La “buona scuola” cinguettosa di Matteo Renzi
di Enrico Galoppini
Lo so che praticamente nessuno mi verrà dietro sul ragionamento che sto per esporre, ma lo farò lo stesso e ciascuno valuterà come meglio crede.
Il fatto lo conoscono tutti: un bambino di una classe terza elementare avrebbe inventato una nuova parola italiana, “petaloso”.
Matteo – questo, il nome casuale del bambino – ha scritto di un “fiore petaloso”, e la maestra ha interpellato l’Accademia della Crusca, che sempre causalmente ha sede, come tutti sanno, a Firenze, la città del Sommo Poeta.
Matteo, Firenze: Matteo Renzi.
Subito il “premier” si precipita su Twitter (24 febbraio) a complimentarsi con l’omonimo genietto paroliere, mentre tutti i tg mostrano quest’edificante storia, con le famiglie e i nonni d’Italia che si struggono e desiderano ardentemente di avere anche loro, un giorno, un momento di gloria grazie a qualche prodezza linguistica del loro pargolo.
La gente semplice ragiona così: si emoziona per un nonnulla, si rivede in queste semplici storie e sogna di poter essere un giorno baciata dalla stessa effimera celebrità. Sennò non manderebbe i suoi figli a quei concorsi canori per bambini agghindati da “star” della musica o ad altre kermesse non adatte per esseri che avrebbero il diritto di essere lasciati in pace a godersi la loro beata fanciullezza.
I manipolatori dell’informazione sanno anche molte cose sul cervello: una sorta di spot subliminale per il Presidente del Consiglio e la sua “buona scuola”?
Ma c’è dell’altro, di meno contingente e più sottile.
Introducendo la possibilità che un simpatico strafalcione di un bambino – purché “lo usino tante persone e tante persone lo capiscano”, scrive l’Accademia – possa entrare ufficialmente nella Lingua Italiana, si avalla implicitamente l’idea che la lingua è un qualcosa di estremamente “fluido” e “creativo”, in ossequio a quel “nomadismo” generalizzato che viene incoraggiato in ogni ambito dell’esistenza.
Già l’Italiano è terra di conquista per anglicismi i più assurdi ed obbrobriosi, e che cosa vuoi che sia se ciascuno di noi potrà sfornare a piacimento parole in libertà.
La società cambia, l’Italia cambia, il mondo cambia. Tutto cambia, nulla è fermo, e così anche la lingua si deve adeguare ad uno “stato d’animo” collettivo nel quale l’individuo è la fonte e l’origine di ogni cosa, anche del linguaggio.
Che dire: augurando di cuore al piccolo Matteo le migliori soddisfazioni in questa vita, dedichiamo a quello grande – sicuri che non mancherà di apprezzarlo – un nuovo termine della lingua che fu di Dante: “cinguettoso”, tanta è la sua smania di comunicare ad ogni piè sospinto attraverso i cosiddetti “social media”.