L’orrifico funerale del boss Casamonica a Roma

di Loris B. Emanuel

Parte dello Stato non è più un’istituzione ma un aggressivo participio passato.

funerale_casamonica1Cosa dimostra il funerale alla luce del sole, con tanto di musiche del Padrino, del boss Casamonica? Non certo ciò che qualche analista ha definito, sbrigativamente e pigliando la solita furbesca scorciatoia giornalistica, «prova di forza per umiliare lo Stato». Questo tipo di osservazione, posto che sia veridica, può valere per qualsiasi azione palese della criminalità organizzata. Qui bisogna contestualizzare. Lo Stato è già umiliato, o meglio: lo Stato è un participio passato.

Siamo anzitutto a Roma e non a Palermo o a Napoli; siamo pertanto nella Capitale e il valore simbolico di questa cornice è altissimo, e lo è vieppiù se pensiamo all’orrore che sta emergendo dall’inchiesta Mafia Capitale. Un tale bailamme giudiziario e mediatico avrebbe dovuto suggerire alla criminalità organizzata di adoperare un profilo assai più basso e non antiche carrozze trainate da possenti destrieri, Limousine e petali di rosa lanciati da un elicottero. Chi invece si può permettere un tale frastuono in piazza sa che, semplicemente, può farlo. Accanto a ciò, il baccano sollevato da certe istituzioni è il tentativo di coprire uno sgradevole lezzo con del profumo scadente e serve solo a sottolineare la magagna. Dove la criminalità organizzata agisce indisturbata se non in un territorio nel quale gode copertura, connivenza, complicità, approvazione, contiguità, identità? Dove, più chiaramente e assai banalmente, la criminalità organizzata agisce se non là dove è presente con radicata azione? La mafia, è noto, non è sciocca, può commettere errori, magari anche gravi, ma non è composta da idioti. Che invece allignano sovente tra chi si beve lo scandalo d’un funerale a ciel sereno d’un notissimo boss. Bella scoperta, mi direte, che vi sia mafia a Roma: fatto assodato, certo. Ma il punto è un altro: è che adesso questo funerale segna inequivocabilmente e forse irreversibilmente una dichiarazione di meridiana evidenza: la criminalità organizzata non ha più paura della luce del sole nemmeno nel cuore d’Italia, alla presenza, sotto il naso di istituzioni politiche e di polizia. Altro che sfida, altro che provocazione, altro che affronto.

funerale_casamonica2Un funerale dichiara un morto, il quale lascerà pure degli eredi e un’eredità e qualcuno ha già contratto matrimonio. Alla luce del sole e al profumo di petali di rosa. Tanto il pubblico s’indigna sempre coi morti e non penserà certo di prendersela – ma cosa cambierebbe? – con chi ancora, vivo e vegeto, chiede voti oppure no. L’antico e talvolta equivoco contrasto Stato-mafia oggi s’è rovesciato nel suo esatto e questa volta inequivocabile opposto. D’altra parte è uscita oggi la notizia che giudici e Carabinieri – quindi un bel pezzo di participio passato – erano al corrente delle imminenti esequie. Se confermata, essa costituirebbe prova di molto: quanto, per esempio, qui or ora scritto. E questo alla faccia di quanti, morti e vivi, sono degnissimi e insospettabili simboli della lotta alla mafia, che, vivaddio, ancora lì stanno e non sono stati.

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There are 2 comments for this article
  1. Bennato Bennati at 8:02 am

