«Dell’anima velata e dell’anima rappacificata»

di Ibn ‘Atâ’  Allâh al-‘Iskandarî (a cura di Umar A. Frigo)

Bismillâhi r-Rahmâni r-Rahîm, in nome d’Iddio, il Misericordioso il Clementissimo.

basmala1Viviamo in un’epoca difficile, dove i cuori degli uomini sono diventati “cuori duri”, dove prevale “l‘individualismo”, la “sopraffazione”, la “prepotenza”, la “violenza”, il “sopruso” dell’uno sull’altro, di Caino su Abele. A tutto ciò ha certamente contribuito il “velo dell’ignoranza” che è calato sui cuori degli uomini, l’ignoranza che siamo tutti creature di un ‘Unico Dio’, Colui che governa tutto l’Universo, Colui al quale tutto appartiene «Allah! Non c’è altro dio che Lui, il Vivente, l’Assoluto. Non Lo prendono mai sopore né sonno. A Lui appartiene tutto quello che è nei cieli e sulla terra. Chi può intercedere presso di Lui senza il Suo permesso? Egli conosce quello che è davanti a loro e quello che è dietro di loro e, della Sua scienza, essi apprendono solo ciò che Egli vuole. Il Suo Trono si estende sui cieli e sulla terra, e custodirli non Gli costa sforzo alcuno. Egli è l’Altissimo, l’Immenso». [Corano, Sura al-Baqara, 2:255].

Ma è possibile far cadere questo “velo” dai cuori e portare in essi la pace?

Un grande uomo spirituale dell’Islam, un Maestro del Tasawwuf (il cuore dell’Islam) Shaykh Ibn ‘Atâ’ Allâh (dec.1309) (che Iddio sia soddisfatto di lui) ci da alcune indicazioni al riguardo che ho pensato di condividere con tutti voi.

 

Testo dello Shaykh Ibn ‘Atâ’ Allâh[1]

«Dell’anima velata e dell’anima rappacificata»[2]

ata_allah_sentenze_e_colloquio_misticoSappi che questo desiderio di governare (tadbîr) [il proprio destino] non proviene che dall’anima velata, e che mai il cuore sarebbe tentato di reggere (governare) checchessia se potesse premunirsi dalla sua compagnia (dell’anima velata) e preservarsi delle sue suggestioni.

Ho sentito il nostro Maestro Abû al-‘Abbâs al-Mursî (che Dio sia soddisfatto di lui) dire a questo proposito: “Quando Dio creò la terra sull’acqua, ella si mise a tremare; allora, Dio la consolidò con le montagne”: «E ha stabilito saldamente le montagne» (Corano 79:32). Nello stesso modo quando (Dio) creò l’anima, questa si turbò, così che Dio la rinforzò con la “montagna” dell’intelletto (‘aql)”.

Quindi ogni servitore dotato d’intelligenza e radioso di luce riceve [nel suo cuore] una pace lenificante da parte Sua (di Dio), che acquieta la sua anima da ogni turbamento. Oramai fiduciosa in Colui che dispone a Suo gradimento delle cause seconde (asbâb), essa trova la sua quiete; annullata, accetta con calma i decreti divini (qadar) e affronta con fermezza il destino, sostenuta dalle luci e dall’appoggio [divini]. Essa rinuncia a voler governare o a contestare [ciò che le arriva] e si rimette fiduciosa (tawakkul) al suo Signore, sapendo che Egli la vede (come vien detto nel Corano): «Non ti basta che il tuo Signore sia Testimone di ogni cosa?» (Corano, 41:53).

È questa anima [sottomessa e fiduciosa a Dio] che merita di sentirsi dire da Lui:

«Oh tu, ‘anima rappacificata’ (nafs mutma’inna)[3],

torna presso il tuo Signore soddisfatta (râdiya) e gradita (mardiyya);

entra dunque tra i Miei servitori,

entra nel Mio Paradiso».

(Corano 89:27-30)

corano89_27-30

Ora, in questo versetto coranico vi sono delle particolarità ammirevoli e delle virtù sublimi che sono unite (attaccate) a un’anima pacificata, le quali si possono cosi evidenziare:

1) Sappi che l’anima riceve tre denominazioni differenti [nel Corano]:

  • L’anima che incita [al male] (an-nafs al-ammâra bi s-sû’), (Cor.12:53)
  • L’anima che biasima se stessa (an-nafs al-lawwâma) (l’anima cosciente delle proprie imperfezioni) (Cor.75:2)
  • L’anima che è rappacificata (an-nafs al-mutma’inna) (Cor.84:27)

Ma di questi tre tipi di anime, la sola alla quale Dio acconsente di rivolgersi in modo diretto è l’anima rappacificata (an-nafs al-mutma’inna). Della prima anima, Egli dice in effetti: «Certo l’anima incita al male» (Corano 12:53); della seconda dice: «Giuro per l’anima che invia dei biasimi a se stessa» (Corano 75:2); ma hai però ben visto che Egli si rivolge direttamente all’anima rappacificata, dicendogli: «Oh tu, anima rappacificata, torna presso il tuo Signore…» (Cor.89:27)

2) C’è il fatto che Dio si rivolge a questa anima usando una forma onorifica (takniyya), ciò che nella lingua araba è una testimonianza di considerazione; è dunque un motivo di fierezza per chiunque è dotato di intelligenza.

