Elezioni austriache: un brodino (verde) per l’ammalato europeo
di Michele Rallo
Il sollievo dell’apparato europeo e dei banchieri americani è visibile, palpabile. L’ascesa impetuosa del populismo euroscettico e anti-immigrazionista si è fermata ad un soffio dalla Presidenza della Repubblica Austriaca. Solita litania sul buonsenso che ha prevalso sulla paura, sull’egoismo, su chi vuole costruire muri, e così via coglioneggiando.
Ma – a ben guardare – i poteri forti hanno ben poco da cantare vittoria. Ammesso e non concesso che i risultati ufficiali siano veritieri (e vedremo più avanti che la cosa è tutt’altro che pacifica), la progressione del FPO – il partito populista austriaco – appare inarrestabile: dal 2002 ad oggi ha quintuplicato i suoi voti, passando dal 10,1% del 2002 al 17,5% del 2008, al 20,5% del 2013, al 36,4% del 2016 (1° turno delle presidenziali), per toccare al 2° turno il 49,7%. Se tanto mi dà tanto, si può facilmente prevedere che questa progressione sia destinata ad aumentare ancora.
Per il momento – considerando soltanto i voti “secchi” del 1° turno – il partito “ultranazionalista” (in realtà si tratta di un partito di antica matrice liberale) è saldamente al primo posto nella graduatoria elettorale, seguito a rispettosa distanza da un’alleanza fra indipendenti e verdi (21,3%) che al 2° turno è stata poi irrobustita dal voto di tutti gli euro-obbedienti. Maciullati i partiti che rappresentano destra e sinistra “ufficiali”, cioè democristiani e socialdemocratici, con buona pace di Berlusconi e dei “moderati” dell’universo mondo.
Ma le sorprese del voto austriaco non si fermano qui. Da un’analisi del voto del primo e soprattutto del secondo turno, infatti, viene fuori un quadro particolarissimo dei flussi elettorali: il candidato del FPO, Norbert Hofer, avrebbe prevalso in tutta la provincia austriaca, mentre il candidato “grigio-verde” Van der Bellen sarebbe in testa solamente a Vienna e nelle grandi città. Ancora: per Hofer avrebbero votato in maggioranza i ceti popolari, mentre Van der Bellen sarebbe stato preferito dalla borghesia conservatrice. Più nel dettaglio: per il candidato “ultranazionalista” avrebbe votato l’86% degli operai austriaci. Di che far ammattire ogni onesto studioso di sociologia politica.
Eppure, in Italia e in Europa, l’eccezionalità di questi dati non sembra aver colpito nessuno. Soprattutto nel campo delle sinistre (quella vera e quella “al passo coi tempi”) che, anche di fronte all’evidenza, si rifiutano di ammettere che l’immigrazionismo e il mondialismo comunque travestito danneggiano in primo luogo i ceti deboli, gli operai, i contadini, i disoccupati, coloro che una volta rappresentavano lo zoccolo duro del loro elettorato.
Scherzano col fuoco, i “sinistri” nostalgici di un passato che non c’è più; così come i “destri” rimasti fermi al “pericolo comunista”. Non capiscono, gli uni e gli altri, che la misura è colma, e che i popoli europei stanno cominciando a reagire con l’unica arma che hanno a disposizione, quella del voto. È solo questione di tempo, di poco tempo; poi, i “moderati” di tutte le tinte e i complici dell’invasione migratoria non riusciranno più a mettere insieme quei 30.000 voti in più che, ancora ieri in Austria, hanno consentito al “sistema” di sopravvivere.
E, a proposito di quei 30.000 voti, qualche parola va detta. Domenica sera, alla chiusura dei seggi, Hofer era in vantaggio di 4 punti: 52% contro il 48% del rivale. Poi, sorprendentemente, il voto per corrispondenza è risultato fortemente sbilanciato in favore di Van der Bellen, che così ha totalizzato il 50,3% contro il 49,7 di Hofer. Fermiamoci qui. E senza prendere in considerazione errori e sviste di varia natura: come quello di certi collegi dove risultano più voti che votanti.
Dunque, i voti espressi per corrispondenza. Quanti sono stati? Secondo fonti ufficiali, sono state consegnate 740.000 schede di votazione per corrispondenza, con una previsione di voti effettivi che non avrebbe dovuto superare i 700.000. Invece – caso bizzarro – i voti pervenuti alla commissione elettorale sarebbero stati 760.000: ben più non soltanto dei voti previsti, ma anche delle schede consegnate. Come mai? Nessuno ha ritenuto di dare una spiegazione.
Poi c’è un altro piccolo mistero: quello di 150.000 voti dichiarati nulli e perciò esclusi dal conteggio. Nulla di strano; se non che, nel 1° turno, non v’è traccia di questo robusto drappello di analfabeti del voto. Come se, fra il 1° e il 2° turno, 150.000 cittadini austriaci avessero disimparato a votare.
Sono tutti dati – quelli che precedono – desunti da un dettagliato articolo apparso sul sito “Il Sussidiario – Economia e Finanza”, da cui apprendo anche un altro particolare a dir poco sorprendente. Stante l’esiguità del distacco fra i due contendenti, lunedì sera il Ministro degli Interni austriaco aveva preannunziato il riconteggio generale di tutti i voti espressi, dichiarando esplicitamente che i risultati ufficiali sarebbero stati proclamati il mercoledì successivo. Poi, a distanza di poche ore, lo stesso Ministro (o chi per lui) ha cambiato opinione, e Van der Bellen è stato proclamato vincitore in diretta tv, con quei famosi 30.000 voti di distacco. Misteri della democrazia.

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