Expo 2015: l’esposizione dell’ipocrisia

di Michele Rallo

expoPremetto di non essere tra coloro che sono pregiudizialmente ostili all’EXPO 2015. Si tratta certamente di una grande vetrina per la nostra produzione agroalimentare (ma ha senso ancora chiamarla “nostra”?) oltre che di una preziosa occasione di sviluppo e di lavoro per taluni. Per taluni ma non per tanti – sia detto per inciso – malgrado la bufala dei giovani italiani che avrebbero rinunziato ad un “lavoro” precarissimo e sottopagato, assai meno dei 1.300 euro (al lordo) strombazzati sulla stampa. Poco male; gli immigrati sono qui per questo, per fare “i lavori che gli italiani non vogliono più fare”, disposti anche a dormire per terra e a mangiare cicoria, mentre quegli scansafatiche dei nostri giovani pretendono di potersi pagare vitto e alloggio.

A parte questo genere di considerazioni, comunque, quel che lascia l’amaro in bocca è soprattutto la consapevolezza che la scintillante vetrina dell’Expo non andrà neanche a scalfire la gigantesca manovra che è in atto per derubare l’intero pianeta del diritto all’alimentazione, e per trasformare tale diritto in una fonte di guadagno per pochissimi speculatori.

Lo strumento di questa sporca, sporchissima manovra sono le sementi. Fino ad oggi, tutti i popoli del mondo hanno piantato le loro sementi, e da queste sementi sono venuti i frutti che hanno consentito loro di nutrirsi, oltre ad assicurare quella biodiversità che è una delle grandi ricchezze del nostro mondo; e, in particolare, di alcune sue regioni (Italia in testa). Da alcuni anni a questa parte, invece – più o meno da quando gli USA sono rimasti l’unica superpotenza del globo – ci si muove in direzione esattamente opposta, si va verso la creazione di tipologie uniche di sementi e verso la loro privatizzazione: nelle mani – manco a dirlo – di alcune grandi multinazionali americane. L’obiettivo è evidente, anche se si fa di tutto per dissimularlo: esattamente come si è già fatto per il diritto di creare danaro (prima facoltà degli Stati ed oggi appannaggio delle “banche centrali” private), si intende sottrarre ai popoli la facoltà di creare il proprio cibo, costringendoli a comprare questo diritto da coloro che ne avranno legalmente il monopolio.

Attenzione, siamo soltanto all’inizio: per il momento nell’occhio del ciclone ci sono soltanto le produzioni di medie dimensioni, quelle che costituiscono l’ossatura dei mercati agroalimentari nazionali, soprattutto nei paesi europei. Ma – ci scommetto – in un futuro non so quanto lontano anche il singolo contadino che coltiva il suo orto con sementi “illegali” sarà passibile di pene severissime. Come negli scenari di certi romanzi di fantascienza dal sapore apocalittico.

Quando leggo la domanda-slogan che fa da sottotiolo all’Expo 2015, dunque, non posso che sorridere, amaramente: «è possibile assicurare a tutta l’umanità un’alimentazione buona, sana, sufficiente e sostenibile?»

ogm-i-rischi-per-la-salute-genetic-roulette-libro_51156Sorrido amaramente perché non è a questo che tendono i “poteri forti” che governano il mondo d’oggi. Loro intenzione non è nutrire l’umanità, ma tenere sotto scacco l’umanità. Loro intenzione non è assicurare un’alimentazione buona e sana, bensì un’alimentazione omologata, omogeneizzata, inquinata da pesticidi sempre più pericolosi e da OGM (organismi geneticamente modificati) i cui effetti a lunga scadenza non sono nemmeno immaginabili. Ed ancor più amaramente sorrido quando penso al destino dell’industria agroalimentare italiana (o a quel che ne resta); destino che in questo momento è oggetto di trattative nel quadro dei colloqui segreti che preludono all’incombente trattato di libero scambio fra USA ed Unione Europea (il famigerato TTIP). E ci sarà ben un motivo perché tali trattative non vengano condotte alla luce del sole, ma siano – lo ribadisco – avvolte nel più assoluto segreto. E tale motivo non può essere che uno ed uno solo: evitare la sollevazione di tutti i settori produttivi e mercantili dei paesi europei – agroalimentare in testa – i cui interessi stanno per essere sacrificati sull’altare dalla carità pelosa dello Zio Sam. Magari con lo spauracchio di un Califfato che ci inquieta e di una “quinta colonna” di 5.000 (secondo i prudentissimi calcoli dei servizi segreti) adepti dell’ISIS dislocati in Europa.

Intanto – mentre fervono le trattative segrete – il legislatore americano e quello europeo non sono rimasti con le mani in mano, ed hanno già iniziato solertemente a costruire l’ossatura su cui si articolerà l’intero edificio del nascente monopolio agroalimentare ispirato dalla filosofia OGM. Il Congresso degli Stati Uniti ha approvato nel marzo 2013 la legge finanziaria HR933, all’interno della quale si annida un codicillo che consente alla Monsanto ed alle altre multinazionali delle sementi di produrre colture geneticamente modificate senza la possibilità d’interferenza da parte del Dipartimento dell’Agricoltura, fino ad ieri incaricato di verificare l’assenza di pericoli per la salute dei consumatori. Dal canto suo, la Commissione Europea – apprendo dal sito specializzato in campo agrario ilfattaccio.org – ha proposto una legge che, se approvata, costringerebbe i produttori agricoli europei ad utilizzare soltanto sementi “analizzate, approvate e accettate” da un organismo creato ad hoc, ponendo automaticamente fuori legge la coltivazione di semi derivati dalle colture tradizionali e localistiche. In altre parole, una condanna a morte per la biodiversità e, con essa, per quella specificità che ha fatto dell’agroalimentare italiano una produzione d’eccellenza con valenza mondiale.

ttipIntanto – come dicevo – i rappresentanti dell’Unione Europea continuano le trattative segrete per il Trattato di Libero Scambio con gli Stati Uniti. Secondo quanto inizia faticosamente a trapelare, scopo principale (e inconfessabile) del trattato sarebbe lo spalancamento totale dell’Europa all’ingresso di merci americane, con in primissimo piano le merci del settore alimentare e con l’introduzione di meccanismi che farebbero automaticamente decadere ogni tutela per le specificità, per la varietà e per la superiorità della produzione agricola europea. In aggiunta, un micidiale meccanismo di carattere giudiziario inibirebbe – pena fortissime sanzioni pecuniarie – la possibilità per le industrie europee di opporsi in qualunque modo ad una concorrenza soverchiante e probabilmente sleale. Altra notiziola che faticosamente emerge dalle trattative, è quella che vorrebbe la fine di ogni ostacolo alla libera circolazione di prodotti geneticamente modificati; in particolare, i cow-boy pretenderebbero la fine dell’obbligo di indicare in etichetta la presenza di agenti OGM.

Ecco perché – ritornando all’Expo – quando sento parlare di «assicurare all’umanità un’alimentazione buona, sana, sufficiente e sostenibile» sorrido amaramente. Mi sembra un inutile sfoggio di ipocrisia. Tutti sanno benissimo che, dopo la prevista abbuffata di cibi genuini provenienti dall’Italia e dal mondo intero, si riprenderà a lavorare con nuova lena per l’esatto contrario: assicurare alle multinazionali il monopolio di una alimentazione omologata, geneticamente modificata e priva di garanzie per i consumatori.

Fonte: “Social”, 1 mag. 2015 (per gentile concessione dell’Autore)

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