Maaloula ritorna alla Siria, la Vergine Maria ritorna a Maaloula
di Enrico Galoppini
Non dimenticherò mai la mia prima visita a Maaloula, in Siria.
Ero studente di Arabo a Amman, e tra un ciclo e l’altro dei corsi organizzati dall’Università della Giordania decisi di visitare, da solo e zaino in spalla, la vicina Siria.
Senza nulla togliere alla Giordania, che pure ha i suoi capolavori e luoghi degni d’intraprendere un viaggio dall’Italia per ammirarli (su tutti, Petra), la Siria fu amore a prima vista.
Di tutto quel primo fantastico viaggio, fatto senza pianificare nulla ed affidandomi ai mezzi del posto, mi restano tantissimi bei ricordi, come quello della città vecchia di Aleppo, dove conobbi un giovane professore di scuola, musulmano, che per tre giorni portò me e gli altri due ragazzi (un olandese e un australiano) che condividevano col sottoscritto la camera di un modestissimo albergo senza stelle attraverso la Aleppo che il turista dei viaggi organizzati non vedrà mai.
Ne dico solo una e basti questa per dare al lettore il gusto di quell’irripetibile esperienza. Hossein (questo il nostro ‘cicerone’ spuntato dal nulla e che nulla volle da noi) ebbe la fantastica idea di portarci ad un riunione riservata dei membri di una tarîqa islamica, che poi seppi essere la Rifâ‘iyya, durante la quale, nella zâwiya scoppiò praticamente il finimondo, in mezzo a tamburi suonati a ritmi ossessivi, adepti che inneggiavano ad Allâh e danzavano a più non posso, ed alcuni di loro che… si trafiggevano con degli spadoni mentre il loro shaykh sovrintendeva alla buona riuscita del rituale.
Al termine, ebbi anche il tempo per qualche domanda alla loro guida spirituale, ed assicuro che quando tornai in camera – dopo un percorso di ritorno al chiuso di un camioncino per non svelare il luogo del ritrovo – ebbi serie difficoltà a prender sonno!
Voglio anche accennare ad un’altra delle visite speciale che furono possibili ad Aleppo grazie all’intermediazione di Hussein. Quella ad un oratorio cattolico, all’ora del catechismo, pieno di ragazzini così amorevoli e curiosi verso di noi stranieri che ci riempirono di piccoli doni, tra i quali proprio uno dei loro librettini illustrati del catechismo, ovviamente in arabo, che ancora conservo come una reliquia.
Poi Hussein, dopo tre giorni indimenticabili, scomparve all’improvviso così come era apparso. Provai a ricontattarlo un paio di volte dall’Italia, in tempi nei quali non esisteva internet e per fare una telefonata in Siria bisognava dissanguarsi. La prima volta riuscii a parlarci, ma la seconda, una persona che non capii bene chi fosse mi avvisò che era andato a Medina, in Arabia, per intraprendere un commercio. Non l’ho più sentito.
Questi sono gli incontri che si possono fare in Siria. Incontri fuori dal comune, come quello con Yosèf.
Mi trovavo a Maaloula, ed essendo febbraio aveva nevicato e faceva un discreto freddo. Ad un certo punto, in mezzo alle stradine di un paese che somiglia a un presepe, incontro un signore che, dopo una breve conversazione, mi propone di andare a pranzare a casa sua.
Era il preside di una scuola del posto e, seguendo le conversazioni tra i membri della famiglia, scoprii che parlavano l’aramaico. Il signor Yosèf mi fece conoscere anche i suoi figli che presto avrebbe iscritto all’università. Ci congedammo con una bella foto di gruppo e con l’impressione, da parte mia, di aver vissuto un’esperienza davvero unica.
Di Maaloula ricordo anche quando, entrato in una delle chiese che l’adornano, mi sedetti in fondo alla navata ad ascoltare delle litanie di alcune suore. Quelle che poi sarebbero rimaste ostaggio dei “ribelli”, i quali spero non abbiano fatto del male a Yosèf e ai suoi familiari.
I media cosiddetti “internazionali” dettero un gran risalto alla presa di Maaloula da parte dei nemici dello Stato siriano e, diciamocelo francamente, di ogni convivenza tra popolazioni diverse che sono tutte egualmente siriane e che perciò hanno il sacrosanto diritto di stare sulla loro terra in sicurezza, partecipando alla vita pubblica della loro Nazione e praticando liberamente la loro religione (a Maaloula esiste anche una parte della popolazione di fede musulmana, tra l’altro). Dovevano comunicare al tele-suddito l’idea che la Siria fosse ormai ad un passo dal crollo definitivo.
L’ingresso a Maaloula delle milizie “ribelli”, trasmesso con dovizia di particolari dai suddetti “media”, fu una cosa davvero surreale. Avvenne al mattino presto, dopo un attacco suicida con un camion esplosivo ad uno dei posti di blocco della cittadina, dopo di che arrivarono, come su un set cinematografico, i fuoristrada dei “ribelli”, per la scena di rito della presa di possesso del luogo che doveva, secondo loro, essere consegnato alla “sharî‘a”. Cosa significasse per essi “sharî‘a” fu presto chiaro a tutti gli abitanti del luogo: vessazioni, rapimenti, uccisioni e distruzioni dei simboli più cari alla popolazione locale. In poche parole, il loro intendimento personale al riguardo dell’Islam e non di certo la “legge di Dio”.
Furono mesi di assedio e di lotta casa per casa, che ad un certo punto, quando anche il governo italiano tentò di smarcarsi un minimo dalla versione ufficiale della “guerra al tiranno” da parte delle “armate del Bene”, fu visibile anche ai telespettatori italiani, grazie alle palpitanti corrispondenze di Gian Micalessin su RaiNews24. O forse il segreto di questa boccata d’aria fresca nell’asfittica informazione italiana (si fa per dire) sulla Siria la dobbiamo alla direzione dell’emittente andata a Monica Maggioni… Cose, insomma, che con Corradino Mineo – il quale dal suo studio conduceva una guerra mediatica “non stop” contro Berlusconi, per i “diritti umani” e le “primavere arabe” – voi italiani non avreste mai potuto vedere…
Oggi, ad un anno circa dalla liberazione di quel gioiello incastonato sul Qalamoun e della sua restituzione alla sua gente, la statua di Maria Vergine, protettrice della città, viene ricollocata al suo posto.
E mi piace pensare che il signor Yosèf, il cristiano di Maaloula, e Hussein, il ‘cicerone’ musulmano di Aleppo, siano idealmente uniti nel festeggiare quest’evento simbolico e lieto per tutta la nazione siriana, nelle sue innumerevoli e variegate componenti culturali e religiose.