessi della ThissenKrupp, per cui quella forma di lotta può andar bene per organizzare le forze, far udire la propria voce – ed infatti i nostri militanti hanno partecipato a tutte queste iniziative e alle riunioni sindacali – ma alla lunga non sortirà altri risultati. I nostri militanti ternani invece hanno proposto una soluzione veramente socialista e rivoluzionaria: la Public Company e l’azionariato popolare, tramite il quale gli operai potrebbero divenire comproprietari della fabbrica stessa: si salverebbe così la produzione, i posti di lavoro di centinaia di persone, una città intera. Questa proposta ha dimostrato di trovare ampio gradimento da parte degli operai perché realistica e dalle alte probabilità di successo. Ci sono sempre degli estremisti che storcono il naso, criticano, pongono sempre le questioni ideologiche (o i loro interessi) al primo posto, ma così facendo dimostrano ipocrisia e poco buon senso. Come detto in precedenza, la situazione ternana aveva qualche presupposto favorevole rispetto ad altre realtà in altre parti d’Italia, ma se l’iniziativa di Terni avrà il successo sperato, la stessa strategia si potrà adottare in tutte le analoghe situazioni. È stato quindi creato un precedente importantissimo. La vicenda del birrificio Messina è molto simile e si è risolta con gli operai che si sono costituiti in cooperativa, scongiurando il fallimento della propria fabbrica ed anche lì operano nostri militanti. In questo modo possiamo farci conoscere e trovare nuovi militanti e renderli sempre più preparati, competenti ed accreditati, ma ripeto, lo scopo delle nostre iniziative non è “farci belli” agli occhi di qualcuno, ma ottenere dei risultati reali per i lavoratori.
Non c’è dubbio che per affrontare con un approccio socialista e patriottico la grave crisi che l’Italia sta attraversando (in specie nel mondo del lavoro) si debbano cambiare gli strumenti di lotta da adottare nelle situazioni concrete. In questo, i sindacati storici sono fermi alla preistoria, imbalsamati nelle solite “vertenze” che tutt’al più portano a casa il classico piatto di lenticchie. Quali altri situazioni in tal senso “promettenti” state seguendo con un interesse particolare? Mi pare di percepire che la questione dei trasporti sullo Stretto di Messina vi stia particolarmente a cuore, anche perché è evidente la sua rilevanza dal punto di vista strategico.
Socialismo Patriottico cerca di seguire tutti gli aspetti della realtà nazionale ed estera. Per quanto riguarda la situazione di crisi dell’Italia le vie d’uscita a nostro avviso passano per un rilancio dei settori strategici dell’industria, dell’agricoltura e del commercio, con una forte presenza pianificatrice dello Stato in questi campi. La politica neo-liberista ha portato solo danni, ma la storia ha dimostrato che anche uno statalismo totale irrigidisce l’economia con effetti parimenti deleteri.
Perché questo rilancio avvenga è necessario avere libertà di agire in questo campo secondo i nostri interessi, quindi ciò è un motivo fondamentale per riconquistare la nostra sovranità. Lo sviluppo passa per forza di cose dalle infrastrutture e dai trasporti: avere una buona produzione e una buona rete di commercio è inutile se i trasporti sono lenti e costosi. Faccio un esempio lampante: uno dei motivi che ha indotto l’atteggiamento di ThissenKrupp verso l’AST di Terni è proprio la scarsa rete viaria che serve la città umbra.
In Italia ogni volta che si deve creare una “grande opera” è il caos. E non parliamo di monumenti o realizzazioni meramente estetiche, ma di strutture utili a tutti. Che si tratti di centrali elettriche (nucleari o termoelettriche, ma anche eoliche o idroelettriche), impianti per lo smaltimento dei rifiuti, strade o ferrovie è lo stesso: non vanno fatte perché inutili, costose, dannose per l’ambiente o perché il politico, l’industriale o il boss mafioso di turno ci fanno speculazioni. Capiamoci: sono tutte ipotesi realistiche che in passato si sono purtroppo realizzate. Però la soluzione non è non far nulla. Pensiamo, se si fosse sempre ragionato in questo modo, anche solo dal dopoguerra ad oggi: saremmo a livello di un paese del quarto mondo! Basterebbe questa considerazione a chiudere ogni discussione. Tra l’altro il dissesto idrogeologico del nostro territorio che ha causato centinaia di morti e fatto danni miliardari non è dovuto a grandi opere (con alcune eccezioni tipo la tragedia del Vajont), ma a costruzioni ordinarie fatte scriteriatamente, ma poco pubblicizzate e che ben pochi hanno contestato.
