Ordine di scuderia: censura sui crimini sauditi
redazionale – Il Discrimine
A fronte dello tsunami d’insulti, maldicenze ed illazioni all’indirizzo dei cosiddetti “cattivi” (Iran, Siria, Russia ecc.), le lamentele occidentali sul “medio evo” saudita al riguardo delle donne, della libertà di parola e, più in generale, di tutto quel che concerne i “diritti umani” fanno la figura della classica puntura di spillo.
Mediamente “si sa” in giro che le donne là non possono guidare la macchina; che il tal blogger è stato frustato e che le condanne a morte si accompagnano alla “barbara” usanza delle pene corporali; e che esiste la ben poco “multiculturale” questione dello sfruttamento, ai limiti della schiavitù, della manodopera straniera. Ma è poca roba al confronto con tutto quello che viene messo sul conto dei governi invisi agli occidentali, per i quali non si fanno sconti e, anzi, la fabbrica delle menzogne ne sforna sempre una al giorno.
A quelle labili e saltuarie denunce si va a sommare qualche settoriale protesta per il trattamento dei non musulmani. Settoriale perché alla maggior parte degli occidentali della regione non interessa più nulla, se non come fattore “identitario”.
Ma il tutto emerge sporadicamente, senza troppa convinzione e, soprattutto, senza tutta quell’insistenza perfida con la quale i “media” martellano all’indirizzo anche di altri “Stati islamici” come l’Iran, dove peraltro le donne non stanno affatto così male, sempre che con “bene” non s’intenda l’impazzimento della cosiddetta “donna moderna” che in tutto e per tutto deve scimmiottare il maschio (un maschio anch’egli impazzito, tra l’altro).
L’Arabia Saudita è un alleato di ferro dell’America, e questo lo sa anche lo scemo del villaggio. Ma forse non tutti si sono accorti di come la propaganda occidentale segua un ordine di scuderia ben preciso: profilo basso per l’Arabia Saudita, al quale il più delle volte viene preferita una completa ed avvolgente censura.
Anche quando i suoi “sovrani” ne combinano di talmente grosse che anche solo la radice quadrata del crimine da essi commesso sarebbe bastata a piantare sulla gogna mediatica qualsiasi altro governante.
Partiamo dal macello occorso durante l’ultimo Pellegrinaggio (Hajj) e nei giorni immediatamente precedenti. L’11 settembre (!), una delle gru che – in un misto di speculazione edilizia ed iconoclastia settaria e puritana – circondano il perimetro sacro meta di milioni di pellegrini s’è abbattuta, a causa d’una tempesta di pioggia e vento, addosso ad un gruppo di fedeli che si trovava lì per svolgere i riti del “Piccolo pellegrinaggio” (‘umra). A parte la curiosità della data (e la distanza di 11 giorni dalla Festa di fine Hajj!), quest’evento è stato velocemente rimosso dai notiziari, quasi si trattasse di una quisquilia, mentre s’immagini un po’ che cosa accadrebbe, nelle redazioni giornalistiche, se un’impalcatura franasse in testa ai fedeli riuniti in Piazza San Pietro! Di tutto e di più, col Vaticano unico ed eterno responsabile morale e materiale della strage. Non aspetterebbero altro certi mangiapreti ed anticlericali unilaterali che vedono tutto il male nella Chiesa e non sono in grado di farsi uno straccio d’esame di coscienza su cosa non vada nelle loro squallide esistenze materialistiche e nichilistiche, né – qualora si tratti di aderenti ad altre fedi – di guardare più accortamente in “casa” propria.
A questo primo disastro che già basta e avanza s’è andato poi a sommare quello, ancor più clamoroso e grave, verificatosi durante il Pellegrinaggio stesso, quando a causa del capriccio d’un emiro della “casa reale”, il quale intendeva farsi il suo “pellegrinaggio privato” con tutti gli agi del caso, un numero imprecisato di pellegrini che varia da 7-800 ad alcune migliaia è morto schiacciato o per soffocamento nella calca ingenerata da quell’emiro e dal suo ingombrante codazzo. Pare che l’emiro l’abbia fatta franca, ma siccome qualcuno la deve pagare sono volate un po’ di teste di “alti responsabili”. I Borgia (ma quelli della letteratura pseudo-storica, non quelli veri) al confronto erano una famiglia dalla specchiata moralità.
