Evviva l’encierro
di Enrico Galoppini
Sarà che sono cresciuto a Siena, ma a me tutta questa indignazione per le Feste che prevedono l’utilizzo di animali non m’ispira alcuna simpatia.
Certo, esiste il limite del buon gusto e della gratuita sofferenza inferta ad un essere vivente, che non dovrebbe essere oltrepassato.
Ora che un partecipante ad un “encierro” è rimasto infilzato da un toro e ci ha rimesso la pelle, son tutti a chiedersi se valga la pena di mantenere una tradizione così “barbara” ed “incivile”.
Personalmente, non avrei il fegato di correre per le strade di una cittadina spagnola attorniato e rincorso da tori inferociti, ma forse dico questo perché non ci sono nato.
So però quale brivido corre per la schiena ogni volta che i cavalli coi fantini escono dall’“entrone” del Palazzo Pubblico, per non parlare di quel minuto e mezzo scarso nel quale si consuma la “carriera” del Palio di Siena.
Pura adrenalina e… il sapore della Vittoria, se la Fortuna ci arride. Che poi è l’Immortalità, anche se solo gustata per un attimo o una sera di baldoria in Contrada.
Tutto il resto, direbbe Califano, è noia.
La noia che mette vedere i manifestanti animalisti che a furia di voler abolire tutto ridurrebbero quest’esistenza già abbastanza piatta ed ordinaria ad un cimitero di “bravi cittadini”, che saranno tanto “civili” ma che nascono, vivono e muoiono esattamente come quegli animali che quelli si son presi la briga di difendere sempre e comunque, costi quel che costi.
E, per quanto mi riguarda, il “costo” di un mondo senza La Festa è incomparabilmente più alto di quello che qualche toro, o qualche cavallo, può pagare per aiutarci ad uscire, col suo “sacrificio”, dall’ordinarietà di un’esistenza che non può essere – e non sarà mai – scevra da “follie” come quella di un “encierro”.

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