Il ponte sullo Stretto di Messina, come altre opere simili, è fondamentale per accorciare tempi, distanze e costi. Alla sua realizzazione, come per tutte le opere che ho elencato, si oppongono organizzazioni decrescentiste, intrinsecamente reazionarie. Gente, cioè, che vorrebbe che tornassimo a vivere come nel neolitico, ma che al contempo vorrebbe godere di tutte le comodità moderne: un’ipocrisia totale. Le grandi opere vanno valutate attentamente, sorvegliate in ogni passaggio da istituzioni indipendenti. È chiaro che la criminalità e la corruzione possono infiltrarsi facilmente, ma non è che nei paesi esteri vada sempre meglio, anzi! Eppure tali opere le hanno realizzate. In realtà dietro queste organizzazioni operano interessi contrari all’Italia, che vorrebbero ridurci ad una colonia americana al 100%: una sorta di Cuba pre-socialista, una “penisola del piacere”, per gli stranieri ovviamente, con un’economia fatta di terziario, agricoltura, turismo e, al massimo, piccolo artigianato. In particolare, la Sicilia dovrebbe rimanere la portaerei statunitense nel Mediterraneo per eccellenza: arretrata, isolata, con un’amministrazione prona e corrotta, ma piena di installazioni americane, di cui il famigerato MUOS è solo l’ultimo orrore. In pratica la stessa funzione che svolge la Corea del Sud per l’Asia, con l’aggravante, per la Sicilia, del sottosviluppo. In tale chiave vanno visti anche certi movimenti “autonomisti”, che, in buona o cattiva fede che siano, sostengono questo disegno. Noi siamo quindi favorevoli a quest’opera come alle ferrovie sia normali che ad alta velocità, alle vie d’acqua e ad altre opere che servono a sostenere l’economia. Tutto questo naturalmente non significa che bisogna trascurare altri problemi impellenti, o la manutenzione ordinaria delle strutture pubbliche, che sono altrettanto fondamentali.
Riassumendo, Socialismo Patriottico è per l’avocazione allo Stato dei settori d’importanza strategica, come i trasporti e le telecomunicazioni, ma anche – presumo – dei servizi essenziali come la sanità, e, ovviamente, la grande industria, che per gli investimenti di cui abbisogna non può essere lasciata alla sola iniziativa privata (che invece è benemerita – a patto che non sia parassitaria – quando esalta il genio individuale e beneficia tutta la collettività). I risultati, da quando hanno smantellato i famosi “carrozzoni” di Stato trasformandoli in S.p.A., sono sotto gli occhi di tutti. Eppure, sullo sfondo, esiste un problema cruciale, senza la cui soluzione non è possibile mettere mano a nulla: la proprietà della moneta. Una delle due prerogative fondamentali della sovranità (l’altra è quella militare, delegata alla Nato). Che cosa pensano i vertici di SP al riguardo? Hanno intenzione di affrontare seriamente il problema della sovranità anche dal punto di vista monetario?
