Donne in politica: un bilancio preoccupante
di Enrico Galoppini
Sebbene alcuni “esperti” continuino a sostenere che la democrazia è il sistema con meno difetti, i fatti stanno dimostrando l’esatto contrario. Senza scendere nei vari dettagli, evidenziamo il difetto più grave: la democrazia contraddice le sue stesse premesse, in quanto nella sua forma più “evoluta” (quella delle “grandi democrazie”) è sempre più espressione di oligarchie del denaro, spesso apolidi, coi processi decisionali assegnati a semplici “comparse” (i governi ed i parlamenti) e sottratti al controllo del popolo, al quale, teoricamente, spetterebbe la sovranità in un’altrettanto teorica “repubblica”.
Tutto il resto (dal ladrocinio all’incompetenza eccetera) è conseguenza di questo difetto originario, originato dalla truffa – riflesso di un errore teorico – che sta alla base della ‘mistica egualitaria’ democratica. La quale gioca il ruolo di una vera e propria credenza inscalfibile da qualsiasi insuccesso alla prova dei fatti.
La situazione, poi, quando è assente ogni indipendenza e libertà da governi stranieri, organismi “sovranazionali”, trattati “internazionali” e lobby affaristiche “multinazionali”, non può che peggiorare a precipizio. Si arriva al punto, gravissimo, oltre il quale c’è la dissoluzione pura e semplice di una “civiltà”, quando tutto, in ogni dominio, viene sistematicamente invertito, come se agisse una forza che si compiace di ribaltare ciò che – almeno nei cosiddetti “tempi storici” – è sempre stato considerato come “normale”.
Ed è lungo questa china che compare anche la pretesa di voler imporre, con “quote rosa”, ricatti morali e sofismi pseudo-intellettuali d’ogni tipo, un numero sempre maggiore di donne nelle istituzioni e nei “posti di comando” perché così è più “democratico” ed “egualitario”. Ma la domanda essenziale, anziché quella sulla raggiunta “parità” numerica (di cui si occupa l’orwelliano “Ministero per le pari opportunità”), dovrebbe essere la seguente: con più donne in politica si verifica un complessivo miglioramento o no?
La risposta non può che essere una: da quando ci sono tutte queste donne in politica e nei “posti di comando” la situazione è drasticamente peggiorata.
Intendiamoci, “meglio” o “peggio” vanno definiti in relazione a dei princìpi non discutibili e non sottoponibili a negoziazione, i quali configurano un “ordine naturale delle cose” che così è perché è stato posto affinché uomini e donne, armoniosamente, potessero approntare le migliori condizioni, anche sotto l’aspetto prettamente politico, per costruire la “città virtuosa”, e dunque porre le premesse più adeguate per “connettersi” con l’Origine e sperare, se non in una “realizzazione” (appannaggio di pochi “eletti”), quantomeno nella “salvezza”. Perché questo, alla fine, è lo scopo della vita, non l’accontentare qualcheduno o qualche pretesa “categoria” sennò se la prende a male.
Diremo quindi che il nostro giudizio negativo sulle donne in politica è espresso in base alla constatazione di un progressivo maggiore scollamento rispetto a quei princìpi, sempre più marcato, anche per colpa loro, da quando le donne sono sciamate nelle aule parlamentari e nelle “stanze dei bottoni”.
Ma bisogna essere intellettualmente onesti, e riconoscere che, per un verso, questa tendenza al peggioramento stava inscritta nelle premesse della democrazia stessa, in quanto la mania d’assegnare ad ogni costo una “poltrona” alle donne si è manifestata mentre è in corso ovunque un’involuzione generalizzata che non riguarda solo questo specifico aspetto della politica concernente le “quote”. In altre parole, se la politica in regime democratico è sempre più insulsa, demenziale e antipopolare (subalterna all’economia, o meglio ad una contraffazione di essa, e succube dei più bassi istinti ed appetiti) non è certamente solo colpa dei politici donna, in quanto tra gli uomini è praticamente scomparsa la figura dello “statista”, quella cioè di individualità con uno spiccato senso dello Stato: uno Stato autorevole, non autoritario; serio e credibile, non aduso a pratiche mariolesche o addirittura mafiose; indipendente e sovrano, non ostaggio d’interessi affaristici e infiltrato da agenti nemici, stranieri e non.