    Gli alti lai lanciati da pubbliche autorità e “media” in merito alla “performance” funebre della tribù dei Casamonica ( “performance “grossolana, oserei dire ridicola, sicuramente autolesiva avendo su di essa richiamato l’attenzione del mondo intero) suonano in maniera piuttosto ipocrita, perché, stando a queste autorità, testate giornalistiche ecc., sembrerebbe quasi che la Mafia (e sempre che, ovviamente, i predetti Casamonica siano effettivamente tali, cosa che, personalmente, non ho alcun elemento per affermare) fosse una sorta di virus estraneo improvvisamente ed inaspettatamente manifestatosi nell’organismo del nostro Paese, a causa di un errore delle preposte autorità nell’approntamento dell’indispensabile cordone sanitario, e non un fenomeno ivi, potremmo dire quasi istituzionalizzato, fin dall’alba della repubblica (e malgrado le azioni di contrasto messe in atto, talvolta anche a costo della propria vita, da tanti suoi valenti funzionari ) ed anzi, fin da quell’anno 1943 che vide lo sbarco degli Alleati in Sicilia, dove essa fu ampliamente utilizzata nella pianificazione dello sbarco stesso e rivificata (dopo essere stata, al tempo del fascismo, se con completamente annichilita, certo silenziata a mezzo del l’azione di repressione intrapresa dal famoso prefetto Mori).
    Traggo dal web (“Il blog della terza D”): “Analogamente lo sbarco anglo-americano in Sicilia avvenne non senza aver preventivamente stipulato solidi rapporti tra mafia siciliana e mafia americana. In entrambi gli avvenimenti la mafia ebbe dei compiti rilevanti: quello di influire sugli umori della popolazione, spingendola prima a favorire lo sbarco e poi a collaborare con l’occupante, mentre per attirare il favore di una certa borghesia fu fatta intravedere la possibilità di un’eventuale indipendenza dell’isola. I contatti dello spionaggio americano con la mafia siciliana furono assicurati da Lucky Luciano, boss della delinquenza di New York, con l’appoggio del presidente Roosevelt e del ministro della marina Knox. Importantissimo fu anche il contributo di Mayer Lansky, boss indiscusso del gangsterismo ebraico negli U.S.A. Proprio quel Lansky che nel dopoguerra, insieme a Luciano, controllerà il mercato mondiale degli stupefacenti tra Medio Oriente, Sicilia, Cuba e Stati Uniti. I due furono abilmente manovrati dal loro avvocato Allen Dulles, che diresse durante tutta la guerra le operazioni di spionaggio in Europa e che dopo divenne il capo della CIA. Luciano e Lansky, ai quali evidentemente fu promesso in cambio ogni tipo di copertura per i loro traffici, mobilitarono per lo sbarco in Sicilia tutti i capi mafiosi degli U.S.A.: Adonis, Costello, Anastasia, Profaci. Costoro fecero sbarcare clandestinamente in Sicilia moltissimi loro emissari che, accolti fraternamente dai mafiosi locali, organizzarono rapidamente una vasta rete di “uomini d’onore” a disposizione dei “liberatori”. Lo sbarco statunitense fu di una facilità estrema. Gli americani conoscevano non solo la dislocazione delle batterie e dei reparti italiani, ma anche i nomi degli ufficiali che li comandavano. La popolazione civile, ancora prima dell’armistizio, accolse con applausi e fiori gli invasori, dei quali quasi il 15% era di origine siciliana. I soldati italiani catturati se erano siciliani venivano liberati e inviati alle loro case, mentre gli “altri” furono destinati ad una lunga prigionia in Africa o negli Stati Uniti. La difesa dell’isola, in realtà, non era sicuramente in grado di contrastare efficacemente gli invasori, ma a facilitare lo sbarco delle truppe anglo-americane contribuì fortemente la rinuncia ad inviare la flotta italiana contro le navi alleate nonostante i servizi segreti italiani fossero a conoscenza della data e delle località dello sbarco. Un vero e proprio tradimento che permise alle navi inglesi ed americane di appoggiare tranquillamente con micidiali cannoneggiamenti le operazioni di sbarco e di avanzata delle truppe lungo tutta la costa fino a Messina. Anche in quest’invasione l’altro fattore importante fu quello della “compiacenza” di alcuni generali italiani, altrimenti sarebbe veramente inspiegabile il mancato uso della flotta. Come avvenne con l’invasione garibaldina, anche in questo caso i più importanti mafiosi locali, Genco Russo e Calogero Vizzini, accolsero gli americani e da essi vennero scelti per la carica di sindaco. Non ebbero nessuna importanza i cinquantuno delitti di cui erano accusati e il fatto che erano analfabeti; anche gli oltre cinquecento mafiosi confinati ad Ustica furono immediatamente liberati e tra essi il governatore americano Charles Poletti scelse i suoi più validi collaboratori, intorno a quali incominciarono a ruotare altri personaggi, i “politici”, pur essendo vietata nell’isola qualsiasi attività politica”.
    Quando si capirà che le azioni di contrasto al fenomeno mafioso non avranno mai portata risolutiva se non si interrompe il cordone ombelicale fra mafia siciliana e quella statunitense, cosa tuttavia in larga parte presupponente il riacquisto da parte dell’Italia della sua piena autonomia e sovranità internazionali rispetto all’”alleato” americano? Ma viene da chiedersi se ciò sia concretamente fattibile in un Paese che si vede occupato da oltre cento basi militari Usa.

  2. BENNATO BENNATI at 5:00 pm

    Aggiungo che la risoluzione del problema mafia è strettamente connessa anche con la risoluzione del problema droga.
    Le carceri sono piene di poveri disgraziati che vivono tramite lo spaccio e che continueranno a vivervi, una volta usciti di prigione, come prima, più di prima, la detenzione avendo ovviamente ulteriormente deteriorato la loro situazione economica e le loro possibilità di reperimento di ( onesta ) attività lavorativa ( oltretutto il costo di contrasto del fenomeno , pensiamo ad esempio al costo delle intercettazioni telefoniche su cui si basa il 90% dell’attività investigativa , ha costi esorbitanti per la collettività , ma tanto , come al solito, a pagare è sempre Pantalone !!).
    In realtà al fenomeno droga non potrà mai essere apposta la parola fine, se non ne verà impedita la produzione ( al di là degli impieghi consentiti ) nei paesi dove essa viene effettuata e la loro immissione nel mercato clandestino, donde il legame di questo problema col problema mafia.
    E’ evidente che se le potenze che dirigono il controllo del mondo lo volessero , il problema potrebbe risolversi in quattro e quattr’otto ( quando si è voluto, non sono mancati gli argomenti, anche i più fantastici e i mezzi per annichilire ad esempio personaggi scomodi come un Saddam Hussein o un Colonnello Gheddafi; potrebbero mai mancare i mezzi, se lo si volesse, per fare altrettanto coi Signori della Droga , le loro piantagioni,li loro laboratori di trasformazione del prodotto, ecc., in una parola con la Mafia?).
    Non è ‘lecito pensare che se il contrasto del fenomeno avviene irresolutivamente a livello del piccolo mercato e non alla fonte, è perché questa produzione e questo mercato procurano mezzi economici per tutti, anche per gli apparati di quelle potenze che, a parole, dicono di contrastarlo ?
    Perché ad esempio questo mercato è uno strumento di produzione ed accumulo per gli apparati in parola di fondi ” neri”, perciò sottratti al controllo di parlamenti e di altri organi a ciò deputati, fondi che poi possono ottimamente servire per il finanziamento di golpe, guerriglie, contriguerriglie, opposizioni di ogni tipo a governi sgraditi, rivoluzioni ” colorate”, “primavere arabe” e chi più n’ha più ne metta ?

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