3) Egli (Dio) la qualifica come “rappacificata” (mutma’inna), e questo contiene una lode implicita: vale a dire, che essa si è abbandonata a Dio riponendo la sua fiducia interamente in Lui.

nafs-mutmainna4) C’è che la parola mutma’inn (“rappacificato”) designa anche un terreno ad un livello inferiore. [Ciò significa che] quando l’anima si è infine abbassata, umiliandosi e abbattendosi, il suo Signore la elogia e mette la sua gloria in evidenza, conformemente a ciò che ha detto il Profeta Muhammad (su lui la grazia e la pace): «Dio eleverà colui che fa mostra di umiltà davanti a Lui».

5) Questa parola: “Ritorna presso il tuo Signore, soddisfatta e gradita” indica in maniera allusiva (ishâra) che l’anima che incita al male o quella che biasima non saprebbero ritornare a Dio in maniera onorevole; solamente“l’anima rappacificata” ottiene questo privilegio, poiché è [l’avere raggiunto la stazione] della Serenità (tranquillità del cuore) (at-Tuma’nîna) che gli vale questo invito divino: “orna presso il tuo Signore, soddisfatta e gradita”, poiché Noi ti autorizziamo ormai a venire in Nostra Presenza (Hadra), e a stabilirti per l’eternità nel Nostro Paradiso”. Questo versetto incita dunque il servitore a desiderare questa stazione della Serenità (maqâm at-Tuma’nîna), che non potrebbe essere raggiunta senza un totale abbandono a Dio (tawakkul), né senza una rinuncia definitiva alla volontà propria in Sua (di Dio) Presenza.

6) Il versetto dice: “presso il tuo Signore”, e non “presso il Signore” o “presso Dio”, il quale contiene un’altra allusione: il ritorno dell’anima rappacificata si opera sotto l’egida della Grazia della Sua Signoria (Lutf Rubûbiyyati-Hi); e non sotto il Rigore Divino (Qahr Ilâhiyyati-Hi); ciò è un modo di trattare l’anima con affabilità, onorandola e testimoniandole dell’affetto.

corano_rosario7) C’è che questa anima è detta soddisfatta, vale a dire: soddisfatta in questo basso-mondo (dunyâ) dei decreti divini, e nell’Aldilà (âkhira) della Sua Generosità e dei Suoi favori [di Dio]. Ecco qui messo in evidenza che nessuno può sperare di tornare a Dio senza precedentemente essere rappacificato da Lui, e soddisfatto di Lui (esaltato Egli sia). O in altri termini che nessuno può essere gradito da Dio nell’Aldilà senza essere stato soddisfatto prima di Lui in questa basso mondo.  [nota: l’autore fonda la sua interpretazione sull’ordine stesso in cui è scritto il versetto in arabo: la parola “râdiya” (soddisfatta), segnando la soddisfazione del servitore, precede in effetti la parola “mardiyya” (gradita) che segna il Gradimento divino].

Mi obietterai forse che se in questo versetto il Gradimento divino appare come risultante della soddisfazione del servitore nei confronti del suo Signore, ma ve n’è un altro (di versetti): «Dio è soddisfatto di loro, ed essi sono soddisfatti di Lui» (Cor. 98:8), dove il Gradimento divino sembra dovere precedere la soddisfazione del servitore. Ma ti risponderemo che ciascuno di questi due versetti stabilisce una verità incontestabile, e che è facile conciliarli. In effetti, «Dio è soddisfatto di loro ed essi sono soddisfatti di Lui» implica veramente che il Gradimento divino precede la soddisfazione del servitore; ciò  è conforme alla Realtà, poiché se Dio non fosse stato innanzitutto soddisfatto di loro, come avrebbero potuto essi essere soddisfatti di Lui? Quanto all’altro, «soddisfatta e gradita», significa semplicemente ciò che abbiamo appena detto: colui che è soddisfatto di Dio in questo mondo sarà gradito da Dio nell’altro mondo, e questa evidenza non pone nessuno problema.