Alcuni, in buona fede, di fronte ad uno sfacelo che mette l’angoscia anche solo al pensarlo, avevano creduto che con più donne in politica si sarebbe ovviato alle storture causate dagli uomini. Ma ci si è mantenuti troppo in superficie, come se il sesso di un politico rappresentasse chissà quale “garanzia” di probità e dedizione alla causa del bene comune. E non è nemmeno vero che le donne, per essere accettate, hanno dovuto “adeguarsi” e scimmiottare gli uomini: comodo alibi, questo, per coprire l’ennesimo fallimento del dogma egualitario, per il quale maschi e femmine uguali sono. No, le donne in politica – fatte salve le eccezioni che confermano la regola – si comportano da donne, perché altro non possono fare (e sarebbe strano il contrario).
Si ha così, in tutta Europa, una situazione surreale, oltre il demenziale, di Stati esautorati di ogni loro prerogativa sovrana e mantenuti, nell’ambito del supercarcere europeo, giusto per esercitare pressioni predittive ed applicare misure coercitive in base all’agenda “europeista” (e/o “mondialista”). In Italia, poi, il quadro è particolarmente sconfortante, probabilmente a causa della particolare natura della donna italiana, eccezionale e di gran lunga più dotata, dal punto specificatamente femminile, della media delle altre donne europee. Non esiste infatti Nazione al mondo che ha dato alla Cristianità così tante figure di sante; così come nel campo dell’educazione scolastica e della cura degli altri (dai familiari in giù) si può affermare senza tema di smentita che le donne italiane hanno sempre dato dei punti a tutte le altre. Ed anche se volessimo uscire da questi campi prettamente “femminili”, le donne in Italia hanno dato prova di saper eccellere in altri campi, ma nel loro modo specifico, come in certe arti (la danza e il canto, per esempio) o quello delle esperte in medicine naturali (le purtroppo famose “streghe”) e dei trattamenti terapeutici alternativi alla medicina convenzionale, poiché la donna, per la sua conformazione fisica e psicologica, è più vicina alla Natura dell’uomo, meno introspettivo e più estroflesso alla “conquista del mondo”.
Tutto quello che invece oggi viene osannato, dalla donna astronauta alla donna manager, fino alla poliziotta e alla capotreno, denotano uno spreco della specificità femminile e dei suoi tesori a vantaggio di una società del numero e dell’indifferenziato, dove la donna finisce per ricercare ruoli maschili per darsi una “dignità sociale” che invece le viene giustamente riconosciuta quando si dedica a quelle mansioni che implicano la “cura della persona”, sotto ogni aspetto, come quelle di maestra, infermiera o dottoressa. E non mi riferisco al “riconoscimento” attribuitole dall’uomo (non sia mai detto!), ma proprio a quello che ciascuna donna, alla fine, quando si ascolta, dà a se stessa tracciando un bilancio di una vita proiettata (qui, è vero, come quella del banale uomo medio) tutta all’esterno tanto per sfuggire dalla propria interiorità.
La donna, poi, un po’ per la sua natura ed anche perché così è stata abituata, cerca sempre di compiacere qualcun altro, pertanto è incline ad ubbidire di più e meglio dell’uomo, e questo è stato sicuramente tenuto in conto da chi le ha blandite con le promesse delle “pari opportunità” in politica. La democrazia “avanzata”, infatti, pretende da tutti una fedeltà assoluta a cosiddetti “principi” (“democratici”), e l’uomo da questo punto di vista non dà le necessarie garanzie nei termini di un’entusiastica adesione ideologica ad una “agenda” palesemente ostile a tutto ciò che è “maschile”. Al massimo riesce ad intascarsi mazzette e tangenti sotto la copertura di una “democrazia” riverita a parole ma alla quale non crede affatto o aderisce solo parzialmente. Le donne diventano così le più fanatiche esecutrici di una “agenda” la quale, da un domino all’altro, si definisce per un approccio “sentimentale” ed “antitradizionale”, con quest’ultimo termine indicandosi l’odio per tutto quel che ha caratterizzato il mondo che ci ha preceduto, bollato senza possibilità di appello come “maschilista”.
Teorie strampalate? Deliri di un “misogino”?
Diamo allora una scorsa alle donne più eminenti dell’attuale politica italiana. La Boldrini è la Papessa, la Gran Sacerdotessa di questo novello culto femmineo, con le sue dichiarazioni sempre più “ex cathedra”; abbiamo poi la Lorenzin, che con dodici vaccini obbligatori (ed il resto, come la minaccia di revoca della potestà genitoriale!) ha stabilito un record mondiale di attacco all’integrità del bambino; e che dire della Fedeli con la sua “scuola aperta ed inclusiva” (ad ogni perversione GLBT) e la Cirinnà col totalitario “reato d’omofobia”? Vi è inoltre lo ius soli, che come “testimonial”, dietro la Kyenge ha messo in fila le politicanti le più melense e piagnucolose. Chi non ricorda poi le lacrime della Fornero mentre con la sua legge sul lavoro massacrava milioni di persone?