Il problema della sovranità monetaria va senza dubbio affrontato. Il primo punto del nostro programma economico è la nazionalizzazione della BCE e, in caso di rifiuto da parte degli altri membri dell’UE, l’uscita dall’eurozona e nazionalizzazione di Bankitalia. Quest’ultima via porta sicuramente più benefici che svantaggi. Basti pensare che ogni anno il nostro paese perde 100 miliardi versati alle banche che comprano i nostri Titoli di Stato per pagare gli interessi sul debito pubblico. I paesi dell’eurozona comprano denaro dalla Banca Centrale Europea pagandone non il valore tipografico (0,20 euro), ma quello nominale a cui vanno aggiunti i 100 miliardi di interesse. Per di più queste banche mettono a passivo le cifre che prestano agli stati indicandone sempre il valore nominale finendo con i conti “in rosso” e pretendendo sempre nuovi versamenti da parte degli stati che così finiscono per indebitarsi. Per ovviare all’indebitamento si impongono le politiche di austerità che peggiorano ulteriormente la situazione causando la contrazione dell’economia, oltre che danni sociali spaventosi, e creando un circolo vizioso. È necessario quindi uscire gradualmente da questo sistema. È possibile fondare una nuova moneta nazionale che sarebbe svalutata di circa il 20% per allinearsi alla nostra economia. Essendo la nostra economia fortemente dipendente dalla esportazioni, soprattutto di manufatti, prodotti agroalimentari e altri beni di pregio molto richiesti, questa svalutazione non farà che favorire le esportazioni con conseguente crescita economica ed occupazionale, cosa che compenserebbe ampiamente la maggiore onerosità delle importazioni di materie prime, il cui costo incide per una percentuale relativamente bassa sul costo del prodotto finito. I conti correnti, rimasti in euro, verrebbero comunque gradualmente convertiti nella nuova moneta che, a causa dell’alta richiesta, si rivaluterebbe comunque. Parlando di costo delle merci, questo verrebbe adeguato alla nuova moneta, quindi ridotto, senza causare perdite del potere d’acquisto. Quindi una situazione molto diversa da chi paventa scenari catastrofici uscendo dall’euro. Naturalmente la sovranità monetaria non è la panacea a tutti i mali, ma solo un tassello di una strategia economica più ampia che passa anche dalla ricerca di partner economici e finanziari più vantaggiosi rispetto a quelli impostici dai burocrati europei.
Adesso vorrei sapere qual è la linea di Socialismo Patriottico al riguardo del tema caldo del momento, l’immigrazione. Un tema che è in grado di scaldare le persone in un senso o nell’altro, spesso per partito preso, perché vi si vanno a coagulare e a scontrare elementi ideologici e sentimenti i più disparati, che uniti alla “crisi”, alle notizie sempre più allarmistiche al riguardo del “fondamentalismo islamico” e all’oggettiva condizione d’insicurezza generale, producono una crescente insofferenza verso l’immigrazione, alla quale altri oppongono argomenti tratti dall’armamentario dell’universalismo astratto e dei “diritti individuali” che, per inciso, sono parte integrante della visione del mondo capitalistica e liberalistica che ha prodotto la “globalizzazione”.
Socialismo Patriottico rifiuta qualsiasi approccio al problema di tipo razzista o xenofobo. La nostra organizzazione collabora con organizzazioni di tutto il mondo indipendentemente dalla nazionalità, dalla cultura o dalla tradizione. Il nostro patriottismo è amore per la nostra Patria, il nostro popolo, la sua cultura e la sua identità, ma allo stesso modo portiamo il massimo rispetto per tutte le nazionalità del mondo. Noi ci schieriamo sempre al fianco di tutti coloro che difendono i propri paesi da ogni genere di aggressione, anche se queste dovessero provenire dal nostro Paese. Rifiutiamo altresì qualsiasi pretesa di superiorità da parte di una cultura su di un’altra, cosa che è stata e sta tuttora alla base di molte ideologie imperialiste.
Il vero razzismo è sostenuto da coloro che vorrebbero annientare le culture nazionali, anche con la violenza, per imporre un modello di società fotocopiato da quello statunitense. Questo modello è lo stesso a cui oggi mirano le classi capitaliste di tutto il mondo. Chi oggi sposa l’ideologia dell’accoglienza illimitata, del mondo senza confini e dei “diritti universali” (da “esportare”, magari con guerre e colpi di stato), non fa che il gioco dei capitalisti. Questi sono ben contenti di avere un grande bacino di immigrati disposti a svendersi per cifre ridicole, un conflitto sociale sempre aperto con i lavoratori nazionali e problemi di sicurezza dilaganti che colpiscono sempre le classi produttrici.
