Presenza islamica in Italia: quale “integrazione”?

di Enrico Galoppini

?????????????????????????????????Una delle principali azioni di depistaggio in corso per generare confusione al riguardo della “questione immigratoria” si avvale di argomenti “culturali” e “identitari”. Ecco così che “immigrato” ha finito per fare tutt’uno con “musulmano” o, peggio ancora, “islamico”[1].

Una volta accettato questo pregiudizio che si nutre della “paura dell’Islam”, il problema non sono più i troppi stranieri disposti a lavorare per meno soldi e ridotte tutele, oppure il degrado dei nostri centri urbani pullulati da sfaccendati e delinquenti (come se non bastassero già i nostri), ma è diventata la “cultura”, intesa anche come concetto estensivo della “religione”. Solo premendo sul tasto “culturale” si riesce ad infiammare l’opinione pubblica, in tal modo distratta dai principali disagi patiti dalla maggioranza delle persone, che non sono affatto “culturali”…

Ma l’insistenza sul dato “culturale” rinfocola l’identitarismo degli autoctoni, il che, se in via di principio non sarebbe del tutto sbagliato, lo diventa nella misura in cui esso si rafforza individuando un “pericolo” fasullo, che può essere “la moschea”, “il velo” o “il kebab”!

E stendiamo un velo pietoso sullo scempio che per tal via viene fatto della religione, in caduta libera tra i moderni occidentali, ma recuperata come vessillo anti-islamico da sventolare in faccia all’“islamico” di turno…

Fatta questa doverosa ed assolutamente necessaria premessa, vediamo se però, effettivamente, la presenza islamica in Italia possa costituire un qualche “problema”. Più precisamente, cerchiamo di capire se determinati comportamenti messi in atto da musulmani immigrati hanno a che fare con la loro “islamicità”, fosse pure un’appartenenza ad una religione in maniera superficiale e/o mal compresa. E, a ben vedere, intesa esattamente in senso “identitario” come fanno gli “islamofobi” con la loro “religione”.

A tal proposito, una cosa importante da dire subito è che dal punto di vista islamico, e cioè della dottrina venutasi a stratificare nei secoli grazie al lavoro dei dottori e dei sapienti (in altre parole le “ortodossie” sunnita e sciita), vari comportamenti di musulmani immigrati in Italia sono a dir poco deprecabili: si pensi alle ultime occupazioni di case popolari, all’ottenimento di sussidi ed aiuti da parte di uno Stato che è spietato con gli italiani in difficoltà, a certi matrimoni contratti giusto per prendersi l’agognata cittadinanza eccetera.

Da una parte abbiamo la chiara ed incontrovertibile dottrina islamica, la quale condanna senza se e senza i comportamenti deviati e truffaldini; dall’altra la tendenza, incoraggiata dai moderni riferimenti dottrinari (comprese certe associazioni islamiche in Italia che si ergono a “rappresentanti” dei musulmani), a giustificare “islamicamente” ogni cosa con lo “stato di necessità”.

Ma una volta incamminatisi su questa china, tutto diventa giustificabile perché “necessario”, persino lo spaccio di droga, i furti in casa e, chissà, anche una violenza (con la ‘giustificazione’ che il poveretto, “diseredato”, non avrebbe la possibilità di sfogare i suoi istinti sessuali nell’alveo del matrimonio).

Augusta, in atto le operazioni di sbarco di migranti giunti a bordo della SirioL’emigrazione fatta in condizioni di assoluto pericolo (addirittura per i bambini piccoli o quelli ancora portati in grembo) rientra nella medesima categoria di atti “islamicamente” assai discutibili, perché non ha alcun senso – dal punto di vista islamico – imbarcare donne incinte ed infanti su barconi fatiscenti.

Qualcuno (e ci riferiamo ai vari “dotti” e “sapienti”), dalle parti da cui partono gli immigrati, dovrebbe dire qualcosa di netto e chiaro, dall’alto della sua autorità “morale”. Invece l’ideologia islamica (che non è Islam) dei vari “modernisti” incoraggia questo triste spettacolo, tra l’altro utile a tutte le parti (sia i pro sia i contrari), anche perché esiste il retropensiero neanche troppo dissimulato che questa ondata migratoria servirà ad “islamizzare” il cosiddetto Dâr al-Harb.

Con tutto ciò, un musulmano, italiano o immigrato che sia, non può essere d’accordo.

Tanto per dirne una, non è che l’Occidente tornerà alla normalità (una normalità di tipo “tradizionale”) perché si riempirà di persone che si son prese come guida l’imam di Aljazeera o un libro stampato in milioni di copie perché la tipografia sta dove i petrodollari nascono come i funghi.

E d’altronde, anche il cosiddetto Oriente non è che versi in condizioni sostanzialmente migliori, essendovi da quelle parti già la tendenza a palesare tendenze “moderne”.

Già René Guénon aveva rilevato il fenomeno ai suoi esordi. Figuriamoci oggi, quando dalla fase “filosofica” dei vari ‘Abduh, al-Afgânî, Ridâ eccetera siamo passati ai telepredicatori e all’avvelenamento mentale e dei costumi prodotto da una ricchezza piovuta come una manna dal cielo su personaggi che non ne fanno un buon uso.