8) Questa anima è detta gradita. Quale elogio sublime è qui rivolto a questa anima rappacificata, quale illustre titolo di gloria! Rileggi questo versetto dove sono descritte le delizie di cui godranno le genti del Paradiso, ma che conclude così: «… la Soddisfazione di Dio è [cosa] più grande ancora»[4] (Cor. 9:72). Il Gradimento che Dio consentirà loro, appare come una cosa molto più importante che tutti i godimenti che possono essere a loro accordati.

mecca9) Dio dice a questa anima: «Entra nel numero dei Miei servitori», e ciò costituisce per essa un annuncio eccellente. A quali servitori è, in effetti, invitata ad unirsi? A quelli che hanno beneficiato dell’Elezione e dell’Assistenza divina (‘ibâd at-Takhsîs wa n-Nasr), e non ai servitori del Regno che piegano sotto il Rigore (Costrizione) (‘ibâd al-Qahr wa l-Mulk)! A quelli di cui è stato detto: «In verità, non avrai nessun potere sui Miei servitori» e: «Li sedurrò tutti eccetto i Tuoi servitori sinceri»[5], non a quelli di cui è detto: «[In questo giorno,] Non c’è niente di ciò che è nei cieli o sulla terra che non stia per recarsi dal Misericordioso, come Suo servitore!» (Cor. 19:93)! Perciò, l’anima proverà una gioia ben più grande nell’essere invitata a entrare tra i Suoi servitori che di entrare nel Suo Paradiso. Poiché il primo invito stabilisce il legame tra lei ed il suo Signore, mentre il secondo lo stabilisce solamente tra lei ed il Suo Paradiso!

10) Quest’ultimo appello («entra nel Mio Paradiso») indica che queste sono le qualità dell‘anima rappacificata, che la dispongono ad aspirare al Paradiso (quelle dell’ubbidienza in questo basso mondo – dunyâ – e in quello dell’Aldilà – âkhira – che ci è stato descritto) e ad essere nel numero dei servitori di Dio. E Iddio è più Sapiente.

corano6C’è dunque in questo versetto coranico l’indicazione di due qualità incompatibili con la volontà propria [individuale], e di cui l’acquisizione è valsa all’anima i favori che sono appena stati descritti: la rappacificazione e la soddisfazione. L’anima non può difatti essere rappacificata che rinunciando a governarsi in presenza di Dio, per la fiducia che ella pone nel ‘Piano divino’ nei suoi confronti. Essendo soddisfatta di Dio, e abbandonandosi a Lui – sottomessa alle Sue decisioni e al Suo Comando – e placandosi davanti alla Sua Sovranità – soddisfatta di affidarsi alla Sua divinità – essa non conosce più l’agitazione: dopo averla gratificata della luce dell’intelletto, Dio ha rinforzato la sua posizione, così che eccola immobile, annullata davanti alle Sue decisioni rimettendosi a Lui nel compiere gli avvenimenti come per interromperne il corso.  (Fine del testo di Ibn ‘Atâ’ Allâh)

*

Che Iddio tolga dai nostri cuori il “velo dell’ignoranza” e che ci apra la visione interiore (basîra) e che ci aiuti a rimetterci completamente a Lui ed a rappacificare le nostre anime in Lui (Huwa). Lui che è l’Origine della Pace, Lui che è La Pace. Uno sei Suoi 99 Nomi è appunto As-Salâm (La Pace). Lui che è il Misericordioso (Ar-Rahmân), Lui che è il Clementissimo (Ar-Rahîm). E sia Gloria a Lui l’Immenso. Amîn!

NOTE

[1]Ibn Atâ’ Allâh al-Iskandarî (1259-1309) nato Alessandria (Egitto), fu un grande Maestro (Shaykh) del Tasawwuf (mistica islamica), terzo Maestro della famosa Tariqa Shadhiliyya, che ha unito nella sua persona gli aspetti esoterici (interiori) ed exoterici (esteriori) dell’Islam.

[2] Traduzione di Umar A. Frigo dal testo francese inserito nel Libro: «De l’abandon de la Volonté propre» di Ibn ‘Atà Allàh al-Iskandari – Alif Edition, pp.146-151.

[3] «an-nafs al-mutma’inna» ha tra i suoi significati in italiano: l’anima pacificata, l’anima tranquillizzata; l’anima reintegrata nello Spirito, che riposa nella certezza; l’anima totalmente spogliatasi degli attributi biasimevoli e che si qualifica con quelli lodevoli (Jurjânî).

[4] Versetto completo: «Ai credenti e alle credenti, Allâh ha promesso i Giardini in cui scorrono i ruscelli, e nei quali essi dimoreranno in perpetuo, e splendide dimore nei giardini dell’Eden; ma la soddisfazione di Allâh è [cosa] più grande ancora: questa è l’immensa beatitudine!» (Corano, 9:72)

[5] Questi due versetti fanno allusione all’espulsione di Iblîs dal Paradiso, dopo che aveva rifiutato di prosternarsi davanti ad Adamo. Egli domanda allora a Dio una dilazione di tempo, per tentare di sedurre i discendenti di Adamo, che Dio gli accorda avvertendolo però cosi: «In verità, non avrai nessun potere sui Miei servitori» (Cor.17:65. Ciò che Iblîs riconosce e dice: «Per la Tua Potenza, io li sedurrò (travierò) tutti, eccetto quelli tra loro che sono i Tuoi servitori sinceri» (Cor. 38:82-83).

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