L’Italia è oggi sottoposta ad una crisi economica che causa molti danni sociali ben noti a tutti. Chiedere ad uno Stato in crisi di sobbarcarsi l’ulteriore fardello di un’immigrazione di massa significa contribuire al suo collasso. Allo stesso modo, con le sue politiche neocolonialiste, imperialiste e guerrafondaie, l’Occidente causa danni enormi ai paesi da cui l’immigrazione proviene, spesso già di loro arretrati, turbolenti e governati da classi politiche predatorie od incapaci. In realtà lo scopo è proprio questo: sfruttare al massimo e destabilizzare, creare masse di disperati in fuga, scontro sociale e collasso delle strutture nazionali.
Quindi l’approccio sciovinista e xenofobo al problema, che parla un linguaggio nazionalista senza contestare il sistema politico-economico capitalista, si rivela vuoto ed ipocrita, così come quello dell’accoglienza universale.
Socialismo Patriottico propone un severo controllo alle frontiere per tutelare la sicurezza nazionale e la nostra classe lavoratrice da tutti i rischi tra cui il terrorismo e la criminalità, ma anche il collasso dei servizi pubblici, la disoccupazione e la sottoccupazione. Allo stesso modo proponiamo la sottoscrizione di accordi bilaterali sul modello del Forum sulla Cooperazione Cina-Africa, con reciproco vantaggio di tutte le parti, la fine delle politiche imperialiste, la lotta al terrorismo e alle tratte di esseri umani sostenendo le forze ed i governi locali affidabili. Il problema dell’immigrazione non si risolve con gli slogan demagogici, ma con il pragmatismo, difendendo il nostro paese, combattendo le politiche imperialiste, collaborando attivamente per lo sviluppo delle realtà più arretrate ed instabili.
In ultimo vorrei aggiungere l’esperienza dei paesi socialisti che componevano il COMECON, ma anche la Cina o la RDP di Corea che hanno sempre avuto quote di immigrazione bassissime e composte unicamente da persone che potevano inserirsi senza alcun problema nel sistema economico e sociale esistente senza divenire fonte di problemi.
L’ultima domanda che vorrei farti riguarda i vostri canali di comunicazione. Che cosa si può fare per restare aggiornati sulle vostre attività? E se si volesse fare qualcosa di più, come si può collaborare con il vostro movimento?
Il nostro canale di comunicazione principale per ora è quello informatico, attraverso il nostro sito internet, il nostro giornale on-line e le nostre pagine sui social network. Consultando questi canali chiunque può rimanere aggiornato sulle nostre attività, iniziative ed analisi o mettersi in comunicazione diretta con noi. Anche la partecipazione alle nostre iniziative è un buon canale per mettersi in contatto con noi.
Socialismo Patriottico è da sempre aperto alla collaborazione con enti, associazioni o movimenti su tematiche di interesse comune. Per quanto riguarda la militanza, essendo la nostra organizzazione intenzionata a svilupparsi costituendo una rete sul territorio nazionale, accogliamo di buon grado le richieste di persone interessate a collaborare.
Chi vuole entrare nella nostra organizzazione deve inoltrare la richiesta, comunicarci alcuni dati e prendere visione del documento che illustra le regole a cui devono attenersi i nostri militanti, chiarire a cosa si è interessati o si è in grado di fare, ed in che misura ci si può dedicare all’attività politica compatibilmente con gli impegni e le possibilità che ciascuno ha per quanto riguarda la salute, la sua attività lavorativa o di studio, e gli obblighi di famiglia. In base alle competenze e le possibilità, a ciascuno vengono assegnati dei compiti di collaborazione nell’ambito più adatto all’interno di una sezione locale. Questo periodo di collaborazione si protrae fino al momento in cui il capo-sezione presenta la candidatura del militante, che può essere approvata o disapprovata, ed in ciò consiste la selezione dei militanti. Accennando ai criteri di selezione, è importante essere persone disponibili, disciplinate, che abbiano una condotta etica e pubblica integra e che si attengano a quanto espresso nel nostro manifesto e programma politico. Per quanto riguarda le competenze, queste non sono un fattore discriminante ai fini di selezione, ma sono sicuramente utili. Possono essere di ambito tecnico-scientifico, umanistico, giurisprudenziale, oratorio, illustrativo, ecc. Molto utile è anche la possibilità di avere contatti o la capacità di coinvolgere persone od organizzazioni utili ad affrontare una determinata causa, informare su di essa o risolvere un problema.
(intervista a cura di Enrico Galoppini)