Un motivo per “stare” coi santi

di Enrico Galoppini

ognissantiC’è un motivo, e solo un motivo, per il quale noi uomini “ordinari” dovremmo stare il più possibile coi santi: i santi sono i “prediletti” di Dio.

Starci fisicamente, ma anche col pensiero e le preghiere. Se vivere fisicamente accanto a un santo non è cosa facile e prontamente disponibile (il che non significa che i santi non ci siano più né che sia accettabile costruirsi degli alibi se non ne troviamo), meditare sulle loro vite e, più che altro, sentirli vicini e costantemente “presenti” è qualche cosa che può far uscire ciascuno di noi da un’esistenza ordinaria fatta quasi esclusivamente di “bisogni” materiali, “emozioni” ondivaghe e pure e semplici fantasie. Di certezze, sovente, manco a sentirne l’odore.

I santi sono invece degli uomini “straordinari” perché si sono dedicati, anima e corpo, ad un unico obiettivo certo: Dio.

E se uno “vuole” Dio e basta, alla fine ottiene quello, e cioè l’Eternità. Chi, invece, brama “il mondo”, otterrà “il mondo”. Ora, questa cosa è molto chiara anche nella religione islamica, dove questo “mondo” (ad-dunyâ), ovvero tutto quel che può offrire in termini di beni materiali, onori e gloria si squaglia come neve al cospetto del “sole”.

ihs-sienaNel Cristianesimo, il Cristo è il “sole” che illumina, e la massima visione concessa solo a quegli uomini speciali che sono i santi è “il volto di Dio”. Non è dunque un caso che guardando in faccia un santo, o meglio essere guardati da lui, vale cento più che stare a leggere libri su libri o dedicarsi ad ore di atti di devozione.

Intendiamoci, con questo non s’intende sminuire l’importanza della preparazione teorica e dottrinale, né quella della pratica rituale. Si vuole solo sottolineare il fatto, cruciale, che se il volto dei santi riflette più direttamente di quello degli altri uomini quello del Signore, anche l’erudizione e la preghiera trovano, sul terreno fertile della santità (persino quella altrui), un humus fertile per germogliare.

La santità, in via di principio, è a disposizione di tutti, ma nella pratica, poiché qui si è nell’unico campo nel quale non si può barare, è appannaggio solo di coloro i cui sforzi vengono premiati da un liberissimo atto divino. Un dono che Egli elargisce a pochi e non a molti, e del quale i secondi non devono in alcun modo essere invidiosi.

Purtroppo, l’invidia per i doni divini è una delle pene che l’ultimo grande santo italiano, Padre Pio, ha dovuto subire e sopportare con stoica sopportazione. Lui che si era preso addosso “la croce” di quante più persone possibile; che non cercava la scappatoia della spiritualità dello “star bene”; che non teneva “per sé” nulla, ma proprio nulla. Ecco, quest’uomo così mite ed incredibilmente forte ha dovuto ingoiare le peggiori calunnie, fino ad una specie di “calvario”, ad imitazione del suo modello.

cammilleri_padre_pioCiò non toglie che questo sant’uomo, questo modello di perfezione, abbia mai deflesso dal compito assegnatogli: aiutare gli altri a conseguire almeno la “salvezza”. Per questo motivo, le preghiere indirizzate a un santo, oltre che aiutarlo in quest’immane compito, ci ritornano indietro moltiplicate, perché avendo un accesso più diretto a Dio egli può impetrare la grazia salvifica e guaritrice. Anche nel corpo malato, altrimenti non si spiegherebbe la sbalorditiva serie di miracoli attribuita a quest’uomo che non disponeva di armi diverse da una fede incrollabile in Dio.

Per questo, è bene ricordarsi che oggi è la festa di Ognissanti, non dei diavoletti e dei folletti dispettosi, invidiosi della santità alla quale non possono accedere e petulanti i nostri doni (il “dolcetto”) per poi rifilarci la fregatura. Mentre il santo opera miracoli, facendosi strumento divino, senza chiedere mai nulla in cambio ed incassando persino l’irriconoscenza.

Si rifletta su questa basilare differenza e si scelga, poi, se darsi alla pazza gioia d’un giorno, vagolando per le strade imbacuccati da streghe e maghetti, o se non sia arrivato il momento di puntare alla gioia eterna della quale i santi ci hanno mostrato la Via.

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There are 2 comments for this article
  1. Umar A.F. at 9:57 am

    Parole “sante” Enrico, grazie.
    Per esperienza personale confermo che i santi sono i prediletti, gli Amici intimi (Walì) di Dio, perchè avere la fortuna di stare in loro compagnia e di riconoscerli come uomini vicini a Dio (santi), fa si che il solo guardare il loro volto e il solo stare in loro compagnia, anche in silenzio, ti fa sentire più vicino a Dio, i vari problemi “mondani” (di questo mondo ad-dunya) davanti alla loro luce spirituale: si sciolgono come neve al sole.
    Il ricordarti di loro ti porta al ricordo (dhikr) di Dio, perché come tu scrivi:
    “I santi sono degli uomini “straordinari” perché si sono dedicati, anima e corpo, ad un unico obiettivo certo: Dio”. Essi sono perciò come una “porta” che ti facilitano l’arrivo a Dio.

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