Da queste figure, che ammorbano la politica ma anche la magistratura (fino alla metà degli anni Settanta non vi erano, significativamente, donne-magistrato), emerge il lato umorale e “sentimentale” delle donne, inadeguato a fare una politica degna di tal nome. Che, ripeto, era stata già abbondantemente svilita e degradata da uomini che erano riusciti ad invertire il rapporto tra il Politico e l’Economico, mentre si stagliava all’orizzonte la tempesta dei “diritti umani” dei quali le donne sono le indiscusse campionesse. Esse s’infervorano, come delle crocerossine pasionarie, per ogni “causa umanitaria”, in nome del Progresso e di una fantomatica “società aperta”, ma non c’è speranza che da questo insano agitarsi emerga alcunché di buono, di bello e di vero.
Anche nel giornalismo – in questo giornalismo che somiglia ad un pettegolezzo e alle dicerie delle comari – le donne sono ormai le preferite: alcune redazioni (tipo il Tg3 o Rainews24, guarda caso quelle più anticlericali, russofobe e per “i diritti umani”) sono piene di queste infervorate, che ritroviamo puntualmente sui moli della Sicilia raggianti per aver “accolto” qualche migliaio di “profughi” al giorno. Anche l’omofilia di troppe donne denota un disordine, in quanto all’amore per “il gay” corrisponde un “problema” col maschio, che il “gay” stesso, una volta “sdoganato”, contribuirà ad esorcizzare da questa società sempre più “genderizzata”. Un autogol pazzesco, perché la donna ha bisogno dell’uomo (e viceversa), non del “gay”, se non altro perché più “gay” ci sono e più donne rimangono da sole!
Le donne in politica costituiscono perciò uno degli strumenti privilegiati della Sovversione. Non è un caso che nei partiti che più si oppongono alla suddetta “agenda” le donne in vista siano poche, pochissime, mentre abbondano in quelli “progressisti”, soprattutto in quelli di sinistra, ma anche di centro e di destra liberal-capitalista (tutti agenti della Sovversione). Nemmeno più le “cattoliche” in politica svolgono una funzione d’argine a questo diluvio di follie in nome dei “diritti”, tanto sono intrise di “conciliarismo” e cattolicesimo “al passo coi tempi” della “Nuova Era” alle porte. Qualche lieve gemito si alza da queste ultime voci (come per esempio nei “Family Day” ed in altri consessi critici verso la “Nuova Chiesa”), ma non si riesce ad udirlo in mezzo al chiasso delle invasate dalla marcia del Progresso in festa.
Quale soluzione può esserci a questa situazione sfuggita di mano? Impedire per legge l’accesso alle donne alle cariche politiche? Significherebbe oramai mettersi in guerra con la quasi totalità delle donne. Sperare che avvenga un miracolo? Probabilmente sì, perché per una “illuminazione” esse potrebbero rendersi conto che il loro posto non è negli scranni di un Parlamento, né nei consigli d’amministrazione delle aziende. Ma non è da escludere che se l’uomo riprendesse a fare l’uomo, esaltando le sue specifiche qualità legate all’onore, alla fedeltà e al coraggio, smettendo i panni di tutte le moderne contraffazioni della “virilità” (compreso il “macho”, il “latin lover” e quello che “non deve chiedere mai”), la donna ne sarebbe ben contenta e forse si “accontenterebbe” di quello che la Natura le ha generosamente e provvidenzialmente assegnato per svolgere al meglio la sua funzione, in armonia, e non in contrasto né in assoluta intercambiabilità, con quella dell’uomo.
Se mai un miracolo potrà esservi che possa fare rinsavire la donna ( parlo ovviamente delle donne di oggidì , non delle nostre madri, delle sante a tutti gli effetti ) , la sua opzione non potrà che convergere sul ternario classico : il focolare domestico e il talamo; l’alcova e il boudoir; il convento, quartum non datur .
Della donna al governo e al parlamento, della donna poliziotta e carabiniera ecc. ecc. scriveranno poi (per fare ridere il loro pubblico ) gli Aristofane e i Courteline del domani .
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