Una cosa, questa della strage dello Hajj, d’una gravità inaudita, da far pretendere all’intera Umma (la “comunità dei credenti”) l’abdicazione di tutta la dinastia dall’abusato ruolo di “custode dei luoghi santi”. Se non fosse che, da un lato, i media occidentali ricevono l’ordine di scuderia di mettere a tacere tutto, dall’altro vi è il triste e squallido spettacolo della quasi totalità delle organizzazioni islamiche in Europa e negli Usa che prendono soldi dai sauditi e dalle loro filiali, cosicché nessuno vede, sente o parla. Ma siccome sono “credenti” ogni tanto si ricorderanno della fine che li attende, quando il Signore li interrogherà al riguardo della religione e dell’uso strumentale da bottegai che ne han fatto.
Colmo dell’asservimento al petrodollaro, inoltre, vi sono stati anche quei musulmani che, per coprire le malefatte dei sauditi, hanno diffuso voci secondo le quali la strage dei pellegrini sarebbe da imputare ad un gruppo d’iraniani mossisi incautamente ed incoscientemente in senso contrario a quello della maggioranza (altri ancora hanno accusato degli africani, tanto i “negri” sono schifati anche dalla maggioranza degli arabi). Una cosa davvero ripugnante che va a completo disonore di chi la sostiene e della sua particolare “ideologia islamica”, che con l’Islam autentico ha a che fare come le bande dei narcotrafficanti, con tanto di altarini in casa, hanno a che fare con Gesù Cristo.
A questo quadro già allarmante, si aggiunge la profanazione dei luoghi sacri d’Arabia condotta sistematicamente da quando questa famiglia dalle oscure origini è emersa dal Najd, sorretta dall’Inghilterra e poi accordatasi sempre e comunque con gli Stati Uniti e pure Israele. E la cosa tragicomica è che i soliti “media” presentano quello wahhabita come l’Islam sunnita più “ortodosso” e “tradizionale”, anche se finalmente, anche tra qualche commentatore che ha la possibilità di accedere a tv e giornali si sta alzando qualche voce critica e meno disinformata.
Ad ogni buon conto, la deviazione saudita dalla dottrina ortodossa, in fin dei conti, potrebbe destare preoccupazione solo tra i musulmani e coloro che s’intendono di teologia e metafisica, ma almeno dovrebbe essere di pubblico interesse – attraverso i soliti “media” – il massacro che Riyad, con l’avallo dei predetti alleati occidentali, sta conducendo quotidianamente nello Yemen.
La Russia avvia i primi raid in Siria e tutti i pappagalli di regime ripetono la filastrocca delle veline del Pentagono. D’improvviso i “grandi giornali” e i famosi telegiornali ci forniscono una quantità impressionante di particolari, dalle previsioni del tempo d’argomento bellico a fumisterie su un traffico di materiale nucleare con l’Isis di trafficanti che hanno “legami con la Russia”. Gli scrupoli morali all’indirizzo di Mosca si sprecano, e senza timore di cadere nell’abisso del ridicolo più scompisciante ci tocca sentir dire che, poveretti, “i ribelli armati dalla Cia” hanno il diritto di continuare a sovvertire lo Stato siriano (McCain). “La strategia di Putin in Medio Oriente è fallimentare”, afferma quell’altro genocida che da una stanzetta ben protetta emana il suo foglio d’ordini quotidiano sugli attacchi da condurre coi droni in ogni parte del mondo.
Alzi però la mano chi, sui soliti “autorevoli” mezzi di ottundimento di massa ha sentito parlare dell’aggressione saudita nello Yemen, in corso da mesi. Lo Yemen, dal punto di vista di Riyad, avrebbe la colpa di essersi liberato del suo presidente-marionetta filo-saudita, ma nessuno trova strana quest’ingerenza militare in un altro Stato, né il fatto che persino un “patrimonio dell’umanità” come la capitale San’a non sia stata risparmiata da notevoli distruzioni. I morti yemeniti dei bombardamenti hanno superato abbondantemente il migliaio, ma qui non ci sono lacrime per i vecchi, le donne e i bambini. E i “ribelli yemeniti”? Non meritano tutta la simpatia e la comprensione di quelli “siriani”.