Una concezione della religione islamica di tipo identitario ha così fatto il resto.

Per questo vi è chi da un paese a maggioranza islamica si stabilisce qua e considera di stare permanentemente in mezzo alle belve feroci (o a una totalità di degenerati), concependo così il soggiorno in Italia come una mera occasione per alimentare il proprio tornaconto personale, alla faccia della famosa “integrazione”.

È molto facile e alla moda parlare di “integrazione”, ed in particolare dei musulmani in Italia. Ma una volta stabilito che il musulmano tradizionale, immigrato e non, che si attiene alle secolari scuole sunnita e sciita, non può costituire alcun “problema” per la cultura prevalente tra gli autoctoni, ed anzi col suo esempio non può che migliorare la società che lo accoglie perché essa è in disperato bisogno di esempi virtuosi, va detto che la mentalità modernista di alcuni aderenti alla religione dell’Islam, improntata ad una sorta di ‘machiavellismo islamico’ utilitarista e settario (anche in senso etnico) propalato da sedicenti “guide”, non costituisce un bell’esempio di “integrazione”.

NOTE:

[1] “Musulmano” è il termine corretto per le persone, mentre “islamiche” sono per esempio l’arte, l’architettura, la musica.

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There are 4 comments for this article
  1. Anacronista at 1:37 pm

    Sarebbe a mio avviso buona cosa se chi difende l’identità italiana lo facesse avendo come riferimento la nostra cultura millenaria; diventa invece una parodia quando si fa dei foulard in testa un problema (come se fino a qualche decennio fa non lo portassero anche tante italiane) o ci si lamenta perché i mussulmani non mangiano carne di maiale. Sembra che la “civiltà occidentale” che si vuole difendere sia quella dei fast food e delle femen, il che non è affatto casuale.

    • Orazio Coclite at 8:14 am

      Il problema non è l’hijab che comunque è il velo portato dalla stragrande maggioranza delle donne il problema è il niqab (il burqa lo portano solo le afgane) che nasconde l’intero viso tranne gli occhi (come una feritoia).
      Non ho mai sentito parlar male di una musulmano perché non mangia il maiale ma forse qualcuno lo fa.

  2. Orazio Coclite at 8:11 am

    Per quanto mi ritenga nel complesso d’accordo con l’articolo non mi sento comunque in sintonia con questo pensiero:

    “Ma una volta stabilito che il musulmano tradizionale, immigrato e non, che si attiene alle secolari scuole sunnita e sciita, non può costituire alcun “problema” per la cultura prevalente tra gli autoctoni, ed anzi col suo esempio non può che migliorare la società che lo accoglie perché essa è in disperato bisogno di esempi virtuosi”

    Non esiste una secolare tradizione sunnita e sciita ma bensì secolari “tradizioni” sunnite e sciite, ora se lo stupro, il ladrocinio e altri comportamenti “devianti” vengono condannati (con qualche eccezione) direi che non mancano comportamenti assolutamente in accordo con la sharia ma gravemente in contrasto con i principi supremi del nostro ordinamento e quindi i nostri (sempre più evanescenti) valori.
    Che dire dell’apostasia? (ridda) e del fatto che tutte le più importanti scuole sunnite prevedano la morte dell’apostata? che dire delle discriminazioni di genere (razionali in termini islamici) in sede successoria? che dire della concezione discriminatoria (sempre di genere) in merito al matrimonio? ecc ecc ecc siamo così sicuri che l’Islam (o meglio gli Islam) sia(no) in tutto e per tutto compatibile/i con la cultura europea (non dico Occidente volutamente )?

  3. SEPP at 9:14 am

    Siamo una massa di poveri disgraziati, viviamo tutti nello stesso bacino
    terracqueo, eppure ci hanno diviso in tutti i modi, la religione, la nazione ed
    infine la lingua.
    Ci stanno distruggendo, e noi ci fermiamo a questioni stupide quando il
    problema e’ uno solo, qualcuno non vuole che tra noi vicini di casa si possa
    convivere in pace.
    L’africa, l’asia minore, la penisola arabica sono parte del nostro continente,
    per differenziare li hanno voluti dividere in zone, ma la realta’ e’ che sono
    parte del nostro mondo mediteraneo.
    I nostri parenti lontani non vogliono la nostra indipendenza, il nostro
    benessere, loro vogliono essere i dispensatori di civilta’ e cultura,
    ci hanno fatto scannare fra europei, adesso fra europei e mediterranei,
    ci hanno bombardato e avvelenati, ci hanno derubato di tutto e noi vediamo
    loro come modelli e i nostri vicini come indesiderabili, eppure insieme a questi
    vicini che neanche conosciamo stiamo patendo la distruzione della nostra
    sfera biologica.
    Noi italiani siamo cosi’ esterofili che nessuno di coloro che abitano ai confini
    della nazione sono capaci di parlare la lingua del loro vicino.

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