Come nasce la servitù (anche senza gleba)

di Spectator

Servi-della-glebaÈ notizia di pochi giorni fa il cosiddetto “baratto amministrativo”, che nella neolingua della Pubblica Amministrazione indica la possibilità, concessa al cittadino in difficoltà col pagamento dei tributi e delle tasse locali, di espletare una serie di “lavori socialmente utili” come compensazione per i mancati versamenti all’erario.

Tra i primi a cominciare vi è un comune della provincia di Novara, Invorio, già seguito nel suo esempio “virtuoso”, da altri comuni.

Tutti – a partire dal primo cittadino – sembrano felici e contenti, ed effettivamente ciò può risultare un progresso rispetto alle consuete ingiustizie perpetrate in nome del fisco.

Un’ora di “lavoro socialmente utile” verrà pagata 7,5 euro, il che fa presumere che la prestazione d’opera del moroso o di chi comunque non ce la fa a pagare sarà retribuita con i cosiddetti “voucher” da 10 euro, ai quali sempre più enti fanno ricorso per corrispondere quanto dovuto a chi lavora più o meno saltuariamente per essi.

Fatto sta che con questi 7,5 euro netti il debitore nei confronti delle casse pubbliche dovrà immediatamente regolare i suoi conti in sospeso, mentre diverso è il caso di altri “progetti sociali” per i quali i prestatori d’opera – sovente stranieri in prima fila nel godimento d’ogni tipo di agevolazione – vengono sì pagati con i “voucher” ma possono fare quel che vogliono coi soldi che guadagnano.

In un certo senso, se con questa misura si cerca di lenire gli effetti più catastrofici e penosi del mancato pagamento di tasse e tributi, ci si trova tuttavia di fronte ad un fenomeno inedito, perlomeno per quanto riguarda l’era moderna e contemporanea.

Un lavoro di fatto obbligatorio, simile alle tanto vituperate corvée medievali, col moderno “servo” che potrà vedersi mettere in mano una vanga ma anche no, tanto i “lavori socialmente utili” sono parecchi e differenziati nell’era in cui la maggior parte delle persone s’è affrancata dal duro lavoro dei campi.

tasseMa a nessuno, in mezzo a quest’entusiasmo per la nuova “trovata”, viene in mente che certe forme di schiavitù camuffata potrebbero essere imposte con maggior senso di’equità non a uomini incensurati bensì a criminali incalliti come quelli che, in discreta parte stranieri, affollano le nostre carceri ormai al collasso.

Invece no: questi ultimi cazzeggiano tutto il giorno in galera, a spese dello stesso contribuente che poi si trova costretto, anche per mantenere quelli, a dover lavorare obbligatoriamente a 7,5 euro l’ora.

Per non entrare – per carità! – nel discorso che sta a monte di tutto ciò, ovverosia il disordine sistematico in cui versa la nostra Nazione, a partire dall’assurda “politica dell’accoglienza” e dall’insensato carico fiscale imposto ai cittadini per mantenere in piedi la truffa della moneta-merce che per forza di cose non può che far elevare costantemente ed inesorabilmente il cosiddetto “debito pubblico”, locale e non.

Ma cosa volete che siano questi “particolari”… L’importante è che i “cattivi”, cioè gli “evasori” paghino (dopo aver prestato le loro ore di corvée) ed i sindaci cosiddetti “virtuosi” ci facciano un gran figurone come “salvatori della patria”.

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