Allora, siccome a noi degli ordini di scuderia non ce ne frega nulla, ché anzi siamo dei puledri allo stato brado, ecco qua una rassegna dell’orrore seminato dalla “rispettabile” dinastia saudita in una nazione colpevole di essersi liberata da un personaggio che se ne stava sulla “poltrona” dalla fine degli anni Settanta, ma che complice sempre la solita disinformazione orchestrata nessuno conosceva, a differenza dei vari Gheddafi, Assad ecc. Poi, gli yemeniti, in maggioranza zayditi (una branca dello sciismo) hanno pure commesso il “reato” di defenestrare il successore di ‘Abdallah Saleh, puntando dritti a Aden, storica roccaforte del dispositivo imperiale marittimo britannico sulla rotta delle Indie. A quel punto, col successore del satrapo ospite dei sauditi, è cominciato l’attacco in grande stile, con tutta la tecnologia possibile di marca occidentale, alla quale gli yemeniti, popolo fiero e battagliero come quello afghano, risponde come può, ma arrecando all’invasore perdite che lo stanno gettando nella disperazione.
Lo Yemen non è il Bahrein, dove in quattro e quattr’otto, con due sventagliate di mitra hanno posto fine alla locale “primavera araba”, che altrove – stando a sentire Aljazeera e Alarabiya – sarebbe giusta e sacrosanta, con tutto il codazzo di cretinetti occidentali che credono alle favole o fan finta di crederci.
Con preghiera d’inoltrare qualcheduna di queste foto alle “autorità saudite”, si augura una buona visione, si fa per dire: http://www.liveleak.com/view?i=424_1443021485
Sono tornato da poco dai luoghi del Pellegrinaggio a Mecca, e confermo che il governo saudita, che attualmente ha in carico (più o meno lecitamente) la gestione dei luoghi sacri islamici, e che perciò dovrebbe organizzare al meglio ed approntare tutte le sicurezze richieste per un evento che coinvolge quasi tre milioni di persone (il Pellegrinaggio), sono “inadeguati, incapaci e pericolosi”!.
La loro evidente disorganizzazione, e aggiungerei: mancanza di rispetto dei Pellegrini, è visibile e purtroppo riscontrabile sulla propria pelle, in ogni momento e in ogni luogo nel quale si svolgono i riti del Pellegrinaggio. Da quello che ho visto e vissuto di persona poteva succedere ben peggio di quanto già successo, e con molti più morti. Dio ha forse voluto proteggere gli ospiti della Sua Casa (La Moschea di Mecca).
La grande Moschea Sacra di Mecca è oggi un ‘enorme cantiere’ pieno di gru e di ponteggi edili, all’interno del quale i pellegrini tentano, con gravi rischi per la propria sicurezza, di svolgere i loro riti e le loro preghiere a Dio. Ciò comporta un gravissimo pericolo per tutti i Pellegrini, come si è dimostrato anche quest’anno. Non ci sono vie di fuga in caso di emergenza, non ci sono percorsi ben gestiti per i flussi dei Pellegrini per l’entrata e per l’uscita dalla Moschea, e tutto è lasciato al caso, in quanto le guardie presenti non sanno mai cosa fare, e inventano soluzioni naif sul momento che spesso hanno l’effetto opposto e cioè di complicare ancor di più i pericoli per i pellegrini.E cosa ancor più vergognosa, se qualche principe saudita deve svolgere dei riti attorno alla Kaba o altri luoghi, vengono bloccate le vie di accesso ai pellegrini per permettere a questi personaggi di camminare da soli senza mischiarsi con la folla. Il Profeta dell’Islam sayydinà Muhammad, su di lui il saluto e la pace, era “sempre” assieme alla folla! e cosi i Califfi ben guidati che sono succeduti.
E’ tempo che la Comunità islamica (Umma), invece di gareggiare a chi costruisce il grattacielo più alto.., si riunisca e che, per amore di Dio, del Suo Profeta e di tutti i musulmani, prenda seri provvedimenti in merito alla corretta e rispettosa gestione dei luoghi sacri dell’Islam.